Come si evince dalla stessa nota di palazzo Chigi: Marchionne - vi si legge - "ha assicurato" che "verrà fornito il quadro informativo sulle prospettive strategiche del gruppo Fiat, con particolare riguardo all'Italia". Il premier italiano, dunque, vuole farsi spiegare quali siano le reali intenzioni del Lingotto. A palazzo Chigi l'intervista concessa dall'Ad del Lingotto a "Repubblica" è stata letta e riletta; ma non ha fornito tutte le risposte. "Non è chiaro cosa vogliano fare, prima bisogna chiarire questo", spiega una fonte di governo.
A Palazzo Chigi si è però convinti che nelle parole di Marchionne non si possano leggere critiche al governo. E anche quel passaggio sul fatto che la riforma del lavoro non abbia impedito alla Federazione impiegati operai metallurgici (Fiom) di presentare decine di cause contro l'azienda, viene derubricato a circostanze "pre-riforma Fornero". La convocazione dei vertici Fiat ha comunque un significato politico: in molti hanno chiesto l'intervento del governo. E Monti ha deciso di seguire in prima persona il dossier, pur lasciando in campo i due ministri competenti, Passera e Fornero.
Una volta capite le problematiche - spiega ancora una fonte di governo - "si potranno cercare le soluzioni più adatte, avendo come unico obiettivo il bene dell'azienda e del Paese". Ma è lo stesso Monti, con i più stretti collaboratori, a fissare paletti ben precisi al possibile intervento del governo. Limiti dovuti in primo luogo alla situazione economica. "Non possiamo risolvere tutti i problemi: non c'è più lo Stato 'Pantalone' che risolve i guai delle aziende private", sintetizza una fonte che ne ha discusso con lui, facendo capire che di soldi il governo non intende tirarne fuori. Del resto - spiega una seconda fonte, ricordando il passato da commissario europeo di Monti che per anni ha combattuto gli impropri aiuti di Stato alle aziende europee - siamo in una "economia di mercato".
Insomma, spetta in primo luogo all'azienda trovare una soluzione. Ciò non significa che l'Esecutivo italiano intenda restare immobile. Anzi. "Faremo quanto è possibile affinchè la Fiat resti in Italia e continui a investire qui", sottolinea una fonte di governo. Che tuttavia ci tiene a non dare false speranze: "Nessuna promessa, prima capiamo e poi vedremo". I margini di intervento dell'Esecutivo, dunque, sono stretti. Una delle carte da giocare è quella di promuovere le condizioni per una maggiore produttività e competitività. Una sfida che il governo italiano ha già lanciato aprendo un tavolo con le parti sociali. Senza tuttavia promettere risorse che, al momento, si devono ancora da trovare.