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Warhaus: in profondità, nelle fasi del desiderio

BELGIOWarhaus: in profondità, nelle fasi del desiderio

12.09.16 - 06:00
Warhaus, ossia Maarten Devoldere, vocalist (con Jinte Deprez) del combo belga Balthazar, narra la genesi del suo primo album da solista, “We Fucked A Flame Into Being” (PIAS, 2 settembre 2016)
FOTO TITUS SIMOENS
Maarten Devoldere, alias Warhaus, 29 anni.
Maarten Devoldere, alias Warhaus, 29 anni.
Warhaus: in profondità, nelle fasi del desiderio
Warhaus, ossia Maarten Devoldere, vocalist (con Jinte Deprez) del combo belga Balthazar, narra la genesi del suo primo album da solista, “We Fucked A Flame Into Being” (PIAS, 2 settembre 2016)

GAND - Dieci tracce ammalianti, messe a punto dentro la densa oscurità della notte. Pochi e flebili i bagliori che, solo a tratti, la trafiggono. Così, come la vocalità baritonale, quasi ipnotica, di Devoldere. Di Devoldere che scandaglia la progressione, le fasi - intense, fervide, decadenti - del desiderio.

Maarten, perché la scelta di un disco da solista?

«Lavoravo a questo progetto da anni. L’embrione di alcune canzoni, per dirti, risale al 2010-2011: ho incominciato ad abbozzare i primi versi, le prime strofe, subito dopo la pubblicazione del primo album dei Balthazar,  “Applause” (Munich Reocords, 2010)».

A scanso di equivoci, Warhaus è un progetto parallelo, giusto?  

«Certo».

Sai, in questi casi, nutrire qualche dubbio sul futuro del gruppo-madre, è inevitabile…

«Capisco, ma questo album è costruito su schemi differenti, provenienti da unico pensiero, difficilmente collocabili nella dinamica dei Balthazar… Tutto qui…».

Perché Warhaus?

«Ho trovato questo termine inciso nel legno, all’interno di una piccola imbarcazione che ho noleggiato qui a Gand nell’estate 2015 per portare a termine le registrazioni dell’album. Devo confessarti che non ne conosco il significato, ma mi piaceva il suono, l’accostamento delle sillabe…».

Raccontami il concepimento dell’album...

«Il disco contiene la mia vita, le mie relazioni… È un diario, un diario molto intimo…».

Vuoi entrare nel dettaglio delle recording session?

«Ho incominciato a imprimere le idee su nastro negli istanti in cui venivano alla luce gli embrioni dei brani, di conseguenza una parte delle registrazioni risale anche al 2010-2011. Alcune di esse sono state effettuate all’interno del mio appartamento a Bruxelles, altre qui a Gand, a casa, e - come puoi vedere nel documentario “I’m Not Him” di Wouter Bouvijn  (in rete da qualche giorno, ndr) - a bordo della barca di cui ti parlavo poco fa. In studio, devo dire, per questo disco, sono entrato poche volte… Ho fatto largo uso di campionamenti, coinvolgendo nel contempo diversi musicisti, tra i quali figurano anche Simon Casier (basso) e Michiel Balcaen (batteria)».

Il titolo del disco, “We Fucked A Flame Into Being”, è una citazione tratta dal romanzo “Lady Chatterley’s Lover” (“L’amante di Lady Chatterley”, 1928) di D.H. Lawrence...

«Avevo scelto il titolo dell'album già prima di avere messo a punto anche una sola canzone: ho letto il romanzo a diciotto anni e da quegli istanti, devo dire, che quel particolare passaggio ha continuato incessantemente a frullarmi in testa...».

Quali le maggiori influenze musicali confluite nel disco?

«Leonard Cohen, Serge Gainsbourg e Lou Reed...».

 

 

 

 

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