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L'OSPITEQuando morire è una colpa (fiscale)

05.05.15 - 21:00
Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio Cantone Ticino
Quando morire è una colpa (fiscale)
Luca Albertoni, direttore della Camera di Commercio Cantone Ticino

Dopo la sbornia elettorale cantonale, eccoci di nuovo in pista per un’altra tornata, questa volta di votazioni. In giugno dovremo esprimerci su un oggetto federale particolarmente insidioso: l’iniziativa che mira a introdurre un’imposta federale sulle successioni oltre i due milioni di franchi e le donazioni oltre i 20’000 franchi con un tasso unico del 20%.

In un colpo solo, essa limiterebbe le competenze cantonali e il federalismo fiscale, renderebbe molto più difficile la successione aziendale e metterebbe i discendenti diretti sullo stesso livello di terzi non membri della famiglia. La proposta è talmente vessatoria, che nemmeno gli iniziativisti sembrano crederci più di tanto, forse perché si sono accorti che l’imposta non toccherebbe solo i brutti, sporchi e cattivi capitalisti, ma anche molte famiglie della loro parte politica. Tanto che si può legittimamente considerarla come una semplice sparata demagogica che rientra in un disegno più ampio volto a smontare vari capisaldi del sistema elvetico (federalismo fiscale, certezza del diritto ecc.).

Le altre tappe del medesimo disegno (ricordiamo, fra le altre, le votazioni 1 a 12 e sul salario minimo federali di 4’000 franchi) sono già state spazzate via, l’auspicio è che anche questa proposta iniqua subisca lo stesso destino. Basti pensare infatti che non sarebbero rari i casi, e non mi riferisco solo alle aziende, nei quali gli eredi dovrebbero vendere immobili ereditati per pagare l’imposta di successione. Oppure aumentare il carico ipotecario per mantenere il bene. Cioé indebitarsi per pagare le imposte, perché si andrebbe a colpire una terza volta con l’imposizione fiscale qualcosa che è già stato oggetto delle attenzioni del fisco con l’imposta sul reddito e quella sulla sostanza. E sull’eredità si continuerebbe comunque a pagare le imposte dopo la successione, come del resto accade oggi. Quindi l’iniziativa non andrebbe a colmare una lacuna di substrato che sfugge al fisco, bensì tasserebbe ulteriormente qualcosa per cui si è già pagato.

Inoltre, le soglie previste (due milioni di franchi per le eredità, 20’000 franchi per le donazioni) non mitigano l’impressione di volontà sanzionatoria e confiscatoria, visto che si tratta di valori raggiunti facilmente anche quando non si è milionari ma si gestisce ad esempio una piccola impresa, perché fra terreno, stabile, macchinari e attrezzature varie il calcolo è presto fatto. Il meccanismo di imporre fiscalmente l’evento della morte, a cui non dovrebbe sfuggire nessuno di noi (tranne forse qualche politico), piace perché è di facile attuazione e alimenta senza sforzi particolari le voraci velleità di chi considera la proprietà privata un furto e il benessere economico individuale immorale. Perché di questo si tratta, al di là delle belle parole sulla destinazione di quanto raccolto alle casse dell’AVS. Se poi aggiungiamo che la misura è pure retroattiva, vero pugno in faccia al nostro sistema giuridico-istituzionale, allora non si può che stigmatizzare il fatto che si punisca fiscalmente il solo fatto di morire, rispettivamente che si consideri immorale il fatto che i discendenti diretti possano ereditare senza balzelli qualcosa su cui comunque si è già versato un importante tributo all’erario.

Per quanto riguarda lo specifico delle aziende, fa sorridere amaro il fatto che tutti i politici, sinistra compresa, si riempiano la bocca di preoccupazione per la successione aziendale, salvo poi estrarre dal cappello proposte del genere che in molti casi rendono illusoria proprio quello che si vuole salvare. Idee chiare e coerenza, non c’è che dire…

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