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ITALIA«Se stai fermo le cose non si fanno da sé»

03.05.16 - 06:00
Carmen Consoli si racconta tra musica e vita privata
Carmen Consoli (Foto archivio TiPress).
«Se stai fermo le cose non si fanno da sé»
Carmen Consoli si racconta tra musica e vita privata

Carmen, cito i versi di un tuo brano, “Sintonia Imperfetta”: «L'amore ai tempi dei miei nonni era sognante e intrigante». Oggi come è l'amore per te?

«Mio nonno, in tempi di guerra, scriveva lettere a mia nonna curando la scrittura e quindi credo che una lettera fosse più romantica di un tweet o di un messaggio su Facebook. A quei tempi si leggeva il desiderio che già si colmava del fatto in sé di essere corrisposti. E questo, al di là dell'atto fisico, l'amore era molto platonico ed aveva una certa eleganza, non perché vi fosse un'astinenza di sesso o costumi “più contenuti”, per carità, ma perché ci si meritava le conquiste. Oggi, invece, il troppo stroppia: io credo che non si possano maturare dei sentimenti in rete, vivere passioni e fare l'amore. Per me è una cosa da psichiatra. Ai tempi dei miei nonni bastava uno sguardo, la possibilità di scriversi delle lettere e di costruire un'unione a piccoli passi».

 Che senso ha per te la libertà?

«Libertà è un sostantivo abbastanza ingannevole perché si può essere libertini e libertari. Io mi definisco libertaria: mi piace l'idea di potermi muovere dentro i miei confini in maniera sconfinata. I miei confini esistono perché oltre di essi potrei nuocere la sensibilità del mio vicino. È bello quindi viversi una libertà incondizionata nel rispetto però della libertà altrui. Per me la libertà è una cosa che si condivide non è una cosa che ti isola: «Sono libero e quindi faccio il cavolo che voglio». Per conoscere il valore della libertà bisogna conoscere anche il valore del rispetto perché la libertà senza rispetto è anarchia. Oggi si sono perse delle piccole sfumature: per esempio la gratitudine, la gente non è più grata, a mio figlio sto insegnando a dire “grazie”. Noto che nel rispetto della vita occorra coltivare la gratitudine, ma oggi nessuno dice grazie, tutto è dovuto a tutti. Grazie lo si dice per pura formalità o educazione, invece é importante esprimere gratitudine senza voler nulla in cambio».

 Tu oggi a chi vorresti dire grazie?

«A tantissimi, cominciando da Mario Venuti che è stato il mio grande mito quando ero piccola e mi ha aiutato a sviluppare le prime canzoni con le quali sono uscita: l'ha fatto in punta di piedi e in punta di plettro, cercando di magnificare quello che c'era dentro di me senza impormi la sua visione delle cose. Mi ha aiutato molto a crescere. Devo molto a Raf e a tanti miei colleghi che sono speciali. Vivo la mia carriera attorniata da gente preziosa: Marina Rei, Giuliano dei Negramaro, Emma, Nada, Elisa, Gianna Nannini, tutti pronti a darmi una mano quando ho bisogno di consigli, collaborazioni, e non solo in campo musicale. Come farei senza i messaggi di Laura Pausini quando mio figlio non sta bene e le chiedo consigli?».

 Attraverso il successo hai trovato risposte a domande che avevi quando hai iniziato la tua carriera?

«Sì, certo, ma si sono create nel contempo altre domande (ride). Il lavoro su di sé è bellissimo, è una costruzione che avviene quotidianamente e ogni giorno bisogna determinare di non essere uguale a ieri».

Come riesci a mantenere il tuo equilibrio?

«E chi l'ha detto che ci riesco (ride)? Ci provo. Provo ad essere grata. Mi sveglio la mattina esprimendo gratitudine alle persone e alla mia vita. Cerco di costruire, sono ossessionata dalla costruzione. Combatto l'oscurità facendo, non mi accascio mai, non è nel mio carattere bloccarmi e piangermi addosso. Prima o poi se metti i semi da qualche parte crescerà una piantina. Magari cresce una pianta che non avevi piantato, ma significa che era quello il frutto che dovevi prendere. Se stai fermo le cose non si fanno da sé».

 “La notte più lunga” parla della crisi migratoria molto grave che stiamo vivendo oggi, in che momento hai scritto questo brano?

«L'ho scritta nel momento in cui la mia terra ha visto più da vicino questa tragedia. Negli ultimi anni il nostro mare ci ha restituito dei “souvenir” non proprio divertenti e luminosi, soprattutto quando restituiva scarpette di bimbi o altri dettagli orrendi. Era impossibile non poter essere toccati da questa vicenda che purtroppo si ripete e si perpetua. Impossibile non pensare di fare una piccola riflessione dal momento che anni fa ci dissero che avremmo fatto sventolare il vessillo della democrazia in questi Paesi liberandoli dai dittatori senza scrupoli. Abbiamo detto a questi popoli “Vi potete fidare di noi, ci sta a cuore la vostra felicità”, e dopo 10 anni vengono giustamente a bussare alle nostre porte chiedendoci aiuto».

 Sei portavoce del Telefono Rosa (Associazione che aiuta le donne vittime di violenza), cosa significa per te questo abito?

«Significa poter essere aggiornata toccando con mano delle realtà che prima potevano essere assurde o immaginate. Oggi ci tempestano di notizie assurde, surreali e a volte la finzione si mescola con la realtà, non si sa più a cosa credere oppure si sottovalutano migliaia di morti annegati perché orami siamo abituati nelle finzioni a vedere di peggio. Il Telefono Rosa invece mi sta insegnando a fare qualcosina anche con ciò che mi viene naturale fare con delle canzoni, con il mio piccolo apporto insomma».

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