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ZURIGOSuicidi, un'associazione per aiutare quelli che restano

02.10.14 - 05:57
Ogni giorno si suicidano dalle tre alle quattro persone nel nostro Paese. Una strage silenziosa e un trauma difficile da superare per i parenti. Barbara Schütz, presidente di Refugium, lancia un appello
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Suicidi, un'associazione per aiutare quelli che restano
Ogni giorno si suicidano dalle tre alle quattro persone nel nostro Paese. Una strage silenziosa e un trauma difficile da superare per i parenti. Barbara Schütz, presidente di Refugium, lancia un appello

ZURIGO - Ogni anno in Svizzera si contano circa 1.300 suicidi: dalle tre alle quattro persone si tolgono la vita ogni giorno. Una strage silenziosa, di cui si parla poco o per niente. In Svizzera si preferisce limitare il più possibile l'effetto emulazione, che potrebbe avere conseguenze ben peggiori. E allora si sceglie il silenzio. Un silenzio pesantissimo per i famigliari di chi sceglie di dire addio alla vita e al mondo. "Per ogni persona che si suicida vi sono almeno sei congiunti. Il numero è altissimo" ci dice Barbara Schütz, presidente di "Refugium", associazione nata a Berna nel 1997 grazie a un parroco di Muri bei Bern, il Dottor Ebo Aebischer, con lo scopo di aiutare i parenti e i compagni di persone che si sono suicidate a superare il trauma del lutto.

"Mio marito si è suicidato cinque anni fa. Le mie figlie erano ancora adolescenti" - ci confida la presidente - "La nostra associazione prevede incontri di gruppo mensili di autoaiuto in cui i partecipanti, dalle 6 alle 10 persone per gruppo, possono raccontare la propria situazione ed esperienza e confrontarsi con gli altri. Inoltre ci sono i colloqui "tandem", ossia: il parente o il compagno della persona suicida ha la possibilità di dialogare a tu per tu con una persona formata e solitamente volontaria". Le sedi di Refugium sono distribuite in diverse località della Svizzera Tedesca: "Gli incontri sono organizzati a Lucerna, Zugo, Zurigo, Berna, Burgdorf e la maggior parte delle persone che si rivolge a noi lo fa attraverso il nostro sito web". "Tutti coloro che perdono una persona cara la domanda che si pone è: adesso, cosa succede?", continua Schütz, presidente che vuole dare un rifugio, un'invisibile carezza a chi vuole trovare delle risposte, in una realtà terrena sempre più spietata.

"Ogni otto minuti si suicidano 200 persone in tutto il mondo. Se penso alla città dove abito, Zurigo, ogni giorno si conta almeno un suicidio. La situazione è grave", continua la presidente che esprime preoccupazione per l'alto tasso di suicidi tra i giovani e gli uomini in età adulta: "Si registra un aumento di suicidio giovanile in coincidenza con gli esami di scuola o di apprendistato, ma non solo. Un altro fenomeno che osserviamo è l'aumento del tasso di suicidio tra gli uomini tra i 40 e i 55 anni. Ciò è dovuto alla pressione esercitata nel mondo del lavoro, in cui si pretende un grado sempre più alto di prestazione. Un'ansia che non tutti riescono a sopportare", dice Barbara Schütz che auspica, a livello svizzero, una sensibilità maggiore sulla problematica, soprattutto "per far capire all'opinione pubblica le conseguenze del suicidio per chi resta. Non si può e non si deve fare del sensazionalismo, ma ritengo che sia giusto parlare del fenomeno in generale e capirne le cause". 

Ma allora come si sente chi resta, chi perde cioé un marito, una compagna o un genitore? Prevalgono i sensi di colpa? "Ci sono i sensi di colpa, ma le reazioni sono differenti a seconda della situazione. Non si può generalizzare e mettere tutti nello stesso calderone. C'è chi reagisce con la rabbia, c'è chi cade in depressione, c'è chi si lascia tutto dietro alle spalle senza volerne sapere più nulla, c'è chi ci mette dieci anni ad elaborare il lutto o chi ci riesce più in fretta: dietro a ogni suicidio c'è sempre un caso umano, unico e irripetibile. C'è chi, per esempio sceglie di morire perché ha una malattia che non gli lascia scampo".

Per i figli di un uomo o di una donna che si suicida il rischio di togliersi la vita aumenta? "Secondo gli studi i figli di genitori che si suicidano corrono un pericolo maggiore. Hanno vissuto sulla loro pelle questo suicidio e il giovane che si ritrova ad affrontare la vita deve essere forte, molto forte, perde una figura insonstituibile nella sua vita. In questo caso la situazione è differente da chi perde il proprio partner. Ed è per questo che esiste un'associazione, per i giovani che devono far fronte a questa situazione, che si chiama Ipsilon". (vedi ipsilon.ch)

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