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Il Governo ritiene che i membri della Swisscoy debbano rimanere in Kosovo e non dar man forte alle Guardie di confine
BERNA - L'idea di utilizzare uomini e mezzi della Swisscoy, il contingente militare elvetico attivo in Kosovo nell'ambito della missione di promozione della pace in quel Paese, quale supporto per la guardie di confine, non piace al Consiglio federale, che invita il Parlamento a respingere una mozione in tal senso del Consigliere nazionale Marco Chiesa (UDC/TI).
Per Chiesa, il proseguimento della missione svizzera nei Balcani fino al 2020 come auspicato dal Governo - le camere dovrebbero pronunciarsi durante la prossima sessione di marzo - non s'ha da fare.
A suo parere, il contingente di circa 200 soldati dal costo annuale di 44 milioni di franchi andrebbe impiegato per dar man forte alle guardie di confine, specie in Ticino, alle prese con una pressione migratoria crescente.
Il vantaggio di un simile impiego? A differenza di quanto accade oggi, le regioni del Paese meno toccate dal fenomeno non dovrebbero mettere a disposizione di quelle più sollecitate i propri effettivi di guardie, rimanendo così pericolosamente sguarnite.
Per il Governo, invece, non vi sono basi legali che consentirebbero un trasferimento dei membri della Swisscoy a un impiego sussidiario di sicurezza in Svizzera. Inoltre non sarebbe responsabile mettere in concorrenza gli impieghi militari di promozione della pace all'estero con gli impieghi sussidiari dell'esercito all'interno del nostro Paese.
Qualora la situazione a Sud dovesse peggiorare, l'Esecutivo è tuttavia pronto ad esaminare l'eventuale uso della truppa, ma non dei soldati Swisscoy reclutati appositamente per la missione nei Balcani. Se tale missione non avesse più motivo di esistere, il contingente verrebbe sciolto.
