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ATTUALITÀAnybody for higher rates?... (Brazil)...

04.06.13 - 09:51
Giorgio Radaelli, Chief Global Strategist BSI
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Anybody for higher rates?... (Brazil)...
Giorgio Radaelli, Chief Global Strategist BSI

LUGANO - Le autorità (monetarie) dei paesi del G-20 non sanno ormai quasi più che fare per stimolare le economie e i mercati. Se da un lato, l’entrata in scena della Bank of Japan (ispirata all’ “Abenomics”, la politica economica adottata da Shinzo Abe) ha aiutato la causa delle “risky assets”, d’altro canto la Fed sta facendo equilibrismi retorici per far capire ai mercati, cercando però di non dissipare la sua residua patina di “indipendenza”, che hanno “frainteso”. Nonostante tutto la Fed non sarebbe prossima ad implementare la temuta “exit strategy”. Ciononostante, l’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) ha ridotto la previsione per la crescita economica nel 2013. Nel frattempo, sulla stessa falsariga, i dati macro americani cominciano a mostrare sintomi di rallentamento, spiegabile largamente con i primi effetti della stretta fiscale post “sequester”.

 

In questo panorama G-20, una voce “stecca” ed esce dal coro. Abbastanza inattesa, in questo caso, dato che alludiamo al Brasile, la cui banca centrale aveva dato motivo di preoccupazione (ai “puristi”) nei trimestri precedenti, visto che sembrava sempre più supina ai desiderata di un governo. Quest’ultimo, infatti, vorrebbe un calo dei tassi d’interesse reali brasiliani, spesso significativamente più alti di quello prevalente in altre economie emergenti.

 

Settimana scorsa, la banca centrale brasiliana ha aumentato il tasso guida (Selic) oltre le attese, 50 pb, portandolo all’8%. Tale mossa sancisce l’inizio di un nuovo trend, in contro-tendenza rispetto a tanti paesi, con tassi in aumento dopo un periodo di “easy money”, caratterizzato da tasso in calo (12.5% agosto 2011 - 7.25% fine 2012) e deprezzamenti “competitivi” del tasso di cambio. Oltretutto, l’aumento del costo del denaro è stato ratificato (all’unanimità) proprio mentre il governo annunciava l’ennesimo dato deludente sulla crescita: il PIL reale nel T1 a 0.5% m/m, ben inferiore alle attese e dopo che l’insoddisfacente crescita dello 0.9% nel 2012.

 

Come mai questo “show” di rigore monetario? Da un lato abbiamo un tasso d’inflazione elevato, al limite della fascia di tolleranza (inflazione salita dal minimo relativo di 4.9%, giugno scorso, all’attuale 6.5%) e un deficit esterno in aumento (partite correnti oltre -4% del PIL). Dall’altro, il governo ha recentemente reso esplicito un rilassamento abbastanza marcato di politica fiscale. Sembra quindi che la banca centrale si stia abbastanza affrancando dalla precedente impressione di voler seguire “supinamente” i desiderata governativi. Ciò è indubbiamente un fattore positivo per gli investitori (in bond) brasiliani. Anche perché rimane viva l’esperienza di iper-inflazioni devastanti, una memoria accompagnata dall’evidenza che le aspettative sui prezzi stanno aumentando, come evidenziato anche da accelerazioni salariali. In particolare, nonostante l’aumento dell’inflazione sia comune ad altre nazioni LatAm, e spesso ascritto (quasi) unicamente alla crescita dei prezzi alimentari, il recente raffreddamento di questi ultimi (secondo grafico) suggerisce che l’attuale impennata inflazionistica ha motivazioni meno congiunturali, e va quindi combattuta.

 

Il mercato locale ha reagito abbastanza chiaramente ai recenti aumenti dei tassi a breve. La curva dei rendimenti si sta innalzando, soprattutto nei segmenti di breve e medio termine. Il tasso di cambio, nel frattempo, sia pure meglio supportato (che uno-due anni fa) dal nuovo trend di politica monetaria, dà ancora segnali di debolezza. Da un lato a causa della nota sovra-valutazione del BRL (Real Brasiliano) (stimabile a circa il 35%), dall’altro perché il governo indulge, soprattutto a latere di dati deboli sull’economa reale, in interventi verbali a favore di una moneta più competitiva. Guardando avanti, ci pare che il caso a favore dei bond brasiliani rimanga valido per il medio–lungo termine, grazie ai noti e notevoli miglioramenti strutturali e a fronte di un elemento di “carry” importante. Tuttavia, le prossime settimane/mesi potrebbero vedere un ulteriore aumento dei rendimenti (calo dei corsi), in conseguenza dei crescenti timori che la banca centrale - vestitasi “di nuovo” - sia intenzionata ad aumentare il tasso guida oltre le previsioni e/o più velocemente; per dare una “frustata” alle aspettative d’inflazione e ricondurre i “price setters” (richieste salariali) a “più miti consigli”

 

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