La famiglia della socioterapeuta è annientata dal dolore e chiede l’internamento «fino all’ultimo respiro» di Fabrice A., rimasto impassibile durante il processo
GINEVRA - Il nuovo processo contro Fabrice A. per l'uccisione della socioterapeuta Adeline nel 2013 è proseguito oggi a Ginevra con le testimonianze struggenti dei famigliari della vittima, che hanno chiesto l'internamento a vita per l'imputato.
«Si riesce ad accettare la sua morte, ma non accetteremo mai il modo in cui è stata uccisa», «portiamo tutto il peso dell'orrore che ha subito», «tutto il nostro entourage è stato distrutto», ha dichiarato visibilmente commossa la madre davanti al Tribunale criminale, mentre Fabrice A. assisteva impassibile.
La donna ha poi descritto l'«incomprensione» della nipotina, la figlia di Adeline, che aveva otto mesi nel settembre 2013 al momento del dramma: «questo raggio di sole che deve crescere senza la sua mamma» non capisce perché questa «non scenda dal cielo per raggiungerla».
La madre di Adeline ha poi descritto la propria figlia come una ragazza allegra, che ascoltava e piaceva agli altri, empatica, intelligente e gentile. Ha subito «il parossismo del male», ha detto, e ha chiesto l'internamento a vita per l'imputato, affinché l'assassino dell'«adorata Adeline» rimanga dietro le sbarre «fino all'ultimo respiro».
Anche il padre ha descritto la sofferenza dei genitori, del partner di Adeline e dei nipoti. Il partner, che come la vittima lavorava nel centro di reinserimento sociale La Pâquerette di Ginevra dove il 42enne Fabrice A. era rinchiuso, contrariamente ai genitori è stato anche interrogato dalla corte.
Egli ha dichiarato che l'uomo, già condannato in Svizzera e in Francia a 20 anni complessivi di reclusione per due stupri, aveva tentato di accalappiare Adeline e aveva insistito affinché la 34enne gli fosse assegnata come accompagnatrice per la sua seconda uscita di risocializzazione dal centro. Un'escursione rivelatasi fatale per la donna, legata a un albero e sgozzata dal pregiudicato il 12 settembre 2013 nei pressi di Ginevra.
Dopo l'omicidio Fabrice A. era fuggito con la vettura, i cellulari e il denaro della vittima, diretto in Polonia, dove viveva una sua ex compagna, della quale - secondo l'accusa - voleva vendicarsi. Era stato arrestato quattro giorni dopo ed estradato in Svizzera.