Il giornale riproduce una lettera inviata a un ex dipendente, i cui dati saranno forniti a Washington. L'uomo dal canto suo afferma di non aver mai lavorato per cittadini statunitensi e di non essersi ma recato negli USA. "Non ho mai superato il limite e non accetto che si infanghi il mio nome".
"La BCV è una banca universale. La procedura concerne tutti coloro che hanno avuto a che fare con i cosiddetti 'US related accounts' (copnti in relazione con gli USA), come, ad esempio, le persone con doppia nazionalità. È una definizione estremamente ampia. Per questo motivo alcuni dipendenti della banca sono sorpresi. Non sapevano che i conti da loro gestiti avessero qualcosa a che vedere con gli Stati Uniti", ha spiegato all'ats il portavoce Christian Jacot-Descombes.
"Allo stadio attuale - ha aggiunto - non abbiamo identificato alcun rischio per coloro che hanno rispettato le regole della banca. E non abbiamo nemmeno identificato persone che le avrebbero infrante". Inoltre, secondo Christian Jacot-Descombes "se alcuni dipendenti dovessero opporsi alla trasmissione dei loro nomi, le autorità americane potrebbero ritenere che la BCV non rispetti gli accordi, con il rischio di veder avviare una procedura giudiziaria".
Nella sua missiva la BCV ricorda il contesto. Per mettere fine alla vertenza fiscale tra la piazza finanziaria elvetica e gli Stati Uniti, il 29 agosto il Dipartimento americano della giustizia (DoJ) ha pubblicato un programma unilaterale di regolarizzazione aperto a tutte la banche svizzere, a cui la BCV ha deciso di partecipare quale banca di categoria 2.
Quanto fatto dalla BCV non è un caso isolato. Il 10 luglio Credit Suisse (CS) ha confermato che avrebbe trasmesso oltre mille nomi di dipendenti alle autorità statunitensi. Queste persone hanno tempo fino al 28 luglio per opporsi alla divulgazione del loro nome. Dal canto loro, i dipendenti della BCV possono rivolgersi a una hotline predisposta dalla banca cantonale.