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EUROPAFlessibilità europea sul lavoro

21.12.11 - 07:00
Secondo uno studio del Ceps
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Flessibilità europea sul lavoro
Secondo uno studio del Ceps

BRUXELLES – Il Ceps, Centre for European Policy Studies, ha monitorato gli stati del Vecchio Continente in materia di sicurezza della flessibilità sul lavoro, flexsecurity, tenendo conto di alcuni parametri importanti come: felssibilità dei contratti, strategie di lifelong learnign, sostegno a redditi bassi e famiglie. Il quadro che ne è uscito è diversificato e varia da stato a stato e da regione a regione.

La volontà è stata quella di sensibilizzare i governi e spingerli verso una direzione molto chiara: no alla polverizzazione dei contratti, ma sì ad un sistema di benefici per i disoccupati. No alla grande diversità tra i troppo e i poco o per nulla tutelati, con riferimento soprattutto alle caste ultraprotette a fronte invece di un mercato del lavoro, soprattutto giovanile molto più precario. Gli stati che ne escono meglio sono i paesi scandinavi nei quali la realtà è molto diversa rispetto al sud dell’Europa, Italia in testa.

Svezia, Norvegia, Danimarca hanno un alto grado di flessibilità per le assunzioni e per i licenziamenti, abbinata però spesso ad un forte grado di sicurezza e di aiuti per i senza lavoro, che vengono guidati soprattutto nel reinserimento nel mondo del lavoro. Non è una sorpresa che i tassi di disoccupazione nei paesi nordici siano molto bassi.

Anche il rapporto tra reddito dopo la perdita del posto di lavoro e stipendio percepito in precedenza, se in europa si attesta in media intorno al 55%, in Danimarca, per esempio, sale al 75%. Molto male Grecia e Italia, paesi nei quali il rapporto è intorno al 10% e mancano o sono molto carenti i percorsi formativi che traghettino i disoccupati ancora nel mondo del lavoro. Il merito dei paesi come la Danimarca è quello di avere ammortizzatori sociali che arrivano fino al 90% dello stipendio e di incentivare la ripresa del lavoro con ogni mezzo. Cose, queste, che mancano in Grecia, Italia e Spagna.

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