HIV non contagioso: la testimonianza choc di una giovane luganese. Vittorio Degli Antoni, responsabile di Zona Protetta: «È una questione etica, non più giuridica»
LUGANO – «So di essere sieropositiva, ma al mio partner per ora non lo dico». È una testimonianza choc, quella di Chiara (nome di fantasia) una giovane luganese che da qualche anno ha il virus dell’HIV. E non si tratta di un caso isolato. Quello dei malati “silenziosi” è un fenomeno che contraddistingue l’ultimo decennio. «Nel 2007 – dice Vittorio Degli Antoni, responsabile di Zona Protetta – è stato pubblicato uno studio che fissa i criteri secondo cui una persona sieropositiva è da ritenersi non contagiosa. Se una persona rispetta questi criteri, può prendersi più tempo per decidere se parlarne o meno col partner. Senza commettere reato. In passato non se lo sarebbe potuto permettere, se non usando il preservativo».
I punti chiave – Viremia azzerata, una cura efficace da almeno 6 mesi, assenza di altre infezioni sessualmente trasmissibili. Sono questi alcuni dei punti chiave contenuti nella pubblicazione scientifica Hirschel, Vernazza, Bernasconi. «Nel corso degli ultimi anni – riprende Degli Antoni – diverse persone sieropositive che abbiamo conosciuto si sono chieste se dirlo subito al partner o dopo un po'…»
Paura del rifiuto – Il dilemma attanaglia Chiara. «Assumo medicamenti che mi proteggono al 100%. Sono fidanzata da diversi mesi. So che il mio ragazzo non rischia nulla. Ma non riesco a dirgli la verità. Temo la sua reazione». «C’è la paura di essere rifiutati – fa osservare Degli Antoni –. L’avevano anche le persone con cui abbiamo avuto a che fare in passato. Qualcuno effettivamente è stato lasciato, ad altri invece è andata meglio. Un tempo il fatto di dovere usare per forza il preservativo spingeva le persone a dovere decidere ancora più in fretta se parlare o evitare di avere rapporti ».
Denunce e condanne – Attualmente in Svizzera sono circa 20.000 i sieropositivi (oltre un migliaio nella Svizzera italiana, 36,7 milioni nel mondo). In passato, anche nella Confederazione, si è arrivati a condannare una persona sieropositiva e contagiosa per non averlo comunicato correttamente al partner. Qualcuno è addirittura stato in carcere per un paio di anni. «Ancora oggi – ricorda Degli Antoni – chi non rientra nei criteri della pubblicazione scientifica del 2007, e non parla, rischia sia la denuncia sia la condanna».
Blocchi psicologici – La vicenda indica quanto sia radicata la paura della sieropositività anche quando una persona può dimostrare, dati alla mano, di non essere contagiosa. «In questo caso – ribadisce Degli Antoni – si tratta di una questione etica. Non più giuridica. Anche il rigetto ha una valenza etica. È corretto rifiutare qualcuno perché, pur non essendo contagioso, è malato? Questa è discriminazione pura e immotivata».
Derive estreme – Parlare o tacere? In ogni caso occorre documentarsi. Il silenzio unito alla cattiva informazione possono portare a derive estreme. Degli Antoni illustra una storia segnalata a Zona Protetta tramite il servizio di consulenza anonima. «Abbiamo risposto alla telefonata di un padre. L’ex moglie non gli aveva detto di essere sieropositiva. Lui non è stato contagiato. Ma sua figlia è nata sieropositiva. Una situazione veramente drammatica».