Voto sull'espulsione dei criminali stranieri: l'oncologo Franco Cavalli è uno dei volti dell'appello urgente contro l'iniziativa UDC. La sua è una scelta che fa discutere.
BELLINZONA - Ci ha messo la faccia, suscitando fiumi di polemiche. Franco Cavalli, oncologo ed ex consigliere nazionale socialista, è un uomo abituato a esporsi. Stavolta però l'azzardo è grosso. Lui è il rappresentante ticinese dell'appello urgente contro l'iniziativa UDC 'per l'attuazione dell'espulsione degli stranieri che commettono reati', tema in votazione federale il prossimo 28 febbraio. Un movimento unico nel suo genere, che in pochi giorni ha raccolto oltre 25.000 adesioni e donazioni per mezzo milioni di franchi.
Cavalli, sono in molti a storcere il naso. Perché si è lanciato in questa sfida?
Perché chi vota ‘sì’ rischia di commettere un'enorme ingiustizia. Ma l'avete letto veramente il testo dell'iniziativa?
Quali sono le questioni che le stanno particolarmente a cuore?
Si rischia di espellere una persona anche per una banale scazzottata con relativa pena pecuniaria. Lo straniero che sbaglia verrebbe cacciato, indipendentemente dal reato commesso e dalla sanzione che merita. In tutto il mondo sono i giudici a decidere la pena di un malvivente. Con questa legge, il giudice non avrebbe più alcuna facoltà. Dovrebbe solo espellere lo straniero. E basta.
La diffidenza verso i criminali stranieri è aumentata ulteriormente dopo gli ultimi episodi terroristici a Parigi e dopo gli incredibili abusi di Colonia.
A noi tutti preme punire i criminali. E una persona può già essere espulsa dalla Svizzera con la legge attuale. Con la modifica chiesta dall'UDC, invece, si espellerebbe chiunque. C'è differenza tra uno che ammazza perché gli piace uccidere e uno che ammazza per difesa. Così come c'è differenza tra uno che uccide e uno che ruba. Queste sfumature non verrebbero più prese in considerazione. Tutti gli esseri umani hanno diritto a essere giudicati e a subire una pena giusta, commisurata al reato commesso.
I promotori dell'iniziativa sostengono che votare ‘sì’ significhi semplicemente tutelare sé stessi e la propria terra.
Ma così la giustizia la farebbe il popolo e non i giudici. Di questo pasto diventeremmo come i talebani. Senza contare che, per tutti i casi non legati a tortura e genocidi, le disposizioni della legge svizzera in materia prevarrebbero sul diritto internazionale. Questo significherebbe creare tensioni tra la Svizzera e la Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo.
L'appello urgente, di cui lei è uno dei volti, rappresenta una 'prima' elvetica.
Sì. Perché parte dal mondo della cultura e della ricerca. È stato sottoscritto da tantissime personalità, tra cui anche ex politici di destra come ad esempio Pasca Couchepin. Stiamo ottenendo un ampio consenso. E i fondi raccolti serviranno per sussidiare la nostra campagna. Sperando che chi si reca alle urne capisca il reale valore di questo voto.