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Rinasce Thief, una delle serie stealth più celebri di sempre, grazie all’ottimo lavoro di Eidos Montréal
MONTREAL - Il reboot, che in campo videoludico è l'equivalente dal remake cinematografico, di questi tempi va molto di moda. Si prende un game di successo, ma di ere geologiche addietro, e lo si riadatta alle attuali potenzialità delle nuove console, con lo scopo di attirare vecchi fan e nuovi adepti. Ma l'operazione, al di là dello spunto commerciale, se messa in atto con stile può dare grandi soddisfazioni: è il caso di Thief, una delle serie stealth più amate di sempre (conta tre episodi tra il 1998 e il 2004), rinata grazie alle sapienti mani di Eidos Montréal (Deus Ex: Human Revolution).
Dell'originale restano ispirazione, atmosfere e il tenebroso (anti)eroe Garrett, di professione ladro provetto, finito al centro di un misterioso complotto orchestrato dal potente Barone, padrone della città. Anzi Città: così si chiama, The City, fulcro e reale protagonista del gioco, un cupo e vittoriano agglomerato urbano, dominato da una perenne foschia, in cui le luci fioche sembrano fantasmi a guardia di ottocentesche costruzioni. Qui si muove Garrett, alle prese con una serie di missioni la cui riuscita, va da sé, coinciderà con l'abilità del giocatore di sapersi mischiare alle ombre.
Thief, come si diceva, è un videogioco stealth, che lascia la libertà al gamer di scegliere quale strategia adottare, ma che lo obbliga all'arte del silenzio e del mimetismo. Non che il buon Garrett sia un pacifista, anzi il nostro possiede un abbondante scorta di micidiali dardi di varia natura più che utili all'occorrenza, ma in generale lo scontro fisico è fortemente sconsigliato. E d'altra parte la bellezza di Thief, grazie anche uno sviluppo tecnico eccellente, sta proprio nella capacità di immergere il giocatore nelle sue atmosfere e invitarlo a perdersi nei vicoli della Città per rubarne i misteri.
