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LUGANO«Mi son detto: perché non ci proviamo con un pedalò?»

29.04.16 - 09:40
Ecco il racconto di Sergio Martinetti, uno dei due cicloamatori che ha trainato il battello Lugano con un pedalò
A sinistra Emilio Mocatelli, a destra Sergio Martinetti. Foto Michel Zylberberg
«Mi son detto: perché non ci proviamo con un pedalò?»
Ecco il racconto di Sergio Martinetti, uno dei due cicloamatori che ha trainato il battello Lugano con un pedalò

LUGANO - In mare, quando una barca incontra un transatlantico, di solito si sposta. Sul Ceresio invece no. Ieri mattina, Sergio Martinetti ed Emilio Moscatelli hanno compiuto l'impresa: con un normalissimo pedalò hanno trainato per 600 metri le 195 tonnellate del battello Lugano. Con loro Marco Ottini che, a mani nude, ha mantenuto la fune e non solo. Trentasette minuti di fatica che Sergio Martinetti, tra l'altro ideatore del record, ci ha voluto raccontare.

Come le è venuta l'idea?

È venuta a me. Ho visto una vecchia foto, di quando quattro canottieri trainarono un battello di 110 tonnellate. Mi son detto: perché non proviamo con un pedalò?

Cosa vuol simboleggiare questa sfida?

Io lavoro per la Patrimony 1973, con la Società di Navigazione Lago di Lugano stiamo progettando il piano di rilancio commerciale. Emilio Moscatelli e Marco Ottini lavorano per la Snl, così volevamo mostrare come l'unione fa la forza. Sia sul lago che sul lavoro. Poi, parlando di propulsione alternativa, anche le gambe lo sono.

Siete sul libro dei record adesso?

Non ancora, dovremo mandare tutte le registrazioni e il materiale alla società del Guinness, poi dovremo attendere che venga collaudato.

Quanto allenamento serve?

Abbastanza. Sia io che Emilio siamo cicloamatori piuttosto assidui. Da ragazzo correvo e il 2 aprile  ho partecipato al Giro delle Fiandre amatoriale. Emilio, poi, va al lavoro in bici quasi ogni giorno.

Per dare un'idea, quanta fatica avete fatto?

Parecchia, siamo stati sempre sulla soglia anaerobica. È come affrontare una salita che dura 40 minuti, con un rapporto lungo e costantemente sopra il 10% di pendenza. Poi c'era il vento, potrei dire che è stato come fare il Mont Ventoux.

I momenti più duri?

L'inizio senza dubbio, non ci siamo accorti che il pedalò si è incastrato nella fune della boa, che ha un peso in cemento sotto. Ci sembrava di non muoverci, siamo dovuti andare subito al limite. Poi gli ultimi 10 minuti, non ne avevamo più.

Ma anche un passeggero, non è stato un peso in più?

No, affatto. Solo così la farfalla del pedalò si immergeva completamente. Solitamente si immerge poco nell'acqua facendo meno forza. Inoltre Ci dava la direzione e teneva la fune. Una scelta fatta anche per paura di danneggiare il pedalò.

?Beh, una cosa c'è: quanto è bello il paesaggio visto dal lago. Si vede la città in un modo che da riva non ci si rente conto.

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