Cerca e trova immobili

RALLYMessico: quando il rally diventa una fiesta popolare

25.06.15 - 04:22
Convinti che l’ambiente rallystico trovi il suo culmine nei paesi scandinavi? Allora lasciatevi sorprendere.
Messico: quando il rally diventa una fiesta popolare
Convinti che l’ambiente rallystico trovi il suo culmine nei paesi scandinavi? Allora lasciatevi sorprendere.

Era solo giovedì sera, ma sembrava già di essere nel pieno dell’azione. Quando arrivo a Guanajuato, in una delle zone più centrali del Messico, il sole è calato da qualche ora e la luna piena già alta dona da sola un’atmosfera magica a questa pittoresca cittadina. Si percepisce che è in corso qualcosa di importante sin dalle mura delle città: molte persone a bordo strada, ambiente festoso, città addobbata. Qualche festività religiosa o un’importante ricorrenza politica? Niente di tutto questo. Il motivo per cui quasi tutti i 70’000 abitanti si sono riversati fuori dalle strade si chiama: Rally.

Il primo appuntamento del mondiale che ho seguito in vita mia è stato in Spagna, nel 2011. Oltre a ricordarmi quanto velocemente passa il tempo, non era uno dei periodi più eccitanti del WRC. Due anni più tardi debuttò Volkswagen, quindi decisi di andare in quella che può essere considerata la mecca della disciplina: la Finlandia. Ne rimasi letteralmente folgorato per l’ambiente e per l’importanza che gli si attribuiva. Non per nulla è il secondo sport più seguito della nazione dopo l’Hockey. Però anche l’anno successivo in Portogallo, quando ero andato a dare un’occhiata al lavoro dell’allora debuttante Hyundai, gli appassionati e la consapevolezza dell’importanza turistica ed economica di un evento di questa portata non mancavano di certo.

Convinto di aver visto tutto, approdo in Messico con l’intento di godermi gli spettacolari scenari e in particolare di seguire il team tecnico di Volkswagen Motorsport alle prese con le difficoltà relative all’altitudine (si arriva fino a 2’752 metri), a causa della quale i motori hanno un apporto minore di ossigeno le cui conseguenze si traducono in una combustione meno efficiente nonché nel rischio di un eccessiva sollecitazione del turbocompressore a causa della minore densità dell’aria all’interno dello stesso. Aspetti che ovviamente vengono gestiti con la solita ed impeccabile maestria di chi in quel momento ha centrato 22 vittorie su 26 rally disputati, godendo così di una vettura (la Polo WRC) con una percentuale di vittorie addirittura superiore rispetto ad un mostro sacro come la Lancia Delta. Però, oltre a questo, ho trovato un pubblico e una percezione della competizione ancora diversa rispetto a quella che avevo già vissuto in precedenza.

Quel giovedì sera le vetture hanno sfrecciato all’interno del centro storico della cittadina patrimonio dell’UNESCO, tra i numerosi tunnel sotterranei e la scenografica policromia degli edifici. Immagini e riprese che ovviamente sono finite in televisione, sui social network, sulla carta stampata di mezzo mondo e in rete: una promozione turistica davvero impagabile. Al passaggio di qualsiasi automobile, non importa se si trattasse del campione del mondo Ogier o di un pilota amatoriale venuto da lontano, il pubblico esultava e si godeva lo spettacolo. La differenza rispetto alla Finlandia è che se il numeroso pubblico era principalmente composto dai tanti appassionati della disciplina, in Messico l’arrivo di una manifestazione di tale portata è diventata la scusa per dare il via ad una vera e propria festa popolare la quale si articola sia prima che dopo il passaggio delle vetture: un susseguirsi di palchi per i concerti, di griglie roventi e bar mobili per rifocillarsi, di mercati in cui si vende di tutto e di più. Anche volendo non v’era il tempo tecnico per vedere tutto in una sera. E la festa, per residenti e non, andava avanti fino a notte fonda. Proprio come vuole la tradizione messicana.

Gli appassionati, quelli veri e in maggioranza stranieri, appaiono il sabato lungo le impervie strade della SS12 “Otates” ad oltre 2’500 metri di quota. Una lunga trasferta (o una fresca notte in tenda) per attendere il passaggio delle vetture e mangiare un bel po’ di polvere. Il Rally al 100%. Nel pomeriggio ritorniamo in pianura (a 1’800 metri) a “El Brinco”, uno spettacolare salto di 20-30 metri che i piloti più veloci affrontano a 140 all’ora prima di immettersi in una curva a sinistra. E qui ritroviamo il pubblico che qualche giorno prima abbiamo visto a Guanajuato. Sono qua sin dal mattino perché anche quest’area si è trasformata in un vero e proprio villaggio festivo con musica, animazione e grigliate che vanno avanti fino a sera. Ognuno è attrezzato con ciò che può e in men che non si dica un gruppo di cinque amici si trasforma in uno di trenta in cui si amalgamano uomini, donne, bambini, anziani e poliziotti. Perché il rally in fin dei conti, almeno qui, è visto come un vero aggregante sociale. Uno sport che non divide ma che unisce. E non è che durante il resto dell’anno a Leon non ci sia nulla da fare, semplicemente sarebbe peccato non farsi prendere dall’entusiasmo nell’apprezzare che una tappa mondiale passi proprio di fronte alla tua porta di casa. Con tanto di pubblico da stadio alla premiazione e fuochi d’artificio. Mancava solo la pattuglia acrobatica nazionale ed il quadro sarebbe stato davvero completo. E il fatto che scriva di una rally svoltosi a marzo a pochi giorni dall’inizio di quello nostrano non è un caso, ma uno spunto di riflessione. Per tutti.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE