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PROVA SU STRADAAudi RS4: scontro tra generazioni

27.05.13 - 13:45
Un modello, tre generazioni, una delle nostre strade preferite e un tempo adatto a mettere sotto torchio queste "quattro". L’obiettivo? Scoprire qual è la migliore.
Davide Saporiti/Diego Cassetta
Audi RS4: scontro tra generazioni
Un modello, tre generazioni, una delle nostre strade preferite e un tempo adatto a mettere sotto torchio queste "quattro". L’obiettivo? Scoprire qual è la migliore.

TEMPO DA “QUATTRO” - Raggruppare diverse generazioni della stessa automobile è sempre altamente affascinante, non solo perché in questi casi si è riusciti a concretizzare quello che solitamente si sogna sfogliando le riviste più blasonate, ma perché sembra davvero che il tempo si sia fermato. Per quanto spiacevole, il fatto che pure il tempo (inteso come meteorologico) si fosse soffermato sulla modalità pioggia non ci stava preoccupando più di tanto. Dopotutto non ci siamo ritrovati ai piedi di una delle nostre strade preferite per mettere a confronto delle biposto scoperte, bensì tutte e tre le generazioni dell’Audi RS4, dalla prima all’ultima. Una condizione ideale per la trazione “quattro”, comune denominatore tra le parenti-sfidanti.

TRE GENERAZIONI, DUE CONCETTI - Raggruppate sotto la pioggia, le differenze cromatiche che le separano non potevano che essere più azzeccate: lo sfavillante “Blu Nogaro” della prima generazione richiama innegabilmente gli anni ’90, periodo storico in cui la casa dei quattro anelli si era in brevissimo tempo consolidata nel settore delle familiari sportive, spesso e volentieri nella livrea “Blu RS”, come la nota S6 Plus o l’indimenticata Audi-Porsche RS2. È proprio a quest’ultima che la prima generazione sembra avvicinarsi maggiormente, non da ultimo per il motore sovralimentato, scomparso nelle due successive generazioni. Queste sono infatti radunate nei colori più scuri: sicuramente un indicatore della vicinanza tecnica del propulsore, ma anche del maggiore “grigiore” alla guida? Questo è proprio quello che vogliamo verificare.

LA PRIMA: VIOLENTA E AVANGUARDISTA - Non avendola mai guidata prima d’ora, avvicinarmi alla prima generazione (B5 per gli amici) rappresenta per me anche la realizzazione di un sogno riposto nel cassetto da molto tempo. Ero da sempre affascinato dal suo perfetto equilibrio tra gli accenti sportivi quali il voluminoso paraurti anteriore o le carreggiate sensualmente allargate per far spazio ai cerchi da 18 pollici, privi di timore nel mostrare la sua potenza, accostati a quelli discreti come il doppio terminale di scarico che in un certo senso cercavano di celarla. La sensazione strana è che rispetto alle altre due sembra la più silenziosa e la più vellutata. Nessuna nota di scarico insistente, un sei cilindri corposo ai bassi regimi, dei materiali che ancora al giorno d’oggi potrebbero essere definiti di elevata qualità. La notevole quantità di carbonio che ricopre la plancia suggerisce però che la sua indole vorrebbe essere ben più spigliata della paciosa giardinetta che finora ha dimostrato di poter essere. Così, superati i 3'000 giri al minuto, il 2,7 litri a doppio turbo della S4 opportunamente modificato da Cosworth inizia a mostrare il suo brio, per poi scatenare tutti i 380 cavalli e i 440 Newtonmetri di coppia dai 4'000 in poi. È un propulsore infinito, che continua a lanciarsi senza sosta fino al limitatore indipendentemente dal fatto che siate in seconda o in quinta. L’intrigante sound metallico (ma forse un po’ troppo silenzioso) nonché il carattere e l’architettura del motore ricordano nemmeno troppo vagamente la Nissan GT-R, tanta è la foga con la quale si proietta all’orizzonte lasciandosi talvolta alle spalle anche le RS4 più recenti. Rispetto a queste ultime si prova un’insolita sensazione di compattezza del corpo vettura sebbene la corsa lunga del cambio, il pedale del freno un po’ spugnoso e lo sterzo leggero siano i tre aspetti che più di tutti ne rivelano l’età e ai quali bisogna abituarsi per far letteralmente volare questo vecchio capolavoro d’ingegneria. È subito evidente che una potenza del genere sarebbe problematica da scaricare al suolo con due ruote motrici, ed ecco che la trazione integrale diventa un’arma indispensabile. Unicamente la sua “testardaggine” nel ripartire la potenza in maniera esattamente simmetrica tra i due assi, e quindi lasciarsi ben presto andare al sottosterzo, rovinano un po’ il gioco, ma oltre una decina d'anni fa doveva essere davvero un’automobile impressionante, se considero quanto veloce riesce a essere ancor oggi sia nel misto veloce che in quello più stretto. Non mi meraviglia quindi scoprire che nei soli 13 mesi di produzione, il numero di esemplari venduti sia stato il doppio rispetto a quelli pianificati.

LA SECONDA: RIVOLUZIONE IN CASA AUDI - La seconda generazione, denominata B7, è tutto un altro pianeta. Sia da un punto di vista estetico, purtroppo molto più discreta e meno affascinante della precedente, sia da un punto di vista tecnico, che è quello che in quest’istante mi interessa di più. Ben avvolto nei scenografici sedili a guscio, premo immediatamente il tasto “S” per migliorare la risposta dell’acceleratore, aprire le valvole di scarico e appesantire lo sterzo. Già solamente uscendo dal posteggio, il sound corposo e cattivo del V8 mette un sorriso delle labbra anche a coloro che non sono particolarmente amanti dei motori aspirati. Questo, in ogni caso, sale bene e veloce, aiutato da un ottimo cambio manuale per gli standard Audi che si lascia maltrattare che è un piacere (speriamo che il proprietario non lo legga!). Un propulsore relativamente ruvido, da “vecchia scuola”, coinvolgente non solo per la timbrica e che nonostante tutto vanta una coppia ben spalmata lungo tutto l’arco del contagiri, cosicché si possono apprezzare le qualità dinamiche non solo spingendola al limite, ma anche trottando con passo allegro. Pur accusando la mancanza della cattiveria selvaggia e poco educata della prima generazione, anche lei è impressionante nel misto stretto. Qui il difetto della trazione integrale è stato risolto con una ripartizione 40/60 tra avantreno e retrotreno, la quale non dimentica di far sentire il suo intervento in curva, quando con l’acceleratore si riesce a spingerla all’interno della volta. Migliora anche notevolmente il collegamento che si riesce ad avere con la strada tenendo ben saldo un volante che ispira fiducia e affidandosi alla maggiore rigidità del telaio. Pur continuando a pensare che l’ideale sarebbe avere la combinazione di telaio, cambio e trazione integrale della B7 abbinata al propulsore della B5, mi chiedo davvero come si possa rendere più efficace di così un’automobile che già pesa 1'710 chili. Non proprio pochi.

LA TERZA: IL MOSTRO CHE NON T’ASPETTI - Rientrato piuttosto tiepidamente da una recente prova con una nuova RS6, afflitta da sovrappeso cronico, mi pervade il timore che anche l’ultima RS4, dall’alto dei suoi 1'870 chili, possa ugualmente smorzare il mio entusiasmo. Dovessi basare il giudizio sul puro piacere estetico, però, direi di no. L’ultima generazione rievoca un po’ la ricetta del passato: sono in particolare i passaruota molto vicini ai pneumatici e le carreggiate allargate ad entusiasmarmi. La caratterizzazione estetica è forte, vistosa, ma non priva di qualche svista come i due terminali di scarico posteriori ovali, che ad occhiata nemmeno troppo attenta si rivelano finti. All’interno manca un po’ di carbonio, un po’ di alluminio, anche se i tocchi sportivi per l’intenditore sono a portata di mano e di occhio, vedi il bellissimo volante e tra razze e il contagiri, la cui zona rossa comincia ben oltre quota 8’000. Un po' scettico sul fatto che l’ultima generazione possa risultare troppo simile alla precedente, la mia presa di contatto inizia tiepidamente in quanto non riesco a sentire il V8 mentre d’altro canto riesco a percepire la considerevole massa, la quale però scompare nel momento in cui si inizia a fare sul serio. Prima di tutto l’assetto è allo stato dell’arte, in quanto copia il manto stradale senza seguirne le imperfezioni nonostante i cerchioni da 20 pollici. Il volante a tre razze che tengo tra le mie mani, poi, è rapidissimo nel trasformare gli imput in inserimenti in curva rapidissimi, e sebbene l’avantreno non sia così reattivo come sperato, resta uno strumento di precisione degno di una Porsche 911. L’unico difetto dell’ultima RS4 è che – un po’ come su tutte le trazioni integrali – non si riesce esattamente a capire quanto margine vi sia prima di perdere l’aderenza. Poco male, visto che perderla sembra quasi impossibile, tanto è perfetta su quest'ultima. In grado di trasferire fino al 70% della potenza all’avantreno e l’85% al retrotreno, sottosterza solo se chi guida è indeciso. Anche quando si crede che le Pirelli PZero siano ormai giunte al loro limite, vale sempre la solita regola: anticipare le curve, “tenere giù” e non farsi pregare. In caso di bassa aderenza il posteriore parte più che volentieri per la tangente, ma i limiti della vettura sono talmente elevati che – credetemi – sono davvero rare le situazioni in cui persino il pilota più capace rinuncerebbe del tutto agli aiuti di guida. La nuova RS4 riesce a dominare la fisica più o meno come con una Nissan GT-R, con la differenza di essere più comoda e più sfruttabile nell’uso quotidiano, e in un certo senso più coinvolgente. Anche il propulsore, realizzato allo stato dell’arte, raggiunge la zona nobile del contagiri come un motore da corsa, urlando inferocito la sua sete di giri come poche altre volte mi è capitato di sentire. Quella offerta dalla nuova RS4 è un’esperienza di guida quasi surreale, trattandosi di una vettura familiare, oltretutto perché man mano che si procede nel tempo le sportive sembrano sempre diventare più insipide, meno interessanti e meno avvincenti. Ma questo non è il caso della RS4, che oltre a giustificare nettamente il passaggio dalla precedente generazione a quella attuale, fa quasi sembrare pochi i 102'600 franchi richiesti, accessori esclusi. E guardandomi attorno nel mercato dell’automobile odierno, sono giustificati fino all’ultimo centesimo.

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