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SVIZZERAGiudici più propensi a giudicare con durezza

22.12.14 - 08:38
Si torna a pensare alle vittime, rileva Hans Mathys, presidente della Corte di diritto penale del Tribunale federale
Giudici più propensi a giudicare con durezza
Si torna a pensare alle vittime, rileva Hans Mathys, presidente della Corte di diritto penale del Tribunale federale

BERNA - Dopo anni in cui ci si è concentrati solo sui delinquenti, si torna a pensare alle vittime: all'interno dell'apparato giudiziario e del mondo accademico è tornato d'attualità il concetto di espiazione della colpa e i giudici sono più propensi a sanzionare con durezza gravi comportamenti penali. Lo rileva Hans Mathys, presidente della Corte di diritto penale del Tribunale federale (TF), che a fine anno andrà in pensione.

"La gente è sempre stata dell'opinione che il diritto penale deve mostrare una certa durezza nei confronti dei criminali e che deve tenere conto anche della vittima", spiega Hans Mathys in un'intervista pubblicata oggi dalla "Neue Zürcher Zeitung". "Nel mondo accademico vi è stata invece a lungo la tendenza a concentrarsi unicamente sull'autore del reato. L'attenzione era posta sul riportarlo sulla retta via. Parole come vendetta o espiazione erano difficilmente pronunciate nelle cerchie intellettuali".

Stato al giudice federale questa dottrina era "perlomeno unilaterale", perché non teneva conto dell'aspetto repressivo del diritto penale. Il cambiamento di mentalità è partito con l'assassino dello Zollikerberg del 1993, quando un detenuto uccise una giovane scout di 20 anni mentre beneficiava di un congedo di due giorni dal carcere. L'uomo stava scontando un ergastolo per due precedenti assassini e numerosi stupri e aggressioni a sfondo sessuale.

Secondo Mathys il riorientamento è avvenuto non solo nel mondo politico, bensì anche nelle università - nei corsi si torna a parlare di vendetta ed espiazione - come pure nella giurisprudenza. Un tempo era normale che il giudice non arrivasse mai ad infliggere il massimo della pena, nonostante una colpa molto grave. Ciò è nel frattempo cambiato, anche su pressione del TF.

In materia di internamento la posizione chiara espressa dalla popolazione è una reazione al fatto che giudici e psichiatri per molto tempo mostravano molta comprensione per i criminali, decidendo raramente di internare il condannato. Secondo Mathys le aspettative della gente sono però troppo elevate: "non possiamo semplicemente rinchiudere i criminali perché temiamo che potrebbero un giorno essere recidivi".

Riguardo alle terapie, il giudice ammette che "si va un po' nella direzione" di dire "forse non servono a nulla, ma non hanno nemmeno un impatto negativo". Lo strumento - che è politicamente discusso per via dei costi elevati - è a disposizione e quindi viene utilizzato.

Mathys accoglie con favore l'intenzione del parlamento di abolire le pene pecuniarie sospese con la condizionale. "Non ha mai capito perché le multe che il condannato doveva pagare in tutti i casi sono state sostituite con pene pecuniarie che l'autore di reato non sente sulla sua pelle".

Il giudice UDC, un tempo presidente della corte d'assise di Zurigo, critica anche il modo in cui lavorano oggi i tribunali. A suo avviso può andar bene che nei "casi di massa" si risolva tutto con un decreto d'accusa (succede 9 volte su 10 ormai). Ma quando il tribunale fa un dibattimento deve farlo seriamente, cosa che oggi non è sempre il caso, in particolare a Zurigo, afferma Mathys. I giudici non interrogano più i testimoni, si basano solo sul lavoro della procura: vicende che un tempo tenevano impegnate la corte d'assise per tre settimane oggi sono trattate in tre ore. "L'imputato ha immancabilmente l'impressione che il tutto sia un gioco combinato. Questa evoluzione è negativa: danneggia l'immagine della giustizia e il grado d'accettazione della sentenza diminuisce".

Riguardo al dibattito in atto sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), secondo Mathys il problema non è tanto il trattato quanto l'operato della corte di Strasburgo: questa agisce sempre più come se fosse una prima istanza e ciò porta a sentenze incomprensibili.

Il giudice federale critica anche la tendenza a considerare la proporzionalità come un assioma, mettendo in dubbio ad esempio quanto deciso dal popolo attraverso un'iniziativa popolare: "Ho difficoltà a capire come si possa correggere decisione politiche che a qualcuno non piacciono, solo perché considerate non proporzionali".

Ats

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