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Jack Savoretti al Lac: «Porterò una festa in Ticino»

LUGANOJack Savoretti al Lac: «Porterò una festa in Ticino»

06.12.22 - 06:30
La star internazionale fa tappa a Lugano con il suo tour europeo. Tante le sorprese: una canzone in italiano, ballads al piano
Jack Savoretti
Jack Savoretti al Lac: «Porterò una festa in Ticino»
La star internazionale fa tappa a Lugano con il suo tour europeo. Tante le sorprese: una canzone in italiano, ballads al piano

LUGANO - La voce calda e graffiante della star internazionale Jack Savoretti, fresco numero uno in Inghilterra con il suo ultimo album "Europiana" e che con la sua «canzone preferita», ‘’Soldier's Eyes", ha scalato il vertice della classifica negli States, torna nel suo Ticino. Dal palco del Lac, venerdì 16 dicembre (ore 20.30), insieme alla sua band, il cantautore è pronto a regalare al pubblico una vera e propria «festa» live, dove potersi «divertire, cantare e ballare». Con la promessa ai fan di non far mancare «le sorprese».

Jack, bentornato, volevi un buon motivo per tornare in Ticino, lo hai trovato evidentemente, cosa ti lega ancora al territorio? «A Lugano ci sono cresciuto. Vivevo a Carona con mia mamma e mia sorella. Ho frequentato qui il TASIS (la scuola americana a Lugano), qui ho iniziato a fare i miei primi concertini a scuola».

Cosa ti aspetti di trovare sul palco del Lac? E cosa dobbiamo aspettarci noi in platea? «Il concerto sarà una festa, per me, per la mia band, ma anche per il pubblico. Non vedo l’ora di presentare il disco che ha un’atmosfera molto particolare e dal vivo si percepisce molto. Sarà un momento per divertirsi, ballare, cantare, ma ci sarà spazio anche per il romanticismo».

Ci hai abituato alle sorprese, in "Europiana" hanno cantato i tuoi familiari, forse li vedremo con te in concerto? «Le sorprese non mancano mai, ogni live per me è diverso».

Hai parlato del tuo ultimo album come un mezzo per tornare a sorridere, ballare. Pensi possa la tua musica avere una funzione terapeutica per il pubblico? E per te lo ha? «Per me sicuramente sì. Aver potuto lavorare all’album durante il lockdown è stato importantissimo. Allo stesso tempo, anche la dimensione live ha un suo ruolo fondamentale: aver ritrovato le persone, dopo questi due anni così complicati, è stato bellissimo, non solo per me, ma anche per la mia band e per le persone che lavorano con me. Spero sia lo stesso anche per il pubblico. Il tour è partito dall’Inghilterra, non sapevamo cosa aspettarci, ma abbiamo ricevuto un grande calore, ritrovato poi anche nel resto d’Europa».

Il progetto musicale "Europiana" è stato compreso dal tuo pubblico? Sei soddisfatto? «Sono molto soddisfatto, il disco è andato benissimo, in Inghilterra siamo arrivati al primo posto».

Sentiremo anche la tua reinterpretazione in italiano di "Io che non vivo senza te"? «Sì, la suonerò live sul palco. Secondo me è una canzone che rappresenta al meglio le somiglianze tra la musica inglese e quella italiana. Io adoravo la versione di Dusty Springfield "You Don’t Have To Say You Love". Solo dopo ho scoperto che l’aveva scritta Pino Donaggio. Sono sicuro che moltissimi miei connazionali non sanno che l’origine di questa canzone, in realtà, è italiana».

Come definiresti la tua musica? «Non amo particolarmente le definizioni, ma qualcosa che potrebbe avvicinarsi è proprio il titolo del disco, “Europiana”. È una parola che mi sono inventato, la usavo per spiegare a tutti il sound che volevo per l’album. Continuavo a dire “facciamolo in stile europiana” e poi è diventato il titolo dell’album. È una musica che racchiude l’atmosfera del viaggio, ma è anche vintage e nostalgica, legata alla mia infanzia e alle canzoni che ascoltavo grazie ai miei genitori. La musica che associo al viaggiare in Europa e nel Mediterraneo».

Come nascono le tue canzoni? 
«Dall’osservazione della vita quotidiana. Ho una pessima immaginazione, non ho tanta creatività, preferisco osservare e farmi ispirare dalle cose che tanti vedono come normali. Non sono bravo a inventarmi le storie, quasi tutto quello che c’è nei testi delle mie canzoni è successo a me o a qualcuno di vicino. Poi certo, qualcosa è romanzato, ma la base è osservazione della realtà».

Come va col pianoforte? Ti ascolteremo al Lac (anche) seduto alla tastiera? «Ho praticato tantissimo il pianoforte durante il lockdown e adesso è lo strumento con il quale mi sento più a mio agio. Tutte le mie nuove canzoni sono nate davanti a un pianoforte. Sicuramente mi vedrete spesso lì, in un momento acustico durante i miei concerti».

Qual'è la tua canzone preferita e perché? «‘’Soldier's Eyes’', perché è l’unica che è finita in cima alle classifiche americane per un giorno, quando fu inserita in un finale d'episodio di ''Sons of Anarchy’'».

Tornando alla tua storia, sei nato in Inghilterra da padre italiano, cresciuto a Carona, in che percentuale ti senti inglese, italiano e svizzero? «Io mi sento cittadino europeo. Sono un miscuglio… Quando sono in UK mi sento italiano e quando sono in Italia mi sento inglese, è strano».  Jack, ti a spettiamo a Lugano.

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