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CANTONE“La Svizzera è importante per l’UE, non solo il contrario”

02.10.15 - 12:00
Intervista al Consigliere nazionale uscente PPD Fabio Regazzi, a caccia della riconferma a Berna
Foto Ti-Press
“La Svizzera è importante per l’UE, non solo il contrario”
Intervista al Consigliere nazionale uscente PPD Fabio Regazzi, a caccia della riconferma a Berna

LUGANO - Continuano le interviste con i candidati alle elezioni federali del prossimo 18 ottobre. È il turno del Consigliere nazionale uscente del PPD Fabio Regazzi.

Lavoro: nel Mendrisiotto c'è una percentuale di frontalieri che supera il 50%. Neppure in Lussemburgo vi è una situazione del genere. Il liberismo abbinato al pragmatismo e all'utilitarismo tipicamente elvetici non rischiano di essere controproducenti per il nostro Cantone?

"Dipende, anche dal nostro Cantone. Vede, la situazione dei frontalieri non è certo facile, soprattutto nel Mendrisiotto. Si tratta in questo caso di un problema, oltre che regionale, anche settoriale. Ma la nostra politica, quella cantonticinese, a mio modo di vedere da troppo tempo non sta facendo più nient’altro che additare i frontalieri come l’origine di tutti mali. Invece di proporre misure concrete per il rilancio economico del cantone si concentra solo in quelle che dovrebbero mitigare gli effetti collaterali della libera circolazione. Ma perché non ci chiediamo cosa vogliamo fare “da grandi”? Se in Ticino giungono in gran parte imprese che versano salari modesti e non arrivano industrie di punta non è colpa dei frontalieri, ma forse del fatto che per anni abbiamo dimenticato che una fiscalità attrattiva per aziende e industrie, una formazione professionale per i nostri giovani, o una promozione economica degna di questo nome sono i veri antidoti alla massiccia presenze di frontalieri. Per far progredire l’economia del Ticino soprattutto nell’interesse di chi vi risiede, sarebbero proprio queste le tematiche da sviluppare. In Svizzera tedesca e francese si giocano tutte queste carte che da sempre contraddistinguono la forza della Svizzera".

Si dice che l'economia ticinese sia diventata più ricca dall'entrata in vigore degli accordi bilaterali. Questa ricchezza come è stata distribuita? I ticinesi sono più ricchi di prima?

"Non c’è la controprova di cosa sarebbe successo senza gli accordi bilaterali. Grazie a quest’ultimi sono stati creati tanti posti di lavoro, in gran parte a beneficio dei frontalieri (anche perché in ogni caso non saremmo numericamente sufficienti per occuparli noi). Questi impieghi qualcosa ovviamente portano, tra indotti diretti e indiretti e diverse imposte (sugli utili, alla fonte, …). In determinati settori non sappiamo se il santo vale la candela, in altri ne siamo certissimi, anzi saremmo completamente fuori mercato senza questa manodopera. Vero è che le cifre riguardo il tasso di occupazione e di disoccupazione (in qualunque modo le si prenda, integrando anche coloro in assistenza) evidenziano che rispetto agli anni 90 stiamo meglio, anche in termine di salari. Probabilmente una maggioranza silente non ha di che lamentarsi… ciò non toglie che un problema sussiste".

Franco forte. Nonostante l'allarme lanciato dal settore industriale, dal turismo e dalla vendita al dettaglio, gli studi di ricerca parlano di economia svizzera che tiene e cresce. Tanto rumore per nulla?

"Le cifre relative all’esportazione sono in netto calo e dimostrano che da qualche parte il franco forte sta facendo danni. Riguardo lo stato di salute dell’economia svizzera, esso dipende molto da settore a settore e spesso da impresa a impresa. Va però detto che numerose aziende stanno facendo sforzi non indifferenti per mantenere la produzione in Svizzera proprio perché nessuno sa quando il franco si indebolirà, ma tutti sanno che prima o poi sarà il caso. Qualche piccolo segnale in questo senso sta già arrivando".

Il 9 febbraio 2014 gli svizzeri hanno messo in discussione la politica del Consiglio federale in materia di migrazione. Come se ne esce?

"Se ne uscirà quando ci accorgeremo noi stessi di quanto la Svizzera sia importante per l’UE e non solo il contrario. Il Consiglio federale ha presentato la sua strategia per l’adozione dell’iniziativa – molto rigida, non sfruttando i margini che l’iniziativa stessa concede – e con la quale verosimilmente viaggerà a Bruxelles a trattare. Vedo male che l‘UE possa accettare la soluzione del Consiglio federale ed allora la partita si aprirà ed entreranno in linea di conto tutte quelle soluzioni che permetteranno di coniugare l’iniziativa – che vuole riprendere in mano l’immigrazione – e il mantenimento degli accordi bilaterali, di cui 6 su 7 sono unanimemente incontestati e vitali per il benessere in Svizzera. Ma la partita va giocata a viso aperto, senza timori reverenziali e soprattutto coscienti che la Svizzera – già solo per la sua posizione geografica e per il fatto che acquista ogni anno 20 miliardi di beni in più di quelli che vende nell’UE – ha le carte in mano per trovare buoni accordi, come in passato per altro ha sempre fatto".

I premi della cassa malati aumentano ancora. Fino a quando reggerà questo sistema?

"Fin quando gli Svizzeri decideranno di mantenere e aumentare costantemente il livello già alto delle cure e finanziarlo. Vede, tutti si lamentano dell’aumento dei premi, ma al momento di votare – mi ricordo qualche anno fa la votazione sull’integrazione della medicina complementare nell’assicurazione di base – nessuno vuole rinunciare alle prestazioni, anzi le si vogliono ampliarle e sempre più tecnologiche. Per non parlare del numero di ospedali che in Ticino tra pubblici e privati sono 20 per una popolazione di 370mila abitanti, a conferma che un margine di manovra per migliorare l’efficienza esiste. Aggiunto al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione otteniamo un circolo vizioso di aumento costante dei costi. Migliorare la trasparenza nel sistema sanitario, dove forse qualcuno che guadagna un po’ troppo c’è. Ma il costante e forte aumento di costi non è colpa di un attore o due come troppo spesso si vuol far credere. Occorre una maggiore responsabilizzazione di tutti, anche dei pazienti".

La Svizzera è risparmiata dal grande flusso di migranti in cerca di rifugio e prospettive di vita migliori. Ritiene necessario potenziare i controlli ai confini?

"La cooperazione con le autorità europee è l’unico strumento per non rischiare di trovarsi in difficoltà di fronte a flussi enormi di migranti. Però anche su questo tema, l’Europa non si sta comportando con una grande unità di intenti e questo non le fa onore. Certamente è importante essere pronti in casa nostra nel caso in cui il flusso di migranti si facesse pressante alle nostre latitudini. Su questo mi sembra che il nostro Cantone sia particolarmente attivo".

La politica energetica è abbastanza o troppo coraggiosa?

"O meglio, se è coraggiosa o irresponsabile. La Strategia energetica 2050 è attualmente in discussione alle Camere, dunque non sono ancora state prese decisioni. Stiamo però in un qualche modo cercando di emulare gli esempi peggiori di altre nazioni che hanno basato la loro politica energetica su miliardi di sovvenzioni per le nuove energie rinnovabili – quella eolica e quella solare – e i risultati sono eloquenti: quando sole e vento sono presenti il prezzo dell’energia crolla e gli sprechi si sommano. In Svizzera e soprattutto in Ticino qualcuno ci sta già lasciando le penne: le nostre centrali idroelettriche che sfruttano la forza idrica, fonte rinnovabile per eccellenza, non riescono più a produrre in modo redditizio a causa dei contributi elargiti ad altre fonti energetiche e bussano a loro volta alla porta della Confederazione per ottenere sussidi, mai stati necessari in precedenza. Mi pare innegabile che stiamo sbagliando qualcosa. Inoltre non si tiene conto sufficientemente della necessità dell’energia “di banda”. In altre parole abbiamo bisogno di elettricità ed energia anche quando non c’è il sole o il vento e questa deve essere garantita, altrimenti la sicurezza dell’approvvigionamento non è più garantita. Sole e vento vanno bene, ma non saranno mai l’alternativa all’odierno mix di fonti di produzioni".

Finanziamenti ai partiti poco trasparenti, rappresentanti del popolo al servizio delle lobby dei potenti dell'economia. Come rispondere a queste accuse?

"Chiunque lancia questi slogan dovrebbe informarsi e capire minimamente come funzionano le cose a Berna. Il lobbismo non è un fenomeno dell’economia, ma di tutti i gruppi di interesse, di cui quello economico è solo una parte. Inoltre mi lascia sempre perplesso chi ritiene che il lobbismo sia una cosa poco trasparente. Personalmente – come penso tutti i colleghi – non mi siedo al tavolo con nessuno se non so prima chi rappresenta, quali sono le sue posizioni e se non mi vengono presentati dati e fatti inequivocabili a supporto delle tesi proposte. L’attività dei rappresentanti dei gruppi di interessi ha successo solo se questa è condotta nella massima trasparenza ed aiuta noi parlamentari – confrontati con tutta una serie di temi in cui non abbiamo riscontri o esperienze nel “mondo reale” – a farci un idea e portarci argomenti a cui altrimenti non riusciremmo ad arrivare. Un’adeguata rappresentanza dei gruppi di interesse a Berna fa parte della cultura politica elvetica, molto più pragmatica e che ha portato anche i suoi frutti. Preferireste che noi politici decidiamo in modo teorico su tutta una serie di temi su cui non veniamo “familiarizzati”? Rischiamo di fare politica in una torre d’avorio, forse anche con la presunzione che la ragione stia sempre dalla nostra parte".

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