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SVIZZERA«Priorità alle zone di conflitto»

29.01.16 - 09:46
La Direzione dello sviluppo e della cooperazione punterà la sua attenzione in queste regioni nel 2016. Negli ultimi anni il sostegno alle «regioni fragili» è già aumentato
«Priorità alle zone di conflitto»
La Direzione dello sviluppo e della cooperazione punterà la sua attenzione in queste regioni nel 2016. Negli ultimi anni il sostegno alle «regioni fragili» è già aumentato

BERNA - In questo 2016 la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) punta la sua attenzione nelle regioni dove proseguono le violenze e i conflitti. Lo ha detto il suo direttore Manuel Sager nella conferenza stampa annuale oggi a Berna.

Più di 40 Stati del mondo, con una popolazione totale di circa 1,5 miliardi di persone, sono considerati "fragili" e presto la maggioranza delle fasce povere della popolazione mondiale vivrà proprio in questi contesti.

Negli ultimi anni - ha detto Sager - la Svizzera ha già sensibilmente aumentato il sostegno ai Paesi e alle regioni fragili, come ad esempio l'Africa subsahariana, il Nord Africa e il Vicino Oriente. "Nell'anno in corso vogliamo consolidare il nostro compito principale, ossia la lotta alla povertà, là dove le strutture statali sono indebolite o assenti a causa dei conflitti".

Le cause della povertà, ha spiegato il direttore della DSC, sono infatti spesso "le stesse che portano a radicalizzazione, estremismo e violenza, e che costringono milioni di persone a fuggire dalla loro patria, ovvero mancanza di prospettive per i giovani, disparità sociali, marginalizzazione e discriminazione di minoranze o gruppi, violazione dei diritti umani".

Quale impegno nei paesi fragili? - Jean-François Cuénod, capo supplente del settore di direzione Cooperazione regionale, ha illustrato i metodi di lavoro della DSC nei contesti fragili, sottolineando come, nell'ambito del lavoro programmatico nelle regioni colpite da conflitti, sia necessario gestire i rischi con una particolare lungimiranza. Questo richiede non solo un'analisi precisa del contesto e il sostegno alle riforme in materia di politica di sviluppo, ma anche la disponibilità a impegnarsi a lungo termine sul posto quale partner affidabile e a includere tutti gli aspetti relativi alla sicurezza.

La DSC - ha detto Cuénod - non può risolvere i conflitti, ma "contribuisce a un cambiamento positivo affrontando le cause primarie di questi e della povertà e fornendo così migliori opportunità per lo sviluppo della pace e la riduzione della povertà.

In che modo concretamente la DSC sostiene governi e amministrazioni negli Stati fragili? Lo ha spiegato Barbara Affolter, del gruppo di esperti Conflitti e diritti umani. Nella regione svantaggiata di Kasserine, in Tunisia - ha detto - si appoggia un progetto per migliorare l'accesso all'acqua potabile, dato che la carenza di questa risorsa è spesso causa di conflitti. L'attenzione è rivolta soprattutto ai poveri e agli emarginati e coinvolge anche le donne, il cui lavoro quotidiano è notevolmente agevolato dalla presenza dell'acqua potabile.

In Ucraina, la DSC sostiene invece il ripristino delle amministrazioni regionali nelle zone orientali del Paese colpite dal conflitto, aiutando le autorità a trovare soluzioni sostenibili ai problemi sociali ed economici e a creare una prospettiva di sviluppo a lungo termine. Infine, un progetto scolastico in regioni montane isolate dell'Afghanistan mostra il ruolo che l'accesso all'istruzione di base ricopre nella promozione della pace e nella lotta alla povertà.

Cooperazione internazionale 2017-2020 - Un'ulteriore priorità della DSC, citata dal direttore Sager, è il nuovo messaggio concernente la cooperazione internazionale 2017-2020, sul quale il Parlamento delibererà nel corso dell'anno. Nel messaggio rientrano una maggiore attenzione alla sostenibilità sul piano economico, sociale e politico, la creazione di ulteriori posti di lavoro e il potenziamento della formazione professionale.

"Con il nuovo messaggio la Svizzera mette in atto le promesse fatte firmando l'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile", ha affermato Sager, aggiungendo che, con i suoi 17 obiettivi sostenibili, questo quadro globale di riferimento, adottato nel settembre 2015 dai 193 Stati dell'ONU, caratterizzerà profondamente la collaborazione internazionale della Svizzera nei prossimi anni. "Alle tante buone parole devono ora seguire i fatti", ha sottolineato.

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COMMENTI
 

Lonely Cat 8 anni fa su tio
Evidentemente non sono ancora bastati 50 anni di questa politica fallimentare. Forse servono altri 50 anni perché capiscano di lasciare questi paesi nel loro brodo, che sanno badare a se stessi anche senza il papà bianco che dice loro come devono vivere.

mgk 8 anni fa su tio
La diga a Mosul sta ancora aspettando le truppe azzurre promesse lo scorso anno,oramai si puo dire da Renze

tazmaniac 8 anni fa su tio
Visto che in parecchie parti del globo non sono capaci e/o non hanno voglia di combattere il male e la guerra, per porle fine. L'unica soluzione che permetterebbe, tra l'altro di far cessare questa marea di profughi nei nostri Paesi, è la militarizzazione delle zone e la distruzione di tutte le cellule terroristiche, guerriglieri e quant'altro. Volere è potere, fregandosene una volta per tutte dei beoti che poi espongono le bandiere della pace e vanno in giro a smaronare sul "cessate la guerra"...
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