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ATTUALITÀPolitica monetaria USA: la bussola sbagliata?

17.09.13 - 13:41
Il tasso di disoccupazione sta calando ma... per il motivo "sbagliato"
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Politica monetaria USA: la bussola sbagliata?
Il tasso di disoccupazione sta calando ma... per il motivo "sbagliato"

Questa settimana sapremo se e come la FED inizierà il famoso “tapering”: la riduzione della liquidità marginale creata acquistando bond sul mercato. Tale variabile è molto importante in mercati alquanto “drogati”, rispetto a periodi storici normali. Diventa quindi cruciale, per gli investitori, prevedere quando la FED ultimerà il tapering e, di più, quando aumenterà il tasso d’interesse guida (FED funds rate). Purtroppo abbiamo un problema al riguardo (e forse ce l’ha anche la FED): la bussola che dovrebbe guidare tale previsione è poco affidabile…

 

La FED ha da tempo lasciato intendere che il tapering verrà ultimato (fine del QE3) grossomodo quando, presumibilmente verso metà 2014, il tasso di disoccupazione avrà raggiunto il 7% - dal 7.3% attuale. Inoltre, il tasso su FED funds non verrebbe innalzato fino a quando la disoccupazione non sarà scesa almeno al 6.5%. Il problema è che, al momento, il tasso ufficiale di disoccupazione sta calando “velocemente”, avvicinando quindi la presunta data in cui la politica monetaria comincerà a “mordere”, ma anche dando un’impressione distorta della salute del mercato del lavoro (economia) USA. Il problema-equivoco è dato dal fatto che il tasso di partecipazione (al mercato del lavoro - participation rate o PR) non è stabile: da qualche tempo sta calando in modo anomalo.

 

La disoccupazione ufficiale è scesa dal 10% a ottobre 2009 all’attuale 7.3%, ma nel contempo il tasso di partecipazione [rapporto (occupati + disoccupati in cerca di lavoro) / (forza lavoro)] è crollato ad un minimo in 35 anni: 63.2%. Ciò significa che il tasso di disoccupazione cala velocemente non tanto perché nuovi posti di lavoro vengono creati, ma piuttosto perché cala il numero di chi è registrato come in cerca di lavoro (molti disoccupati di lungo corso perdono diritti ai sussidi, e altri volontariamente decidono di non cercare più occupazione).

 

Il tasso di disoccupazione sta quindi calando ma... per il motivo "sbagliato"...

 

La domanda chiave a tale proposito è se il PR cala per motivi strutturali (demografia – tante persone vanno in pensione) o per motivi ciclici (cittadini hanno più speranza di trovare lavoro, fino a che l’economia non migliora). La stessa FED ha condotto ricerche al riguardo senza arrivare, come spesso succede in economia, a una risposta chiara. Se però, come si “sussurra”, Ben Bernanke ritiene che il calo nel PR sia perlopiù strutturale – non sarebbero buone notizie per i mercati…

 

Infatti, in quel caso la FED vedrebbe il calo del tasso di disoccupazione come “genuino” e, quindi, data la sua recente velocità di discesa, arriveremmo abbastanza rapidamente alla fine di QE3, o peggio… Per rendere l’idea, assumendo che il calo del PR sia strutturale, e quindi prevedendone il non-aumento in futuro, basterebbero guadagni occupazionali di 142k per mese per raggiungere il fatidico 7% (disoccupazione) entro metà 2014.

 

Ciò non è difficile visto che, da fine 2012, la creazione di lavoro mensile è stata in media 180k. Per converso, se si ritiene valida la spiegazione (del calo PR) ciclica, e si assume quindi (fonte: Bloomberg) che questo risalga verso valori “normali” mammano la ripresa si allunga, allora raggiugere il 7% per metà 2014 (assumendo PR in rialzo a 64.5%, dal 63.2% attuale) richiederebbe dati mensili in media a 425k – praticamente impossibile. Il primo scenario sarebbe negativo per gli investitori che spesso desiderano “QE a go-go”, mentre il secondo sarebbe desiderabile. Ecco perché, a causa della difficoltà previsionale sul PR, l’incertezza regna sovrana; la bussola di Bernanke risulta di difficile lettura.

 

A titolo “accademico”, ci pare che una bussola migliore sarebbe stata la focalizzazione su un obiettivo in termini di posti di lavoro effettivamente creati. Anche in omaggio al fatto che, a tutt’oggi, l’occupazione USA rimane 2% sotto il livello massimo pre great recession e, quindi, circa xx mln di posti di lavoro ancora mancano all’appello (vedi grafici per capire il peso della recente esperienza). Spingendosi oltre, qualcuno arriverebbe a dire che la banca centrale non deve occuparsi di fare fine tuning dell’economia reale. Che non potendo raggiungere due obiettivi (prezzi e occupazione) con un solo strumento (tasso di interesse) la FED farebbe bene a limitarsi al canonico obiettivo inflazionistico, oltre che (e non è poco) impegnarsi nella supervisione bancaria/finanziaria. But that’s another story…

 

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