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L'OSPITEFlessibilità a senso unico e precarietà

22.02.17 - 14:00
Segretariato cantonale OCST
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Flessibilità a senso unico e precarietà
Segretariato cantonale OCST

La precarietà del lavoro ha assunto, in tutte le sue forme, dimensioni notevoli e per molti aspetti preoccupanti anche in Ticino. I dati parlano di un aumento del lavoro interinale, a ore e su chiamata, a tempo parziale frammentato e dei contratti a termine.

L’economia ha indicato negli ultimi decenni questa come la via della crescita e dello sviluppo: “senza flessibilità non c’è futuro” è lo slogan ricorrente. Eppure l’andamento attuale dell’economia, che non sembra riuscire a riprendere un passo sostenuto, pare piuttosto dare ragione a quella corrente di economisti che sostiene che senza tutele per le lavoratrici e i lavoratori, che sono anche la fetta più consistente di consumatori, l’economia si spegne.

L’OCST critica la visione che predica la flessibilità come rimedio universale buono per tutti i mali. In realtà questo uso della flessibilità rende partecipi i lavoratori dei rischi aziendali.

La flessibilità richiesta ai lavoratori deve avere una contropartita e deve essere misurata allo stretto indispensabile proprio per evitare che il rischio di impresa finisca per essere caricato sulle loro spalle. Nell’ambito del dialogo con le parti sociali, bisogna puntare a una regolamentazione più capillare della flessibilità per garantire ai lavoratori la giusta protezione, arginare, anche a garanzia di una concorrenza leale fra le imprese, l’uso improprio di certi strumenti e abolire le pratiche contrarie alla dignità di chi lavora e ad un sano sviluppo della società.

Come si configura la precarietà in Ticino?

La precarietà assume nel nostro Paese diverse forme: contratti a ore e su chiamata, tempi parziali con orari frammentati, stage, lavoro a tempo determinato e interinale. Tutte queste forme di impiego sono state pensate per venire incontro alle esigenze di flessibilità delle imprese e per facilitare l’introduzione in azienda dei lavoratori, ma stanno ora raggiungendo livelli di diffusione e di persistenza che rischiano di segnare profondamente il tessuto sociale del nostro Cantone. Il lato oscuro della flessibilità è che viene facilmente applicata se a trarne vantaggio sono i datori di lavoro. Notevolmente più difficile è il contrario, come dimostra il frequente rifiuto di una riduzione del tempo di lavoro alle donne al rientro dalla maternità.

La sottoccupazione

Non tutti coloro che lavorano a tempo parziale sono soddisfatti del loro grado di occupazione, sono cioè sempre più numerose le persone che si definiscono sottoccupate e vorrebbero aumentare il loro tempo di lavoro. Secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica, in Ticino è sottoccupato un residente su dieci e il numero è più che raddoppiato rispetto al 2004: 17'400 persone nel 2015, due su tre donne, il 60% svizzeri e con una buona formazione. La metà di queste persone lavora meno del 50% del tempo. Negli ultimi dieci anni il fenomeno si è ampliato in tutta la Svizzera, ma in misura maggiore in Ticino; tra il 2004 e il 2015 il numero dei sottoccupati in Svizzera è cresciuto del 150%, in Ticino del 200%. Nel nostro Cantone nel 2015 il numero di sottoccupati superava il numero dei disoccupati calcolati ai sensi dell’ILO (11’600).

Il lavoro a ore e su chiamata

Il fenomeno della sottoccupazione va a braccetto con contratti a ore e su chiamata e con la frammentazione dei tempi di lavoro. Il personale viene chiamato solo nei momenti di bisogno o è occupato a tempo parziale, ma deve essere a disposizione per molte ore nel corso della giornata. Viene remunerato solo per le ore che effettivamente presta e non riesce a rendersi disponibile per un’altra occupazione. Ciò rende difficile, o pressoché impossibile, la conciliazione del lavoro con la vita familiare o il conseguimento di altri impieghi complementari; spesso infatti il lavoro non viene pianificato con sufficiente anticipo e gli orari di lavoro sono molto variabili.

Questa pratica crea povertà: sono molte le persone che, lavorando a tempo parziale ricevono un salario che non permette loro di coprire le spese di sussistenza e che sono costrette a chiedere sussidi o addirittura a ricorrere all’assistenza. In sostanza è la collettività che si fa carico del costo generato dall’esigenza di flessibilità delle imprese.

A questo si affianca un altro elemento: quello dei tempi parziali fittizi. Molti lavoratori vengono assunti formalmente a tempo parziale pur lavorando regolarmente a tempo pieno. Si tratta di un modo per sfruttare il lavoratore ed eludere le norme sui minimi salariali.

Stage e contratti a tempo determinato

Anche gli stage e i contratti a tempo determinato possono essere un sistema per mascherare in modo abusivo la precarietà e i salari bassi. Molti lavoratori vengono assunti in qualità di stagisti pur avendo maturato una sufficiente esperienza lavorativa: sono pienamente produttivi, ma vengono sottopagati e il loro contratto ha una durata limitata che spesso viene prolungata. Questo modo di agire è totalmente incompatibile con lo spirito di questa preziosa forma di rapporto di lavoro pensato per facilitare la formazione dei giovani che hanno appena concluso gli studi. L’eterno stage è purtroppo una malattia che colpisce i giovani, specialmente i neolaureati, che spesso non riescono a trovare una stabilità lavorativa. Anche il contratto a tempo determinato viene utilizzato troppo di frequente in questi termini.

Il lavoro interinale

I lavoratori interinali sono lavoratori assunti da un’agenzia di lavoro e prestati a un’azienda estranea per una prestazione di lavoro.
Se questo strumento fosse utilizzato solo per arginare situazioni temporanee o straordinarie (sostituzioni per infortunio, malattia o maternità, picchi di lavoro inattesi,…) sarebbe accettabile sia per i datori di lavoro che per i lavoratori, che potrebbero in tal modo cumulare esperienze e contatti da far fruttare per un impiego più stabile. Troppo spesso tuttavia la condizione di interinale si perpetua per molto tempo ed è troppo diffusa in azienda, creando delle conseguenze molto negative.
Secondo i dati della Seco, dal 2005 al 2015 il numero di lavoratori interinali è raddoppiato e il numero di ore prestate è cresciuto del 172%. Gli stranieri uomini, da 2’368 a 8’235. Nel 2005 erano appena il 40,8% degli interinali, nel 2015 sono diventati il 71,2%. Nello stesso periodo gli svizzeri interinali sono diminuiti del 36%. Nel 2015 il 42% degli interinali era frontaliere.
Nonostante il fenomeno sia in aumento gli studi sui lavoratori interinali e sulle loro condizioni di lavoro sono sorprendentemente pochi e spesso non sono stati aggiornati o non sono recenti. Questa assenza di ricerca sul campo, denota quanto la nostra società sia ancora piuttosto disinteressata alla vita e ai problemi di questi lavoratori.

Un contratto nazionale e le condizioni di lavoro

Dal 2012 è in vigore il Contratto collettivo nazionale per il personale a prestito. Questo contratto è di obbligatorietà generale e quindi deve essere applicato a tutti i lavoratori che sottostanno a un contratto di lavoro con un’agenzia interinale. Il contratto considera le pratiche settoriali per tutti i Ccl di obbligatorietà generale e di alcuni Ccl aziendali; questo significa che i lavoratori interinali che operano in questi ambiti hanno diritto alle condizioni di lavoro dei colleghi con i quali lavorano. Per i lavoratori interinali impiegati in alcuni settori (industria chimico-farmaceutica, meccanica, grafica, orologiera, alimentare, trasporti pubblici) non sono invece previsti salari minimi. In tutti gli altri casi valgono le condizioni minime del Ccl nazionale per il personale a prestito.

Ciò significa che una parte dei lavoratori interinali, a parità di mansioni, non beneficia delle stesse condizioni di lavoro dei colleghi con i quali collabora ogni giorno. A questo va aggiunto che la loro prospettiva di lavoro è a breve termine.
Il contratto nazionale ha comunque portato importanti benefici ai lavoratori a prestito. Tra questi figura Temptraining, che dà la possibilità di ricevere un finanziamento per la formazione: un elemento essenziale per pensare di costruirsi un futuro professionale solido.

Quando le imprese ne abusano

Sono emersi numerosi casi di uso spregiudicato delle possibilità che le norme attualmente in vigore consentono, ciò che suggerisce la necessità di un intervento a livello legislativo e contrattuale. In molte aziende gli stessi impiegati operano come interinali per molti anni, con rinnovi periodici del mandato. Inoltre, spesso, la quota di lavoratori interinali è molto alta, in alcuni casi limite, la totalità dei lavoratori viene “presa in prestito” da un’agenzia. Accade anche che lavoratori dipendenti vengano licenziati e riassunti dalla stessa azienda, ma per il tramite di un’agenzia interinale.

L’impegno per la formazione dei lavoratori è oneroso, per questo alcune aziende giungono a fare accordi informali con le agenzie interinali perché alcuni lavoratori, stimati e formati per svolgere una certa mansione in azienda, nei periodi nei quali il loro contributo non è necessario, non vengano collocati presso altri datori di lavoro. Si tratta di un accordo a costo zero sia per l’azienda sia per l’agenzia interinale, ma non certo per i lavoratori che pagano il prezzo della loro efficienza con periodi obbligati di inattività e con la disoccupazione.

Le conseguenze della precarietà

Le lavoratrici e i lavoratori si trovano nella situazione di dover accettare un lavoro atipico precario per mancanza di alternative. Questo li mette in una posizione di svantaggio già di partenza. Ciò che è precluso ai lavoratori precari è soprattutto la prospettiva di una vita economica sicura. Questo aspetto incide sulla loro qualità di vita, ma anche su fattori che determinano la possibilità di una progettualità per il futuro: una famiglia, una casa, una carriera lavorativa, la pensione.

Vita lavorativa e sicurezza economica

Essendo queste figure facilmente sostituibili, godono di un potere decisionale e di negoziazione ridotti, o persino nulli e hanno limitate possibilità di crescita professionale e di perfezionamento; non hanno infatti accesso a programmi di formazione continua e non tutti possono assumersi gli oneri, in termini di tempo e di costo, della formazione. Non è sorprendente che questi aspetti conducano chi si trova in una situazione di questo tipo a sentirsi frustrato e ad essere poco motivato a svolgere il suo lavoro.
Con il contratto nazionale, come detto, i lavoratori interinali possono beneficiare di fondi da dedicare al perfezionamento professionale. È importante puntare su questo obiettivo per tutti i lavoratori precari, specialmente per tenere il passo con l’innovazione che richiede un continuo aggiornamento delle proprie competenze.

Il lavoro precario porta troppo spesso alla povertà: si hanno risorse appena o solo parzialmente sufficienti per far fronte alle proprie esigenze e a quelle della propria famiglia; tuttavia quando il lavoro si riduce, viene sospeso o perso, si cade immediatamente nel baratro dell’indigenza: non si riescono più a pagare le fatture e bisogna ridurre al lumicino i consumi, anche alimentari, sanitari e di formazione.

Secondo l’Ufficio federale di statistica, nel 2014 in Svizzera il 3,3% delle persone professionalmente attive si trovava in una situazione di povertà e l’8,1% si trovava invece in una situazione di rischio di povertà, guadagnava cioè il 60% del reddito mediano disponibile.

L’insicurezza economica nel corso della vita attiva incide inevitabilmente anche sulla pensione, momento in cui la situazione rischia di aggravarsi ulteriormente: i lavoratori precari spesso non hanno una copertura previdenziale sufficiente.

Sicurezza sul lavoro e salute

Secondo la Suva i lavoratori precari, ed in particolare gli interinali, formano una categoria professionale con un rischio di infortunio ben superiore alla media. Tra il 2006 e il 2015 i casi di infortunio registrati dalla Suva in Svizzera per il personale a prestito sono stati in media 179 all’anno ogni mille unità lavorative a tempo pieno, mentre quelli totali erano solo 94 all’anno.

L’Istituto assicurativo spiega che spesso il personale a prestito, proprio perché ingaggiato per un lasso di tempo relativamente breve, non conosce bene il luogo di lavoro ed è per questo soggetto a un rischio di infortunio maggiore. Questa situazione è spesso accompagnata da una mancanza di informazioni da parte delle imprese che non intraprendono infatti sforzi per integrarli o informarli riguardo alle caratteristiche del luogo di lavoro, le mansioni e le disposizioni di sicurezza. 

Tra i lavoratori precari si riscontra uno stato di salute più problematico rispetto agli altri lavoratori. Un’analisi dei dati dell’Indagine sulla salute in Svizzera del 2012, condotta dall’Ufficio federale di statistica, rivela che i precari danno una valutazione negativa della propria salute, soffrono maggiormente di disturbi come debolezza, insonnia e mal di testa; si sentono più spesso nervosi, esausti, stanchi e pensano più spesso al suicidio. Inoltre, fanno un uso più elevato di farmaci come sonniferi e antidepressivi. Secondo altri studi, i lavoratori temporanei, manifestano più spesso il fenomeno del cosiddetto “presenteismo”: vengono cioè al lavoro anche se malati, per paura di essere licenziati.

Precarietà e isolamento

La precarietà che talvolta accompagna lo statuto di lavoratore temporaneo interinale può condurre all’isolamento sia di natura sociale che civile.  Un sondaggio condotto da un gruppo di ricerca dell’Unione europea sulla precarietà e l’integrazione sociale, rivela che persone in una situazione precaria hanno meno contatti sociali e si sentono più isolate rispetto alla comunità in cui vivono. Inoltre, a causa proprio dei problemi finanziari, nutrono più spesso insoddisfazione nei confronti della vita sociale e famigliare. Questo può condurre anche a una diminuzione degli atteggiamenti solidali.

Il sindacato ha il compito di arginare questo isolamento incoraggiando e sostenendo i lavoratori, quando vivono disagi e difficoltà nel lavoro. Troppo spesso si esclude la fiducia nei rapporti e ci si concepisce soli di fronte al datore di lavoro. Per questo l’impegno dell’OCST vuole combattere la paura, infondere coraggio e incentivare relazioni di solidarietà con e tra i lavoratori e le lavoratrici.
Una società sana deve salvaguardare il valore del lavoro inteso come strumento per promuovere l’emancipazione e la dignità della persona scongiurando il rischio di degenerare in un’esperienza avvilente che conduca a situazioni di frustrazione, insoddisfazione, fragilità o che incoraggi il ricorso a forme di assistenza.

Proposte di lavoro

Ciò su cui l’OCST intende insistere ed ha già iniziato a lavorare, è l’aumento delle protezioni a livello contrattuale per arginare la precarietà.

Lotta alla precarietà e alla sottoccupazione

Limiti alla possibilità di frazionamento del tempo di lavoro: il frazionamento del tempo di lavoro è una forma di sfruttamento che deve essere arginata. Permette all’azienda di assicurarsi la presenza di lavoratrici e lavoratori solo nei periodi di punta, lasciando libere e non remunerate alcune ore in mezzo alla giornata. La mancanza di continuità e, spesso, di programmazione, impedisce di poter svolgere un altro lavoro o di poter organizzare agevolmente la propria vita familiare. L’OCST punta ad inserire, come nel contratto della vendita, delle norme volte a limitare questo fenomeno. In particolare il divieto di frammentazione quando il tempo di lavoro è inferiore al 50%.

Limitazione dei contratti a ore e su chiamata: il contratto a ore e su chiamata è un’altra forma di precarietà troppo diffusa e non solo per chi è impiegato poche ore alla settimana. Questo tipo di rapporto di lavoro è troppo penalizzante e va evitato nella misura del possibile.

Giustificazione dei contratti a tempo parziale: in alcuni settori, per esempio l’edilizia e l’artigianato, è opportuno chiedere una giustificazione per la stipula di contratti a tempo parziale. Come detto, infatti, spesso il contratto a tempo parziale maschera un abuso: il lavoratore è impiegato a tempo pieno, ma riceve solo una parte del salario.

Regolamentazione degli stage: è importante stabilire delle regole che definiscano i limiti entro i quali si svolge uno stage; profilo del candidato, durata, condizioni.

Diritto alla formazione lungo tutta la vita lavorativa: il sindacato chiede che siano garantite ai lavoratori interinali o occupati a tempo parziale/a ore le opportunità di frequentare corsi di formazione continua. Questo diritto, che impegna anche il datore di lavoro, è un fattore di protezione del lavoratore e una condizione necessaria per rimanere ancorati al mondo del lavoro.
Combattere gli abusi: l’OCST continuerà nel suo impegno anche in questo ambito, perché la legge prevede delle protezioni con il fine di evitare che il rischio aziendale ricada sulle spalle dei lavoratori.

Arginamento della diffusione abusiva del lavoro interinale

Tetto massimo di lavoratori interinali in azienda: il lavoro interinale ha lo scopo di consentire alle aziende di gestire le fluttuazioni di lavoro. Non è quindi accettabile che un’impresa impieghi lavoratori soprattutto o solo tramite le agenzie interinali.
Stesse condizioni salariali e di lavoro: i lavoratori interinali non beneficiano sempre delle stesse condizioni salariali e di lavoro dei colleghi assunti dall’azienda, quanto a salario, indennità. Sebbene il contratto nazionale offra un buon livello di protezione, bisogna raggiungere questo obiettivo per tutti.

Evitare la sostituzione di lavoratori assunti con lavoratori interinali: è sempre più frequente la pratica di licenziare lavoratori con un contratto per sostituirli con interinali. A volte addirittura lo stesso lavoratore viene licenziato e assunto subito dopo tramite l’agenzia interinale. Per questo l’OCST chiede il blocco delle assunzioni di lavoratori interinali per un periodo dopo il licenziamento di un lavoratore con un contratto a tempo determinato o indeterminato.

Indennità per i periodi di inattività: con l’assunzione l’azienda si assume dei precisi obblighi nei confronti del lavoratore. Nel rapporto di lavoro a prestito questo viene a cadere: né l’azienda, né l’agenzia si fanno carico dei periodi nei quali il lavoro manca. È facile quindi che si attivino dei circoli viziosi nei quali le aziende chiamano i lavoratori solo quando hanno bisogno e l’agenzia evita di impiegarli presso altri datori di lavoro per tenerli sempre a disposizione. Per evitare che i periodi di attesa debbano essere compensati solo dalla collettività, l’OCST propone di introdurre un’indennità che compensi i periodi di inattività da versare ai lavoratori dipendenti dalle agenzie interinali.

Conclusione

La nostra economia ha privato troppe lavoratrici e troppi lavoratori della sicurezza necessaria per vivere serenamente il presente e per pensare con fiducia al futuro. Nel fare questo ha caricato sulle spalle della collettività i costi del disagio economico e sociale e della salute. Ha privato inoltre l’economia di una fetta importante di consumatori togliendole lo spunto necessario per generare una crescita salda e duratura.

L’OCST chiama in causa i datori di lavoro affinché assicurino un’adeguata tutela dei lavoratori contro indebite pressioni e forme di ostilità o di emarginazione. La responsabilità sociale delle imprese si concretizza anche costruendo un ambiente di collaborazione con i dipendenti.

Le parti sociali devono infine, discutere misure concrete che possano frenare lo sfruttamento, che siano concepite per far beneficiare della flessibilità anche le lavoratrici e i lavoratori e per arginare la concorrenza sleale tra le imprese.

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