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CANTONEDr. Jazz & Mr. Funk per la prima volta a JazzAscona

28.06.17 - 06:01
È tutto pronto per l’attesissimo concerto di Paolo Belli in programma stasera alle 22 (Stage New Orleans)
Dr. Jazz & Mr. Funk per la prima volta a JazzAscona
È tutto pronto per l’attesissimo concerto di Paolo Belli in programma stasera alle 22 (Stage New Orleans)

ASCONA – Un grande entertainer sulle scene da quasi tre decenni. Swing, soul e funk gli scorrono nelle vene da sempre, e lui, Paolo – con un’inalterata venerazione per quei generi, per quegli stili, per i suoi grandi maestri – in ogni occasione – tra le mura di uno studio di registrazione, sul palco o in tv – dà il meglio di sé.

Paolo, cosa vuoi anticipare a coloro che assisteranno al tuo show?

«Non so perché, ma ogni volta che devo salire sul palco l’ansia mi assale. Accade da sempre. È come se dovessi dare un esame. E quando vado all’estero, per di più, l’ansia aumenta in maniera esponenziale. In aggiunta, in questo caso, oltre a dover oltrepassare i confini italiani, mi ritroverò in scena nell’ambito di un jazz festival… Quindi, puoi capire… Di conseguenza, mi “rifugerò” all’interno dei miei capisaldi, ovvero la mia big band (di undici elementi), i miei successi – dal tempo dei Ladri di biciclette fino a oggi – e i miei maestri, con degli omaggi a Paolo Conte, ad Enzo Jannacci e a Renato Carosone…».

Hai appena citato i tuoi maestri: cosa vuoi dirmi al riguardo?

«Loro sono i responsabili del mio modo di essere, del mio modo di vivere… Ho sempre amato lo swing e l’ironia, e quest’ultima non solo nella musica… Non mi sono mai preso sul serio, perché ho l’impressione che non l’abbiano mai fatto nemmeno loro…».

Intendi anche Carosone?

«Sì, certo... Ho avuto la fortuna di cantare con lui, se non sbaglio nel 1993, e quando ti prepari a incontrare questi grandi artisti hai sempre il timore che qualcosa non vada nel verso giusto… Poi, invece, ti ritrovi davanti a persone umili, ironiche… E questo è capitato anche quando ho duettato con Jon Hendricks e con Sam Moore…».

Non sapevo avessi cantato anche con Moore…

«Sì, un po’ di tempo fa, in Austria e in Italia…».

Quali i brani?

«“Soul Man” e “Hold On, I’m Comin’”».

Che rapporto hai con Svizzera italiana?
 
«Mi ha aiutato nei momenti difficili: la mia carriera è stata caratterizzata dal grande successo, ma anche da un periodo di grande insuccesso… Nella seconda metà degli anni Novanta - quando ho voluto fortemente proseguire con lo swing, con il blues e con il jazz, costruendo questa big band – l’Italia mi aveva chiuso le porte… La Svizzera, invece, mi ha fatto lavorare, e gliene sono molto grato: la musica è arte, ma alla fine del mese devi pagare le bollette… Ora è un po’ che non torno, poiché, come sai, negli ultimi anni l’Italia mi ha ridato tante opportunità, tra concerti e tv…».

Cosa pensi dei talent?

«Contro i talent non ho nulla, ma rispetto al mio quello è un altro mondo… Sono convinto che con la gavetta sudi e impari tantissimo: è un’esperienza che, secondo me, se vuoi fare questo mestiere, va vissuta… Insomma, ti fai le ossa... Ma questo, ripeto, è il mio punto di vista… Come dire, non c’è una sola regola: se guardiamo, ad esempio, le carte di Marco Mengoni, beh, possono anche smentire la mia teoria…».

Il tuo ultimo disco, “Sangue blues” (Ferrante Production), è del 2013. Sei al lavoro su una nuova produzione?

«Sì, con Carlo Avarello, che è il produttore di Simona Molinari. L’intento è di arrivare a dieci pezzi, ora ce ne sono cinque…».

Quando prevedi l’uscita?

«Alla fine dell’estate…».

Hai già pensato al titolo?

«Sì, ma non te lo dico nemmeno sotto tortura…».

 

 

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