Cerca e trova immobili

TICINOGobbi: "Basta con le frontaliere ad assemblare orologi a 2000 franchi al mese"

31.03.11 - 17:22
Intervista a Norman Gobbi, candidato al Consiglio di Stato per la Lega dei Ticinesi: "Politica economica che ha favorito unicamente chi vuole venire in Ticino soltanto per l'aspetto salariale e non qualitativo"
None
Gobbi: "Basta con le frontaliere ad assemblare orologi a 2000 franchi al mese"
Intervista a Norman Gobbi, candidato al Consiglio di Stato per la Lega dei Ticinesi: "Politica economica che ha favorito unicamente chi vuole venire in Ticino soltanto per l'aspetto salariale e non qualitativo"

Gobbi, quale il problema urgente da affrontare in Ticino?
"Sicuramente quello dell'occupazione. Il numero dei disoccupati in Ticino è troppo alto, siamo attorno al 6%. Sappiamo che potenzialmente ci potrebbero essere meno disoccupati, ma molti posti di lavoro vengono ormai sottratti dai frontalieri. La fascia più debole e a rischio è quella dei giovani e degli over 50. Per i giovani è fondamentale dare la possibilità di essere collocati, di poter lavorare. Il pericolo, infatti, è che il giovane, non potendo entrare nel mercato del lavoro, faccia capo alle assicurazioni sociali perdendo motivazioni, entusiasmo e la possibilità nel realizzarsi.  Credo però che una leggera dose di umiltà e spirito d’adattamento possa far molto nel favorire l’inserimento nel mercato del lavoro senza adagiarsi nell’aspettare l’occasione che, magari, tarda o non arriva".

Scusi, cosa intende per adagiarsi?
"Nella mia vita di giovane ho sempre lottato per perseguire una meta. Di lottare non ho mai smesso. Sto lottando politicamente contro persone con molta più esperienza di me. Ma non demordo. L’esperienza si acquista lottando, tentando e sbagliando. Noi giovani (dal momento che mi ritengo, magari per ancora poco tempo giovane) abbiamo bisogno di osare, di muoversi alla ricerca del meglio, ma nessuno di noi può adagiarsi: “un giovane senza entusiasmo è già vecchio prima di diventarlo”. Preferisco dei giovani che si impegnano, che lottano fino in fondo nel cercarsi  un posto di lavoro piuttosto che vederli arrendevoli  rassegnati a vivere grazie all'aiuto dello stato sociale. Proprio per evitare che i giovani perdano questo entusiasmo lo Stato potrebbe dare loro l’opportunità d’inserimento in un mondo lavorativo in cui diventa sempre più difficile entrare. Un mondo reso difficile anche da cervellotiche prese di posizione di coloro che, fino ad ora, hanno governato".

In che modo lo Stato può aiutarli?
"Prendo l'esempio del Comune di Lugano. La città, grazie ai colleghi Nano e Lorenzo (guarda caso della Lega), crea veri e propri programmi occupazionali per i giovani, che hanno un considerevole successo sia sociale quanto finanziario. Anche il Cantone dovrebbe agire in questo modo, mettendo a disposizione la possibilità di inserire i giovani sia all'interno dell'amministrazione cantonale con percorsi occupazionali mirati sia attraverso una maggiore collaborazione con le aziende ticinesi. Collaborazione che consentirebbe ai giovani alla loro prima esperienza lavorativa di “farsi le ossa. Meglio pagare indennità per far lavorare ed far acquistare esperienza, che relegare i nostri giovani a carico di una socialità che, per forza di cose, prima o poi finirà".

In Ticino viene denunciato da più parti il fenomeno del dumping salariale. Lei che è a Berna e quindi tocca con mano la realtà d'Oltralpe, com'è la situazione lassù?
"Negli altri cantoni il dumping salariale è meno presente e sentito. Un buon operaio di una falegnameria del canton Obvaldo guadagna sui 4.500 franchi al mese. A dire la verità, non molto di più di un Ticinese.  Ma il problema non è il dumping salariale presente nel secondario. Il vero problema è che il Ticino è un Cantone a vocazione terziaria, basato sui commerci, sui trasporti e con una piazza finanziaria che è considerata la terza della Svizzera. È in questo sistema che il dumping salariale regna sovrano. Arrivano giornalmente alle fiduciarie richieste di lavoro da parte di laureati (anche residenti oltre Milano) che hanno pretese salariale di 2800/3200 franchi al mese. Una domanda: qual’è quel diplomato ticinese (non un laureato, si badi bene) che può accettare un simile stipendio quando deve pagare la Cassa malati, l’affitto e le tasse, con il fatto che da noi i costi della vita sono molto più alti. Il problema va affrontato, affrontato nei tempi più brevi possibili. Dobbiamo veramente contingentare i frontalieri? Continuando ad ignorare il problema: indubbiamente".

E quindi creare una cassa malati unica a livello cantonale?
"Potrebbe essere una soluzione. Diciamola tutta: le casse malati private fanno il loro interesse, non quello degli assicurati. E poi constatiamo tutti che i costi che deve sopportare lo Stato con i sussidi sui premi non sono indifferenti. Se poi aggiungiamo che il Cantone dovrà anche finanziare le cliniche private il futuro appare a tinte fosche. Sarebbe meglio far pagare un po' meno agli assicurati ed evitare che questi ricorrano all'aiuto cantonale". Altrimenti si ha la situazione del cane che si morde la coda: la cassa malati cantonale invece di sussidiare i meno fortunati, sussidia le casse malati che non sono certamente in questa categoria".

Lei parla, comunque di cassa malati unica cantonale?
"Sì, anche se osserviamo con interesse l'iniziativa socialista per la Cassa malati unica federale".

Mi sembra che la sua linea politica, data da molti più democentrista, è molto più vicina a quella di Lorenzo Quadri di quanto ci si potesse aspettare. Mi sbaglio?
"Mi sembra abbastanza semplicistica questa considerazione. Rimane evidente che, appartenendo alla medesima area politica, su fatti di politica generale si pensi, più o meno allo stesso modo. Forse la mia visione può sembrare più istituzionale, ma mai arrendevole. Può darsi che su qualche tema fiscale la nostra visione possa discostarsi. Ma sempre su questioni marginali. Ritengo importante, soprattutto a livello ticinese, abbassare l'imposizione fiscale visto che i costi indiretti da sopportare sono sempre più alti. E' giusto stimolare l'economia, lasciando più soldi alle aziende affinché possano investire in nuove tecnologie e nelle tasche dei cittadini al fine di aumentarne il potere di acquisto".

A proposito di fisco e di entrate, ieri il Governo ha annunciato dati incoraggianti per le casse cantonali.
"Sì e ben ha detto ieri Attilio Bignasca: abbiamo un Cantone più ricco e dei cittadini più poveri".

Per quanto riguarda la criminalità e la sicurezza. Ultimamente la polizia sta pattugliando i confini...
"E infatti si vedono già i primi risultati".

E' attraverso quindi la repressione che si migliora la sicurezza?
"Più che repressione parlerei di un maggiore controllo del territorio. Non parlerei proprio di repressione, ma di una migliore e maggiore presenza delle nostre forze dell'ordine. E' ovvio che è nelle zone meno controllate dove è più facile commettere reati. Nella fascia di confine, quella più toccata dagli episodi di criminalità, ritengo importante la presenza delle forze dell'ordine, con più controlli".

Un ritorno al controllo dei valichi?
"Sì. Nella mia esperienza militare ho imparato che il "farsi vedere" ha un effetto deterrente migliore".

Torniamo alla problematica del lavoro. La Lega da anni dice che ci sono troppi frontalieri. Nonostante tutto continuano ad aumentare e il fenomeno non si ferma.
"Il problema sta nella politica della promozione economica portata avanti dal nostro cantone negli ultimi anni. Non ha preso in considerazione politiche che favoriscano lo sviluppo e il rilancio delle aziende locali, ticinesi".

Quale tipo di promozione economiche si potrebbero portare avanti?
"Politiche di promozione economica di qualità, che offrano posti di lavoro di buon livello e che diano, innanzitutto, la possibilità a quei giovani ticinesi che portano a termine la loro formazione scolastica e professionale in Svizzera di trovare un posto di lavoro qualificato. Sinceramente, in Ticino, non abbiamo bisogno di posti di lavoro a duemila franchi al mese a lavoratrici frontaliere che assemblano gli orologi della Swatch. Lo ho affermato prima: perfettamente inutile istruire i nostri ragazzi a gestire un ufficio, quando il posto viene assegnato a persone esterne che hanno pretese finanziarie nettamente inferiori a quelle del mercato ticinese".

A proposito di Swatch vengono subito in mente le critiche di Hayek nei confronti di chi si occupa della promozione economica del canton Ticino
"Sono critiche che mi trovano d'accordo con Hayek".

E' anche vero che Hayek avrebbe rifiutato dei terreni in Leventina. Forse perché troppo lontani dal confine?
"Beh, questo non fa che dimostrare che chi vuole venire qui ad aprire attività lo fa unicamente puntando sull'aspetto salariale, nient'altro. In questi ultimi quattro anni, purtroppo, segnali contrari dall'Ufficio di promozione economica, non sono giunti. L'altra sera Laura Sadis affermava che bisogna puntare sulle nuove tecnologie. A me sembra che sia un po' tardi arrivare dopo quattro anni a parlare di nuove tecnologie. Anche perché in questo campo si è fatto poco o nulla per sostenere le giovani “start up” che operano nel settore della biotecnologia e della biomedicina".

In cosa ha sbagliato l'amministrazione cantonale che si occupa di promozione economica?
"Ha privilegiato il vecchio concetto del capannone e del tondino. Ripeto: oggi, invece, dobbiamo dare la possibilità a quei giovani che hanno finito il dottorato in campo scientifico di valorizzare il loro sapere con iniziative economiche di alto valore aggiunto, soprattutto nell'ambito delle biotecnologie". La promozione economica non sempre può avere un ritorno immediato, qualche volta il ritorno può essere di anni, qualche altra può essere un fallimento, ma, in ogni caso, la promozione deve essere messa in atto".

La sensazione è che il ticinese che finisce il politecnico di Zurigo trovi "fortuna" in Svizzera tedesca e non in Ticino.
"I miei compagni di liceo che hanno studiato in ambito scientifico sono rimasti in stragrande maggioranza in Svizzera Tedesca. Chi è tornato in Ticino fa il docente. Gli altri lavorano nelle industrie di Zurigo o di Basilea. In Ticino dovremmo giocare la carta della nostra legislazione liberale, più aperta rispetto a quella italiana in materia, per esempio, di cellule staminali".

L'ultima domanda ormai di rito. Se eletto consigliere di Stato quale dipartimento vorrebbe avere?
"Innanzitutto spero nel raddoppio della Lega. Sarebbe un traguardo storico per il Canton Ticino. Se fossi il secondo eletto, preferirei il Dipartimento delle Istituzioni. Ma resta una questione di lana caprina: a me andrebbero bene tutti. Ho abbastanza entusiasmo per apprendere e abbastanza carisma per impormi".

p.d'a.

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
NOTIZIE PIÙ LETTE