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LUGANODramma di Agno: «Ci siamo strattonati ed è partito il colpo»

07.02.24 - 11:42
Il proiettile che ha perforato la schiena di suo figlio 22enne sarebbe partito accidentalmente, sostiene l'imputato.
Tipress (archivio)
Dramma di Agno: «Ci siamo strattonati ed è partito il colpo»
Il proiettile che ha perforato la schiena di suo figlio 22enne sarebbe partito accidentalmente, sostiene l'imputato.

LUGANO - Avrebbe agito spinto dall'esasperazione, e sotto l'influsso di alcol e molteplici droghe, il 51enne del Luganese che la mattina del 7 agosto 2022 ha sparato al figlio 22enne con un fucile in via Aeroporto ad Agno. È quanto è emerso dalle indagini della pubblica accusa nel processo in corso alle Assise criminali di Lugano. Il giovane, lo ricordiamo, era stato colpito in piena schiena e aveva subito gravi ferite, rischiando anche la vita.

Quei 50mila franchi spariti - Il padre, allora 49enne, avrebbe agito nella convinzione che il furto subito in casa, tre giorni prima, dall'anziana madre (alla quale erano stati sottratti 50'000 franchi in contanti ndr.) fosse opera di suo figlio 22enne. Quest'ultimo aveva problemi di tossicodipendenza e, stando all'imputato, era diventato ingestibile.

«Lei aveva maturato il convincimento che l'autore fosse suo figlio», così il giudice Mauro Ermani. «Questo sì», dice l'imputato. L'oggi 51enne ammette poi di essere rimasto «molto deluso quando, in seguito al furto e dopo che ho detto alle forze dell'ordine che sospettavo fortemente di mio figlio, la polizia non ha agito nei suoi confronti». Ciononostante, nega di essersi presentato ad Agno con l'intento di uccidere il giovane.

Nello zaino fucile e baionetta - Ermani chiede dunque all'imputato come mai la mattina del 7 agosto fosse uscito di casa con un fucile e con una baionetta nello zaino. Il giudice osserva inoltre che prima dei fatti l'uomo era andato a casa di due amici del figlio ed era riuscito a scoprire il luogo in cui quest'ultimo si sarebbe potuto trovare. «L'idea era quella di trattenere mio figlio e i suoi possibili complici, poi avrei chiamato la polizia e li avrei fatti arrestare», spiega il 51enne.

«È esploso questo colpo» - Dopo il suo arrivo ad Agno il padre si apposta quindi dietro i cespugli e, quando il figlio compare per strada, inizia a inseguirlo. «Dopo qualche metro lui si accorge della mia presenza e si gira», racconta. «Gli sono andato incontro e gli ho detto "Cosa hai fatto alla nonna?", e lui mi ha risposto "Tanto ormai i soldi non ci sono più"». A quel punto «ci siamo strattonati a vicenda e quando lui si è allontanato è esploso questo colpo di fucile», sostiene l'uomo, sottolineando che si sarebbe trattato di un incidente. Nonostante sul posto siano stati trovati due bossoli, il 51enne dichiara poi «di ricordare un unico colpo e di avere immediatamente gettato l'arma a terra».

La fuga - Subito dopo i fatti l'uomo lascia però il luogo del misfatto scappando via con il suo scooter. «Perché non ha seguito suo figlio in pronto soccorso?», gli chiede Ermani. «Ho sottovalutato di molto la gravità delle sue ferite», replica lui. Ma non finisce qui, perché il 49enne si ferma a Melide per occultare fucile, caricatore, baionetta e una scatola contenente alcuni proiettili nell'anfratto di un muretto. «Se quanto accaduto non era stato intenzionale perché è andato a nascondere tutto?», insiste il giudice. «Volevo liberarmene e mi sentivo in colpa».

«Non avevo alcun piano» - A insospettire Ermani sono però anche alcune testimonianze. Stando a quanto rivelato dalla nonna della vittima, prima dell'accaduto il 49enne le avrebbe detto "Ci penso io a riportarti i soldi e gli dò una lezione". Il 51enne, però, non ci sta: «Sì, l'ho detto, ma non avevo alcun piano. Volevo solo dire che se la polizia non se ne fosse occupata me ne sarei occupato io».

Al momento dei fatti, è emerso nel corso del dibattimento, l'imputato aveva già un passato di tossicodipendenza, faceva uso di metadone e, negli ultimi anni, aveva avuto una ricaduta e ripreso a consumare cocaina ed eroina. Per tentare di riavvicinarsi al figlio era persino arrivato a offrirgli sostanze. «In quel momento era l'unico modo che avevo per tenerlo vicino a me e per far sì che non facesse delle cose peggiori», si giustifica. «Era una strategia per portare suo figlio a uscire dalla tossicodipendenza?», domanda Ermani. «Era più una speranza che una strategia. So però che non era la giusta soluzione», conclude.

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