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REGNO UNITOCameron travolto, perde tutto in una notte

24.06.16 - 16:07
Passerà alla storia come il primo ministro della Brexit, il referendum da lui stesso voluto il cui risultato l'ha costretto alle dimissioni
Cameron travolto, perde tutto in una notte
Passerà alla storia come il primo ministro della Brexit, il referendum da lui stesso voluto il cui risultato l'ha costretto alle dimissioni

LONDRA - Passerà alla storia come il primo ministro che ha portato, suo malgrado, la Gran Bretagna fuori dall'Unione europea. David Cameron ha annunciato le dimissioni dopo l'affermazione della Brexit nel referendum che lui stesso ha voluto.

Ha lottato fino all'ultimo per far rimanere Londra tra i 28. "Un gioco d'azzardo", secondo gli osservatori, che ora ne marchierà in modo indelebile l'eredità storica.

Salito alla ribalta nel 2005, neppure quarantenne, come la risposta conservatrice a Tony Blair - anche per l'attenzione quasi maniacale all'immagine mediatica - Cameron lascia poco più di 10 anni dopo Downing Street, dove approdò nel 2010 dopo un apprendistato quinquennale a capo dell'opposizione, e dove si era visto confermare per un secondo mandato alle elezioni di appena un anno fa. Solo nel maggio 2015 infatti, veniva visto come l'uomo del destino per il Partito Conservatore post-thatcheriano.

Nato a Londra il 9 ottobre 1966, David William Donald Cameron, Dave per gli amici, figlio di una aristocratica e di un broker erede di una facoltosa famiglia di finanzieri, ha alle spalle tutto il cursus honorum dei privilegiati del regno: liceo a Eton, l'università a Oxford e, quindi, la carriera tutta interna alle stanze dei bottoni del Partito Conservatore.

Il matrimonio da upper class con l'elegante Samantha, con cui ha avuto quattro figli (il primogenito morì a 7 anni per una malattia), ne ha poi completato il pedigree, mettendo una pietra sopra qualche fugace esperienza da signorino scapestrato - fra passaggi di droga e riti stravaganti nelle confraternite universitarie d'elite. Quando spuntò sulla scena che conta, candidandosi nel 2005 alla guida dei Tory dopo una prima corsa fallita alla Camera dei Comuni nel 1997 e una seconda coronata da successo nel 2001, non pochi avevano dubbi sulla sua figura.

Leader giovanile della leva Thatcher, Cameron appariva per alcuni versi un ritorno al passato rispetto alla rivoluzione sociale imposta a fine anni '70 nei ranghi conservatori dall'indomabile Lady di Ferro. Eppure quel ragazzo nato col cucchiaino d'argento in bocca, e fattosi spedire in gioventù senza esitazioni in missione nel Sudafrica razzista (mentre Nelson Mandela languiva ancora in galera), si è rivelato in grado di consolidare un profilo vincente in un partito che - dopo l'era Thatcher-Major - si era ritrovato a dover cambiare guida, di batosta in batosta, tre volte in otto anni.

Un profilo centrista per gli standard Tory, ma capace all'occorrenza di flirtare di qua e di là, dalle posizioni progressiste sulle nozze gay, a qualche richiamo ultraliberista in materia economica, al rapporto a fasi alterne con l'anima più euroscettica della destra inglese.

Se il successo politico si misura con i risultati elettorali e la tenuta al potere, David Cameron aveva fino a ieri molto dalla sua. Sarà il tempo a confermare o meno i dubbi suscitati dalle "sue guerre", a cominciare dall'avventura libica del 2011 in team con Nicolas Sarkozy e Hillary Clinton. Mentre resta nel suo carniere la vittoria, di misura, nel referendum del settembre 2014 sull'indipendenza della Scozia: rinviata, se non cancellata.

Ma quanto alla storia, è ormai l'esito del voto di ieri sull'Europa a far svanire tutto il resto: decretandone in una sola notte il fallimento.

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