Il professor Rossi: «Il problema non è il loro numero, ma le condizioni salariali e di lavoro che sono costretti ad accettare»
BELLINZONA - Aumenti dei premi di cassa malati superiori alla media nazionale (+6,7% rispetto al +4,5%), ma costo della vita nella media svizzera e salari più bassi (5.125 franchi contro 6.189). Nel Ticino dove più della metà della popolazione vive con meno di 5.000 franchi al mese, aumentano le persone in assistenza: rispetto al settembre dello scorso anno, il loro numero è aumentato del 12,6%, raggiungendo il record di 7.862 beneficiari.
“Prima i nostri” in un contesto di tensione latente - Dati che si inseriscono in un contesto sociale sempre più teso: lo scorso 25 settembre il 58% dei ticinesi ha approvato l'iniziativa UDC "Prima i nostri" in un territorio dove vi sono aree (vedi Mendrisiotto) in cui i lavoratori frontalieri sono più numerosi dei residenti. Situazione questa forse più unica che rara in Europa, dove vi sono un milione di frontalieri, di cui oltre 300mila nella sola Svizzera.
Il lavoratore dipendente non è più una risorsa, ma un costo - I numeri, però, non sempre aiutano ad interpretare la realtà. Nonostante la diminuzione della disoccupazione e il numero degli occupati (200mila, di cui 65mila frontalieri), la percezione di molti è di vivere un periodo storico di generale peggioramento della qualità della vita e di mancanza di prospettive. E allora ecco che il lavoratore frontaliere diventa il capro espiatorio politico, ma anche una preziosa risorsa per tanti datori di lavoro in un sistema in cui, fondamentalmente, il lavoratore dipendente rappresenta un costo e risponde alle regole del capitalismo. E laddove non ci sono regole o non vi è la volontà politica di applicarle, è normale che vi siano aziende che se ne approfittino.
35mila frontalieri? «Il problema non sono i numeri, ma il fatto che in Ticino le retribuzioni non permettono di vivere» - Ma se i frontalieri dovessero tornare a 35.000 come nel Ticino dei pre-bilaterali, l'economia cantonale ne beneficerebbe? Come ha spiegato a Tio.ch il professor Sergio Rossi, professore ordinario di macroeconomia e di economia monetaria nell’Università di Friburgo, il problema centrale sono i livelli delle remunerazioni salariali delle persone che lavorano in Ticino. Ticinesi che subiscono pressioni al ribasso sui salari ed un aumento generale del costo della vita (vedi premi cassa malati per fare un esempio) che erodono sempre più il potere d'acquisto delle classi medio-basse. Se in questo contesto poi ci aggiungiamo una ridistribuzione della ricchezza in disequilibrio, in cui aumentano gli stipendi soltanto nelle fasce di reddito elevate e ristagnano a livello medio-basso, ecco che «risulta impossibile fare previsioni».
Se i frontalieri dovessero tornare al numero di 35mila grazie a politiche volute e chieste dal popolo ticinese per dare la precedenza ai residenti, cosa significherebbe a livello finanziario per le casse cantonali? Ci sarebbe un miglioramento?
«Limitare a 35mila il numero dei frontalieri attivi in Ticino potrebbe essere molto problematico per l’economia e la società, a dipendenza del tipo di lavoratori inclusi in questo limite. In realtà, il problema non è dato dal numero di frontalieri, ma dalle condizioni salariali e di lavoro che essi sono costretti ad accettare a seguito della situazione nella vicina Italia. La soluzione perciò non può essere trovata introducendo un limite numerico per i frontalieri occupati in Ticino. Si tratta invece di fare in modo che le condizioni di lavoro e il livello delle remunerazioni salariali delle persone che lavorano in Ticino siano ragionevoli e compatibili con il costo della vita ticinese. Fintanto che ciò non sarà garantito, la finanza pubblica ticinese registrerà dei disavanzi strutturali a seguito delle pressioni al ribasso sui salari esercitate dai datori di lavoro che non sarebbero concorrenziali se pagassero delle remunerazioni adeguate al costo della vita nel Ticino».
Perché il numero di frontalieri è raddoppiato negli ultimi dieci anni? Questo aumento corrisponde ad un’espansione dell’economia ticinese o è lo specchio di una economia strutturalmente cambiata e che si basa sempre più sull’impiego di lavoratori frontalieri?
«Le ragioni di questo forte aumento sono molteplici. A seguito dell’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’Unione europea, sono stati gradualmente eliminati i vincoli che limitavano i flussi di lavoratori stranieri. Ciò ha permesso alle imprese nel Ticino di assumere le persone che offrono il miglior rapporto tra la qualità delle loro competenze e le loro pretese salariali. La mondializzazione economica come la globalizzazione finanziaria hanno poi spinto un numero crescente di imprese attive in Ticino a focalizzare le loro strategie sulla riduzione dei costi di produzione attuando una pressione al ribasso sui salari dei loro collaboratori invece di investire per la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti o di nuovi metodi e processi di produzione. Evidentemente, è più facile per una impresa sfruttare la condizione in cui si trovano numerose persone in cerca di lavoro che mettere in atto delle strategie di ricerca e sviluppo, anche perché una impresa di piccole dimensioni spesso non ha la capacità di attuare queste strategie. Non si tratta dunque sostanzialmente di un afflusso di frontalieri a seguito della crescita del sistema economico ticinese, ma tale afflusso ha contribuito a questa crescita per ciò che riguarda il livello della produzione mentre il livello generale dei salari ha evidentemente patito a seguito di questa situazione».
La qualità di vita in Ticino è migliorata negli ultimi dieci anni? Il PIL è aumentato. E il reddito pro-capite dei ticinesi?
«La qualità di vita in Ticino è sicuramente migliorata nell’arco dell’ultimo decennio, ma più per il progresso tecnico che per l’aumento del reddito pro-capite. Il valore medio del reddito pro-capite e la sua evoluzione nel tempo non dicono nulla sulla distribuzione del reddito tra le varie categorie di persone. In realtà, la distribuzione dei redditi da lavoro è diventata più disuguale nel periodo considerato, vale a dire che sono aumentati di più gli stipendi che già erano molto elevati all’inizio del periodo rispetto a quelli del resto dei lavoratori, tra cui sono sempre più numerose le persone con un salario inferiore alla media sul piano ticinese».