Nelle città ticinesi dopo una certa ora è impossibile trovare un piatto caldo. Ecco cosa succede in uno chalet dell’alta Leventina. Il cuoco: «Grandi sacrifici». GastroTicino: «Bravi, ma…»
BEDRETTO - È un dato di fatto: nella maggior parte dei ristoranti delle città ticinesi è difficile mangiare un piatto caldo al di fuori delle fasce orarie canoniche. Paradossale in un momento di forte crisi del settore turistico. Poi però capita che il “buon esempio” arrivi da uno sperduto chalet dell’alta Leventina. All’entrata della Stella Alpina di Bedretto c’è una lavagnetta che recita: “Cucina calda non stop. Dalle 10 alle 22”. Per dodici mesi all’anno. Una bufala? «Assolutamente no – assicura Roberto Orsenigo, che oltre a essere cuoco è anche uno dei due responsabili della struttura –. Cuciniamo davvero qualsiasi cibo a qualsiasi ora. E a volte si va anche oltre le 22, se è il caso. Facciamo grandi sacrifici, ma ne vale la pena».
Turisti senza orari - Perché un ristorante in mezzo ai monti decide di adottare una strategia del genere, quando nemmeno nelle località ticinesi principali questo avviene? Orsenigo è chiaro: «Dalle nostre parti c’è movimento tutto l’anno. In inverno ci sono gli sciatori, in estate gli escursionisti. Abbiamo fatto un ragionamento. Quando uno è in vacanza, non vuole avere orari. E quindi da qualche anno abbiamo deciso di offrire questo servizio in più alla clientela».
Il vantaggio - I riscontri? Stando allo chef sembrano positivi. «La gente sa che da noi può mangiare a qualsiasi ora e quindi ritorna volentieri. In cucina siamo in tre. Certo, la nostra situazione è favorita dal fatto che io sono anche uno dei due responsabili dello chalet. E quindi, anche quando gli altri due cuochi sono liberi o riposano, io sono sempre in zona e sempre disponibile».
In riva al lago - Ed è un dettaglio che non va sottovalutato. Lo spiega bene Massimo Suter, che oltre a essere presidente di GastroTicino è anche gerente del ristorante Torre, sul lungo lago di Morcote, un altro raro caso di cucina non stop nella Svizzera italiana. «Ma anche qui – ammette lo stesso Suter – siamo favoriti da un fattore particolare. Quando i cuochi sono assenti, c’è mio cognato che subentra in cucina. Se non ci fosse lui, non ce la faremmo».
Una lacuna ticinese - Suter evidenzia come quello degli orari di apertura delle cucine rientri tra le principali lacune della ristorazione ticinese. «È un grosso problema che, a lungo termine, può generare disaffezione da parte della clientela. Ma è una questione di costi. Se uno ha un piccolo ristorante, non può avere dieci cuochi. E non può nemmeno fare lavorare un solo cuoco per 16 ore al giorno consecutive. Ci sono dei contratti collettivi da rispettare».
Situazione italiana da non considerare - Spesso il consumatore tende a fare il paragone con la situazione italiana, evidenziando che in Italia le cucine sono aperte quasi a qualsiasi orario. «È un accostamento che non mi piace – ribatte Suter –. In Italia il personale si prende 800 franchi al mese. Non ha senso mettere la Svizzera e l’Italia sullo stesso piano. Però una cosa la dovremmo imparare, noi ticinesi: il cliente va preso quando c’è. Non ha senso che in un cantone turistico non si possa mangiare nulla di caldo alle 15 o alle 21.30… Eppure succede. Capisco le difficoltà finanziarie e i costi, ma un minimo di flessibilità ci vuole».