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Nel 1985/86, con una cavalcata inarrestabile, il Lugano aprì un'era
LUGANO - Nel Summer Hockey è tempo di semifinali bianconere. E qui a far la voce grossa c'è la gang di Kent Johansson.
Il quarto di finale non ha lasciato alcun dubbio: contro l'armata del 2015/16, quella di Klasen, di Elvis, di Shedden e del titolo sfiorato contro un Berna sicuramente più completo, il Lugano 1985/86 è passato dominando. D'altronde questo, solo questo, sa fare quella squadra: stravincere. Stiamo parlando di un'autentica corazzata riuscita, a suo tempo, a salire – per la prima volta nella storia del club – sul gradino più alto dell'hockey svizzero. La truppa guidata da un Kent Johansson immarcabile (capace di realizzare 92 punti in 39 match tra regular season e playoff), la squadra di - tra i tanti - Alfio Molina, Sandro Bertaggia, Beat Kaufmann, Mike McNamara, Mats Waltin, Jörg Eberle, Riccardo Fuhrer ed Andy Ton, è stata qualcosa di molto vicino a una macchina perfetta. Un ingranaggio costruito pazientemente, e fatto maturare negli anni delle prime esperienze in LNA.
Gli avversari, che in principio si permettevano di provare spocchiosa simpatia per la creatura bianconera, impararono velocemente, a loro spese, quanta qualità e ambizione ci fosse a sud del Gottardo. Ecco quindi che il sesto posto dell'82/83 si trasformò in un più prestigioso quarto nell'83/84 e in un “minaccioso” secondo nell'84/85. Ancora dodici mesi e il gruppo di John Slettvoll piantò poi gli artigli sulla concorrenza, rendendola inoffensiva. Trentuno successi in quaranta confronti disputati, compresi i quattro che permisero, nei playoff, di superare Sierre (7-2, 7-3) e Davos (5-0, 7-5), sono la prova di uno strapotere, quello bianconero, che aprì un'era. Un periodo ricchissimo del quale i tifosi sottocenerini si accontenterebbero, oggi, di rivivere anche solo parzialmente le gioie.
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