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Eveline, l'ultima rosaia del Ticino

CANTONEEveline, l'ultima rosaia del Ticino

19.10.17 - 09:36
Gara di solidarietà per aiutare la donna che da vent'anni porta nelle case le rose di campo, decimate da gelo e siccità
FOTO DAVIDE GIORDANO
Eveline, l'ultima rosaia del Ticino
Gara di solidarietà per aiutare la donna che da vent'anni porta nelle case le rose di campo, decimate da gelo e siccità

LUGANO - Sulla sinistra, la fila lunga per un piatto di polenta. Davanti a lei, ormai il nulla. Mezzogiorno è ancora lontano ed Eveline è ferma lì, con il suo cane al fianco e le sue poche rose, qualche cliente che di tanto in tanto si avvicina per comprare quel che resta. «Al mattino bisogna svegliarsi prima», scherza, prima in tedesco poi in italiano. Anche oggi lei è arrivata in piazza del mercato all'alba, con i mazzi grossi bene ripartiti dentro i vasi secondo la lunghezza e il prezzo. Sessanta centesimi il fiore più corto, 2,50 il più lungo. Un paio d'ore, tre al massimo e tutto è già finito. Si sta a guardare.

Niente serre, solo aria e sole - Ultimi scampoli di stagione per l'unica rosaia del Ticino, che rischiava di passare alla storia come un bel ricordo del passato. Il gelo prima, la siccità poi, piaga degli ultimi anni: Eveline Spiegel, giunta nel 1995 dalla Svizzera tedesca a coltivare rose senza serre, solo aria e sole, a un certo punto ammette senza vergogna che «non ce la facevo più». Panico, attacchi d'ansia e a casa ancora una ragazza di 14 anni sopra le sue spalle, al pari di quei trenta chili di bidone col disinfestante che a 57 anni ancora si carica sulla schiena per spruzzar le piante e tener lontani parassiti e malattie. Preoccupate per la loro mamma, all'inizio di settembre la figlia più grande e la mezzana le hanno organizzato un crowdfunding: per salvare lei e la sua attività, che in fondo sono un po' la stessa cosa.

Dodicimila franchi in due settimane - Quattro mesi di tempo per raccogliere quei 12mila franchi necessari a costruire un impianto d'irrigazione nel sul campo, 5mila metri quadri e 5mila piante in file dritte ad Avegno, alle porte della Vallemaggia. In un paio di settimane, Eveline ha ricevuto quello che serviva, in una gara di solidarietà che ora prosegue per provare a ricomprare le rose uccise dal maltempo strano della primavera. «Il clima qui in Ticino è molto difficile - sospira Eveline - Lo diventa sempre di più. Una volta bastava la pula di riso per mantener l'umidità. Adesso serve tanta acqua. Le rose poi sono fiori delicati. Ogni due settimane va fatto il trattamento, bisogna sempre togliere le erbacce perché non le soffochino». 

Nessun sussidio: «Il mio mestiere non esiste» - Un sistema di irrigazione più adeguato potrà sgravarla di un po' do fatica. Perché le rose non sono solo poesia, dice; sono duro lavoro, che nei campi nessuno qui riesce a fare. «Qualcuno ci ha provato. Ha rinunciato in fretta». È per questo che lei non ha diritto ad alcun sussidio: la sua professione più unica che rara, da queste parti, non è riconosciuta nel settore dell'agricoltura. «Mi hanno detto che dovrei aggiungere un'altra tipologia fiore», spiega scantonando l'idea con un gesto della mano, lo sguardo mezzo infastidito. «I contadini hanno sempre coltivato le rose al massimo davanti a casa, per se stessi. Così non sono mai diventate un mestiere. "Signora, lei è l'unica", mi hanno spiegato. Embè, sarebbe ora di cambiare».

Dai viaggi per il mondo ad Avegno - Colpa della latitudine, che non aiuta come su a Zurigo dove tutto è cominciato. «Ho fatto un apprendistato in un ufficio di viaggio. Ho girato il mondo. Per un periodo ho vissuto anche in Perù. Un giorno, passeggiando in un mercato, trovai il mio ex capo che vendeva rose con la moglie. "Perché non vieni ad aiutarci", mi disse. Sono stata con loro sette anni. Negli ultimi tempi mi diceva: "Sei brava, perché non ti metti in proprio?». 

Il primo campo: «Ripido, pieno di rovi» - ll Ticino è arrivato quasi per caso, dopo una vacanza in barca a vela. «Sbarcai in un posto che somigliava alla Svizzera italiana, che un po' già conoscevo: mio padre è originario di qui. Così decisi di venirci ad abitare, lasciarmi alle spalle il freddo e la nebbia. Piantai le prime quattrocento rose in un posto infame: ripido, pieno di rovi. Sono riuscita a sistemato solo grazie all'energia che possiede una mamma con i figli piccoli. Ma sai cosa vuol dire portarseli dietro ogni giorno? Puoi stare con loro sempre, è vero, senza darli via a una balia, ma devi tenerli lì con te e convincerli a restare quando sono stanchi e vorrebbero andare a casa».  

Una rosa c'è per tutti - Al mercato di Lugano la salutano tutti. La conoscono in tanti. I bimbi cui regala una rosa da tenere nella cameretta; le donne che comprano un bouquet da mettere sul tavolo; il fiduciario che le dà appuntamento da vent'anni e le dà il buongiorno col sorriso, se poi la reincontra al bar, «è un mio cliente». Il signore col vestito, portamento distinto, che prende due mazzetti «ma non si disturbi a separarli, faccio io a casa. Ha visto? Sono ripassato, gliel'avevo detto». Ci sono anche i ragazzi. «Le generazioni cambiano, ma i giovani non mancano». A tutti, lei dona una rosa in più oltre a quelle che pagano. 

Dall'alba fino a tarda sera, undici mesi all'anno - Martedì e venerdì la bancarella a Lugano, sabato Bellinzona. «Mi alzo alle cinque. Per organizzare un bel mercato servono sette ore. Un paio per raccogliere, tre o quattro per preparare. Al pomeriggio poi faccio una siesta». Il resto della settimana si lavora nei campi o si vende a casa. C'è anche il frigo service, dove prendere da soli quello che si vuole da una macchina, 24 ore su 24. Poi gli hotel, i matrimoni, «anche tanti funerali purtroppo. Vogliono le mie rose perché profumano. Ma io non riesco a stare dietro a tutto e a tutti».

Trenta varietà di profumi e di colori -  Perché Eveline oggi fa tutto da sola, nel suo roseto che conta 30 varietà di profumi e di colori. «Si comincia a febbraio con la potatura, che mi prende tre settimane. Poi metto il letame, concimo. Zappo, tutto a mano. E così passano tre mesi». È già tempo di raccogliere. «Quest'anno è andata male. Di solito i tagli sono tre. A maggio vendi bene. Luglio-agosto è già un po' più difficile, fa caldo. L'autunno è ancora una stagione buona, se tiene il tempo. Quante? Tante. A volte troppe. Ci sono momenti in cui ne hai un'infinità». 

«Venite a strappare le erbacce con me» - Solo gennaio è vacanza vera. «Per il resto, non si stacca mai». Bisognerebbe assumere qualcuno, «ma come faccio? Sarebbe bello, la richiesta c'è, ma per pagare qualcuno avrei bisogno di avere soldi da parte, che potrei farmi dopo un anno di lavoro in due». Kay, la mamma del suo solo nipotino che sui social e su progettiamo.ch cura la sua immagine, qualche idea ce l'ha. «Per esempio si potrebbe pensare ad azioni di volontariato. Chiamare a raccolta la gente che ama le rose di mia mamma per un giorno, strappare l'erba tutti insieme. Poi magari farci una grigliata».

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