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RACCONTI D'ESTATEIl camion della spesa

31.07.12 - 14:00
di Lucio Fogliame
Keystone
Il camion della spesa
di Lucio Fogliame

Ho passato la mia infanzia in un paesello di montagna, a svariati chilometri di curve e minuscole gallerie dalla capitale. A quel tempo non apprezzavo quel posto con la gioia dovuta, desideravo tutto quello che vedevo in quell’ora giornaliera di tubo catodico. Volevo quei prodotti con le confezioni tutte colorate, quelle bontà ostentate da quei simpatici personaggi animati! Volevo essere come quei bambini della pubblicità: gente tosta che faceva colazione fra una tigre ed una scimmia, in simpatica armonia.

Alcuni miei amichetti erano fortunati perché avevano dei parenti che vivevano in uno dei centri abitati della regione o, ancora meglio, in una delle svariate città oltre confine… lì si che si trovava una buona scelta di prodotti sfiziosi. Diavolo di un cane. Quanto odiavo il mio pane e confettura quando quei miracolati estraevano le loro coloratissime leccornie o i turbo ghiaccioli ricoperti di cioccolato!

Ma un giorno d’inizio estate, uno dei più grandi supermercati della nazione decise che “gli isolati” non avrebbero più dovuto soffrire ingiustamente. Non avremmo più dovuto accontentarci di povere merende alla Oliver Twist, ci avrebbero pensato loro a civilizzarci! Si adoperarono mentalmente e finanziariamente per creare una mezza dozzina di grossi camion/supermercato guidati da simpatici autisti. Autisti che si prendevano la briga di fare tutte quelle curve e si infilavano su per quelle gallerie minuscole per arrivare sino ai paesini delle valli e smerciare i loro prodotti deliziosi.

Urla di giubilo risuonavano per la stradina del paese. “È arrivato il camion della GIMSOR Alimentari” gridavano le mamme quasi in preda a delle crisi mistiche; e si precipitavano giù dalla tromba della scale trascinando via i figli dai loro giocattoli in legno sbucciato. L’entrata era sul retro del camion e tutti vi si infilavano come buoi al macello, ma di certo non c’era odore di morte nell’aria… la G gigante non era lì per fregare nessuno. Quei camion si arrampicavano su per quelle valli per dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente come gli altri giù in città (e per non far passare tutte quelle noiose ore in cucina alle nostre madri). Quel mezzo era proprio un supermercato su ruota: due lunghe file piene zeppe di articoli colorati e cibi facili da cucinare. La voglia di nuovo e la pressione della calca alle spalle portava le signore ad ingolfare il loro cestello di prodotti di vario genere. Dopo aver attraversato quel lungo corridoio, si arrivava alla parte anteriore per pagare il totale al povero autista. Che si trasformava abilmente in commesso e cassiere.

In pochi mesi il camion/supermercato diventò un vero e proprio caso sociale e si impose in tutte le vallate che circondano la capitale. La televisione pubblica si lanciò in lunghi servizi dove venivano osannate le qualità delle merci e la gentilezza di questa grande azienda che connetteva la montagna alla città… un’azienda che non lasciava nessuno in disparte!

La GIMSOR, sull’onda del successo iniziò a caricare il camion sempre di più applicando dei pesanti sconti su svariate merci. Certi prezzi erano addirittura inferiori a quelli delle filiali giù in città… –se solo i cittadini avessero scoperto che noi bovari pagavamo la merce meno di loro, ci sarebbe stata di sicuro una mezza rivoluzione!-.

Ricordo che i bottegai del mio paesello non erano troppo contenti della nuova situazione. Specialmente quando si resero conto, palesemente in ritardo, che la gente era talmente attratta dalla vasta scelta di prodotti del camion/supermercato che proprio non si facevano più vedere nei loro negozietti (tranne quando le strade erano pesantemente innevate ed il camion non riusciva a raggiungerci).

“È la legge di mercato”, sbottavano le mamme furiose contro il macellaio, il verduriere o il panettiere. Quelle donne non sopportavano che quei negozianti fossero offesi e le accusassero di alto tradimento ai valori montani. E fu così che i commercianti, presi dalla morsa di quella concorrenza spietata e un po’ per vendetta, decisero di chiudere le loro botteghe, mandarono i figli alle università di altre regioni e cominciarono a godersi i risparmi di una vita. In pochi sentirono la mancanza dei bottegai e; mentre il camion/supermercato diventava sempre più moderno, spazioso e ricolmo di prodotti… le tanto decantate leggi di mercato avevano fatto sparire la scuola elementare, il piccolo cinema, il posto di polizia prima ed il ristorante dopo. Anche la bettola centrale sembrava avere i giorni contati e la gente iniziò a domandarsi rabbiosamente se avrebbero presto perso anche la parrocchia. Fu proprio quando gli abitanti del paesello cominciarono a svegliarsi da quel torpore che gli aveva portati a perdere ogni comodità che i supermercati GIMSOR comunicarono, con infinita tristezza e rammarico, che il servizio del supermercato su ruota sarebbe stato sospeso a tempo indeterminato. Si erano accorti che i costi erano troppo alti e che non valeva più la pena di mandare tutti quei camion su per le valli in cambio di un profitto ridicolo.

I più ottimisti e gli amanti delle leggi di mercato si convinsero che, presto, ci sarebbe stato un rifiorire di piccole bottegucce come un tempo ma, in pochi anni di inattività, il sapere di diverse generazioni era andato perduto. E un impiegato non può improvvisarsi macellaio dall’oggi al domani. Agli abitanti del paesello non restò altro che saltare in macchina ogni sabato e far svariati chilometri di curve ed in infilarsi giù per quelle minuscole gallerie... per andare al supermercato GIMSOR più vicino.

A volte, quando sono stufo e stanco del trambusto della città, torno al mio paesello in montagna. Passo il primo giorno a sistemare la casa perdendomi fra mille e più ricordi della mia infanzia dorata. Poi esco a fare due passi: la piazzetta è deserta ed i negozietti di un tempo sono diventati degli squallidi depositi. I bambini sono stati portati a scuola nel centro più vicino, i padri sono impiegati nei loro lavori a diversi chilometri di distanza e le madri pure. Ed ogni volta, mi convinco che un vero bambino di montagna avrebbe manomesso i freni al camion della GIMSOR. Senza sapere il perché e senza eroismi, ma l’avrebbe fatto.

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