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ATTUALITÀEconomia USA: ostacoli fiscali

27.08.13 - 16:43
Tra settembre e ottobre i mercati dovranno fronteggiare il ricorrente problema politico-economico della (non) gestione di finanza pubblica americana
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Economia USA: ostacoli fiscali
Tra settembre e ottobre i mercati dovranno fronteggiare il ricorrente problema politico-economico della (non) gestione di finanza pubblica americana

LUGANO - Tra settembre e ottobre i mercati dovranno fronteggiare il ricorrente problema politico-economico della (non) gestione di finanza pubblica americana. Causa l’incapacità, da cinque anni a questa parte, di Democratici & Repubblicani di produrre un budget governativo annuale, periodicamente si ripetono acrimoniosi dibattiti su come prolungare (per altri x mesi) le regole di spesa e di entrata (“Continuing Resolution”, o CR) governative, oltre che dover elevare il limite costituzionale d’indebitamento permesso allo stato. Normalmente, tale “Washington showdown”, sia pure senza fatali conseguenze, crea incertezza (volatilità) nei mercati. Inoltre, particolare non trascurabile, questo procedere “a vista” sta, nel tempo, dando luogo a una politica fiscale più restrittiva di quanto sarebbe stato preventivabile.

 

Il parlamento USA è in “vacanza” sino al 9 settembre, il che lascia solo una decina di giorni lavorativi per arrivare a un accordo su come finanziare il governo federale oltre fine settembre, allorquando la presente CR giunge a scadenza. Inoltre, per ottobre il Tesoro dovrebbe esaurire ogni escamotage per permettere alla nazione di rispettare l’attuale limite statutario al debito pubblico (primo grafico). Rirenderanno a breve, quindi, le note tensioni politiche. Da una parte i Repubblicani che non faranno concessioni se non in cambio di promesse di contenimento della spesa (soprattutto welfare spending), dall’altra i Democratici a lottare per mantenerne i sentieri di crescita - il che esclude i tagli alle tasse agognati dai conservatori. Ciò detto, il recente netto miglioramento nei saldi di finanza pubblica dovrebbe contribuire a rendere la discussione politica meno “negativa” che in passato. Notiamo tuttavia che, se il bilancio pubblico sta migliorando, questo dipende poco dalla (debole) congiuntura economica ma molto, invece, dalle draconiane regole automatiche (“sequester”) frutto della citata intransigenza politica - in uno scenario di assenza di budget governativo vero e proprio (la misura del “sequester” fu lanciata col Budget Control Act del 2011: regole di tagli “automatici” da distribuire tra il 2013 e il 2021). A giugno, le entrate fiscali erano a +13.9% a/a, grazie alla nuova “payroll tax” di gennaio e ai rimborsi di precedenti sovvenzioni elargite a Fannie Mae e Freddie Mac. Nel contempo, i tagli automatici di spesa hanno fatto sì che il suo totale sia calato del 2.9%. Il combinato di tali effetti è stato ridurre il deficit statale al 4.2% del PIL, a confronto con il 7.2% toccato nel 2012.

 

Riteniamo a questo punto che un’altra CR verrà in qualche modo approvata, una “resolution” che finanzi il governo e implichi un aumento al tetto del debito per il breve termine (non oltre sei mesi). Tuttavia, l’iter negoziale/legislativo non avverrà in un colpo solo (one shot deal) ma sarà distribuito su uno-due mesi. Se, come sembra probabile, la CR prolungherà le regole di entrata di quest’anno sulla prima fase del 2014, allora i tagli automatici dovuti al “sequester” (2014) saranno inferiori a quelli, pesanti, in corso per l’anno fiscale ottobre 2012 / settembre 2013. Tagli di spesa che stanno penalizzando l’economia tra il T2 e il T3 di quest’anno. Infatti, il “sequester” per l’anno fiscale 2012-13 (che pesa per USD 85 mld di tagli) è stato implementato, con ritardo, solo da marzo. Ciò fa sì che i tagli di spesa, invece di essere distribuiti su 12 mesi, impattino sull’economia tra il T2 e, in particolare (causa rodaggio in entrata), il T3.

 

Tornando alle negoziazioni fiscali di settembre/ottobre, lo scenario estremo (più negativo ma poco probabile) è quello spesso minacciato (dai Repubblicani) ma ancora non verificatosi. Il caso in cui non si trovi l’accordo sulla “Continuing Resolution”, implicherebbe la chiusura automatica del settore pubblico (in gran parte), dal primo di ottobre. In ogni caso, la progressiva mancanza di un vero e proprio budget approvato in parlamento rischia, oltre ad acuire le incertezze di mercato, di aumentare la probabilità che, in un futuro non lontano, il credit-rating del debito statale USA vada a perdere l’attuale status AAA.

 

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