Cerca e trova immobili

ATTUALITÀAfrica: la nuova frontiera emergente?

22.10.13 - 11:34
La crescita economica africana è stata, nell’ultimo decennio, ben superiore a quella dei mercati maturi
Foto Keystone
Africa: la nuova frontiera emergente?
La crescita economica africana è stata, nell’ultimo decennio, ben superiore a quella dei mercati maturi

Settimana scorsa abbiamo discusso delle effettive potenzialità, in difficili tempi di “new normals”, nei mercati emergenti (EM), evidenziando l’importanza di ridefinire quello che è l’universo investibile “emergente”, alla luce dei loro processi di sviluppo. In tal senso, mentre alcuni dei classici EM si stanno, forse, avviando verso la “maturità”, diventa visibile una nuova frontiera: quella dell’Africa, specialmente nella sua componente sub-Sahariana. I mercati azionari di quell’area sono sotto la lente d’ingrandimento dei grandi fund manager, grazie all’indubbio potenziale economico ma anche alle “eye catching performances” di borse quali la Nigeriana e quella Keniota (aumento medio del 45%, in USD, su 12 mesi), per non citare il Ghana che, sul periodo, ha ormai superato la soglia del 100%. JP Morgan prevede che entro l’anno prossimo in Africa ci saranno 106 mln di famiglie con reddito annuo superiore a USD 5000 – soglia oltre la quale i consumatori iniziano a spendere circa la metà del loro reddito in beni/servizi non di sussistenza. Ciò, ovviamente, aumenta il potenziale per nuovi gruppi di produttori, domestici ed esteri. La crescita economica africana è stata, nell’ultimo decennio, ben superiore a quella dei MM (mercati maturi), ma anche a vari mercati emergenti (vedi primo grafico). Dal 2002, il tasso di crescita medio annuo del PIL reale è stato del 5.7%, a confronto con 1.6% sui MM. Guardando al futuro, Mc Kinsey prevede che per il 2020 il PIL africano varrà circa USD 1.9 trn; ciò implica un tasso di crescita reale annuo a circa 4.5% (stima, quindi, conservativa).

Tre sono i fattori strutturali domestici che stimolano la crescita economica africana: (1) notevole dotazione di risorse naturali, (2) forte crescita demografica, (3) forte bisogno di grandi investimenti infrastrutturali. Quest’ultimo fattore, a sua volta, è determinato da una forte tendenza all’urbanizzazione – si stima che, entro il 2030, la metà della popolazione sub-Sahariana vivrà in grandi città.

 

Tutto ciò detto, tenuto conto delle recenti performance azionarie, e del fatto che i mercati africani possono contribuire alla diversificazione del rischio di portafoglio, rimane vero che l’area è ancora piuttosto ignorata dal risparmio investito globale. Tuttavia, questo riflette solo in parte l’attitudine degli investitori nei MM, piuttosto del fatto che i mercati africani devono ancora compiere un salto qualitativo in termini di efficienza. A tutt’oggi, alcune debolezze compromettono il potenziale d’investimento straniero in quei mercati:

• Vi sono poche aziende quotate in borse regolamentate. Si contano circa 250 nomi distribuiti su 17 stock exchanges. Il mercato sub Sahariano, quindi, pesa solo per USD 250 mld - meno di quello, ad esempio, danese.

• I volumi di trading sono molto contenuti e, quindi, il grado di liquidità del mercato è basso. Non esiste un indice riconosciuto per l’Africa sub-Sahariana.

• I pochi fondi azionari attivi in loco sono molto concentrati, per paesi e società detenute, e spesso si negano a nuovi investitori una volta raggiunte soglie attorno a USD 150 mln. Le commissioni d’investimento sono comparativamente elevate; non di rado fondi “long-only” richiedono performance fees. Tenuti presente gli aspetti positivi (potenziale economico, ritorni attesi, diversificazione del rischio) ma anche i limiti dovuti a delle carenze istituzionali, ci pare che i mercati azionari africani siano, attualmente, consigliabili solo all’investitore genuinamente votato al lungo termine (10-20 anni), anche perché spesso i costi di uscita dal mercato sono rilevanti. Uno o due decenni costituiscono un periodo abbastanza lungo da permettere uno sviluppo adeguato degli ingranaggi e dei funzionamenti micro dei mercati in questione, il che faciliterà (allora) sia l’uscita (dai) che nuove entrate negli investimenti. Alternativamente, l’investitore dei MM potrebbe replicare (parzialmente) il profilo di rischio delle azioni africane investendo in aziende multinazionali con esposizione all’Africa. Infine, un’ulteriore possibilità d’investimento potrebbe essere l’utilizzo di fondi “private equity” specializzati nell’area.

 

Per avere informazioni sempre aggiornate sui mercati finanziari clicca qui per iscriverti alla nostra Newsletter settimanale.

 

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE