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L'OSPITE"Prima i nostri", ennesimo tentativo di mettere residenti contro frontalieri

27.09.16 - 21:35
Partito Democratico in Ticino
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"Prima i nostri", ennesimo tentativo di mettere residenti contro frontalieri
Partito Democratico in Ticino

Il voto referendario espresso in Ticino il 25 settembre, sul quesito "prima i nostri", rappresenta solo l’ennesimo tentativo di esacerbare gli animi tra la popolazione residente e i lavoratori frontalieri italiani, che ogni giorno varcano il confine, e non produce alcun beneficio per i residenti né effetti reali sui lavoratori frontalieri.

È comprensibile la preoccupazione di chi teme possa non trovare un posto di lavoro per se o per i propri figli. Nel contesto nazionale svizzero il canton Ticino, per alcuni, versi è considerato come una delle aree geografiche della Confederazione subordinata all’economia di Zurigo e Basilea e alle piazze diplomatiche di Berna e Ginevra. Tuttavia, affrontare in maniera semplicistica un tema serio come quello dell’occupazione, nel modo proposto nel quesito referendario, è qualcosa di estremamente scorretto, perché traspare di frustrazioni, eccessiva intolleranza e apatia verso quella categoria di persone corteggiate e sacrificate alla contingenza economica.

I proclami utili a vendere illusioni creano solo problemi ingovernabili, come quelli già causati dal referendum del 9 febbraio 2014 sulla libera circolazione dei cittadini comunitari alla cui soluzione legislativa il governo elvetico, causa anche l’allora risultato ticinese, non riesce ancora a trovare una formulazione nel Consiglio federale ed un accordo adeguato con l’Unione europea.

Ma la politica dell’illusione ha il suo perché! L’idea di aizzare parte della popolazione ticinese, puntando il dito contro i lavoratori italiani, non fa altro che discriminare una parte cospicua di forza lavoro e facilitare il gioco di chi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità in merito alla deregolamentazione del mercato del lavoro.

I due partiti di maggioranza ticinesi, La lega dei ticinesi e i liberali, fanno leva proprio sul clima di odio per preservare da una parte i propri interessi e consentire così (tacitamente) il dumping salariale, dall’altra giustificandolo con un fantomatico vuoto legislativo circa l’applicazione delle loro mirabolanti “ricette”.

La politica italiana di fronte a queste insofferenze ticinesi è quindi chiamata a difendere non solo gli interessi legittimi dei lavoratori frontalieri, ma anche e soprattutto il loro diritto a non essere odiati. La Lombardia – che tuttavia è governata da forze analoghe a quelle che hanno promosso il referendum – dovrà fare ogni sforzo per instaurare un proficuo e stabile dialogo teso a governare i processi sociali cum grano salis. Auspichiamo che queste forze politiche della regione Insubrica riescano finalmente a ragionare e a creare le condizioni per praticare una realpolitik, diversa dalla pratica populista rivolta più alla pancia e meno alla ragione.

Il Partito Democratico del Canton Ticino e il in PD Svizzera, oltre a manifestare forte scontento sull’esito uscito dalle urne, che reputiamo un forte campanello d’allarme nei rapporti tra stati per la messa in discussione della convivenza tra i residenti e i lavoratori frontalieri, ribadiamo la nostra continua disponibilità ad affrontare questo problema, perché siamo convinti che il populismo non rappresenti una seria risposta ai problemi e alle sfide, che questa società globalizzata ci sta ponendo. Perciò sottolineiamo volentieri quanto espresso dal ministro degli esteri Paolo Gentiloni ”Con la discriminazione dei frontalieri italiani salta l’intesa con l’Ue”.

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