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ITALIARita Pavone tra i "musicarelli" e Togliatti

21.11.16 - 16:37
La cantante è una delle protagoniste di "Nessuno ci può giudicare" di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, passato al Torino Film Festival
Rita Pavone tra i "musicarelli" e Togliatti
La cantante è una delle protagoniste di "Nessuno ci può giudicare" di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, passato al Torino Film Festival

TORINO - «Togliatti era un mio ammiratore. Una simpatia, la sua, che mi creò problemi per un viaggio negli Usa. Mi chiamarono all'ambasciata per il visto e mi chiesero se per caso fossi comunista. Dovettero intervenire i miei genitori, che votavano Dc, per chiarire tutto». Così Rita Pavone, una delle protagoniste di "Nessuno ci può giudicare" di Steve Della Casa e Chiara Ronchini, passato al Torino Film Festival.

La pellicola racconta di un fenomeno: i cosiddetti "musicarelli". Ovvero film, realizzati spesso in sole due settimane, che nascevano intorno a una canzone di successo e avevano come protagonisti artisti italiani del momento come Caterina Caselli, Celentano, Mina, Tony Dallara e Gianni Morandi.

Un fenomeno, quello dei "musicarelli" dai titoli come "Una lacrima sul viso" o "Non son degno di te", durato dal '58 al '67 e dalle uova d'oro dal punto di vista del box office: alcuni film incassarono ben due miliardi di lire e aiutarono a salvare produttori del calibro di Goffredo Lombardo della Titanus che si era rovinato con "Il gattopardo".

Tra interviste a protagonisti di quell'epoca e brani di repertorio, il documentario ci porta fin dentro quell'Italia del secondo dopoguerra e del miracolo economico. Un Paese che inizia lentamente a cambiare, influenzato dalla musica e dalla cultura anglosassone e dalla rivoluzione beat, anticipatrice del '68. "Quando sono venuto in Italia - dice Shel Shapiro, ex leader dei Rokes - il vostro era un paese che vestiva in bianco e nero. Noi abbiamo portato il colore".

Tra interviste inedite, oltre che alla Pavone, a Caterina Caselli, Shapiro, Mal, Ricky Gianco, Gianni Pettenati, Piero Vivarelli e Massimo Scarafoni, e spezzoni di film, Steve Della Casa ci porta fino al quel 1968 che vide l'avvento del cantautorato che spense, di botto, il successo di molti cantanti pop.

«Soffrii molto all'epoca - dice la Pavone -, ma non mi sembrava giusto fare la cantante impegnata una volta che avevo avuto successo e guadagnato tanti soldi. Eppure quella realtà la conoscevo bene, mio padre era un operaio Fiat». E ancora la Pavone: «Io e Morandi, che venivamo da famiglie dignitosamente povere, ci ritrovammo allora sballati nel mezzo di tutto questo, non essendo né carne né pesce».

Per l'attrice, cantante e showgirl naturalizzata svizzera (classe 1945), una grande voglia ora di interpretare un ruolo drammatico: «Vorrei tanto farlo sul grande schermo, ma per ora ci sono riuscita solo a teatro. Mi volevano in realtà dare un ruolo in "Adua e le compagne", ma poi mi dissero che il mio personaggio, la mia popolarità, erano troppo ingombranti perché la cosa funzionasse».

Spiega, infine, Steve Della Casa: «I "musicarelli" li vedevo all'epoca. Facevano parte di quella subcultura anche in qualche modo rivoluzionaria che ci ha traghettato fino al '68. Dentro c'era quella cultura giovanile, di rottura, rispetto a quella precedente che allora cambiò l'Italia».

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