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GINEVRAChiesto l'internamento a vita per Fabrice A.

18.05.17 - 19:58
La misura «si giustifica per evitare ad altre Adeline di incontrarlo» ha spiegato il procuratore
Keystone
Chiesto l'internamento a vita per Fabrice A.
La misura «si giustifica per evitare ad altre Adeline di incontrarlo» ha spiegato il procuratore

GINEVRA - Il procuratore generale Olivier Jornot ha chiesto oggi davanti al Tribunale criminale di Ginevra la condanna all'ergastolo di Fabrice A. nonché l'internamento a vita. Secondo il pubblico ministero, l'uomo accusato di aver ucciso la socioterapeuta Adeline sgozzandola nel settembre 2013 non può essere durevolmente guarito.

Contraddicendo gli esperti elvetici ascoltati ieri dalla Corte, secondo cui la responsabilità di Fabrice A. era leggermente scemata quando ha commesso il delitto, Jornot ha dichiarato nel corso della sua requisitoria di essere convinto dell'intera responsabilità dell'imputato.

Premeditazione - Secondo il procuratore, l'uomo ha accuratamente premeditato l'uccisione della 34enne. Il resoconto fornito dall'imputato durante l'istruttoria «non è altro che una somma di bugie, corrette in funzione degli elementi riuniti dalla polizia e delle audizioni dei testimoni» ha accusato Jornot, enumerando le ricerche in internet svolte dal carcerato sulla carotide, nonché per ordinare un coltello, «di cui sono state trovate 89 immagini nel suo computer».

Fabrice A. «ha inoltre insistito per fare il modo che Adeline lo accompagnasse ed ha reperito il luogo del delitto». Ha anche nascosto in un primo tempo di aver costretto la vittima a subire un bacio prima di morire, «allo scopo di dissimulare la natura sessuale del suo gesto», ma è stato smascherato dalle analisi del DNA effettuate dagli inquirenti.

Le sue fantasie di sgozzamento coinvolgevano precisamente Adeline, ma l'imputato non ne ha fatto parola durante l'istruttoria, ha affermato il procuratore. Il 42enne «sapeva fin dall'inizio che sarebbe stato una bomba quando si sarebbe ritrovato da solo con Adeline», ha accusato. «L'internamento a vita - ha aggiunto - si giustifica per evitare ad altre Adeline di incontrare Fabrice A.».

L'internamento a vita per l'imputato è stato chiesto anche dai famigliari della vittima, che hanno potuto esprimersi per la prima volta davanti ai giudici. «Si riesce ad accettare la sua morte, ma non accetteremo mai il modo in cui è stata uccisa», «portiamo tutto il peso dell'orrore che ha subito», «tutto il nostro entourage è stato distrutto», ha dichiarato commossa la madre davanti al Tribunale criminale, mentre Fabrice A. assisteva impassibile.

La figlia di Adeline - La donna ha poi descritto «l'incomprensione» della nipotina, la figlia di Adeline, che aveva otto mesi nel settembre 2013 al momento del dramma: «questo raggio di sole che deve crescere senza la sua mamma» non capisce perché questa «non scenda dal cielo per raggiungerla».

Anche il padre ha evocato la sofferenza dei genitori, del partner di Adeline e dei nipoti. Il partner, che come la vittima lavorava nel centro di reinserimento sociale La Pâquerette di Ginevra dove il 42enne Fabrice A. era rinchiuso, contrariamente ai genitori è stato anche interrogato dalla corte.

Egli ha dichiarato che l'uomo, già condannato in Svizzera e in Francia a 20 anni complessivi di reclusione per due stupri, aveva tentato di accalappiare Adeline e aveva insistito affinché la 34enne gli fosse assegnata come accompagnatrice per la sua seconda uscita di risocializzazione dal centro.

Dimessosi la mattina stessa della morte della compagna, il partner ha emesso severe critiche nei riguardi del funzionamento del centro di reinserimento La Pâquerette. Dalla morte di Adeline «provo colpevolezza, perché le cose sarebbero forse state diverse se avessi segnalato per tempo queste disfunzioni», ha dichiarato.

Il direttore dell'Ospedale universitario di Ginevra (HUG), Bertrand Levrat, è allora intervenuto per esprimere il proprio rammarico e le scuse dell'istituzione - da cui dipendeva il centro di risocializzazione - per le disfunzioni sfociate in questo «abominevole delitto».

Dopo aver legato Adeline ad un albero e sgozzata il 12 settembre 2013, Fabrice A. era fuggito con la vettura, i cellulari e il denaro della vittima, diretto in Polonia, dove viveva una sua ex compagna, della quale - secondo l'accusa - voleva vendicarsi. Era stato arrestato quattro giorni dopo ed estradato in Svizzera.

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