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TICINOAumentano i posti di lavoro, la disoccupazione non scende

28.02.12 - 19:25
Impieghi, aumento dell'1,3% in un anno in Ticino. +4,3% nel settore secondario. Il parere di Stefano Rizzi (DFE) e Stefano Modenini (AITI)
Tipress (archivio)
Aumentano i posti di lavoro, la disoccupazione non scende
Impieghi, aumento dell'1,3% in un anno in Ticino. +4,3% nel settore secondario. Il parere di Stefano Rizzi (DFE) e Stefano Modenini (AITI)

BELLINZONA - Di primo acchito i dati statistici forniti questa mattina dall’Ufficio federale di Statistica, potrebbero far tornare un pizzico d’ottimismo tra i ticinesi. Da Neuchâtel  le cifre giunte oggi premiano il Ticino del lavoro: su base annua, l'espansione del mercato del lavoro avuta nel quarto trimestre dello scorso anno, ha segnato un +1,3%. Nel settore secondario addirittura si è registrato un balzo del + 4,3%.
Come interpretare questi dati? Si può finalmente zittire le cassandre che parlano di crisi e scenari cupi sul fronte occupazione e lavoro? Difficile.

Rizzi: "Posti di lavoro non tutti destinati ai residenti" - In tutti i casi è Stefano Rizzi, Direttore della Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia, ad aiutarci a capire: “Si constata un aumento della base occupazionale, aspetto questo positivo, perché è la dimostrazione chiara che il nostro è un territorio capace di attrarre investimenti e creare posti di lavoro. D’altra parte, però, c’è un livello di disoccupazione stabile. Ciò vuol dire che questi posti di lavoro non sono tutti destinati ai residenti. La disoccupazione, malgrado l’aumento della base occupazionale, non diminuisce. Questo fenomeno è legato a un importante aumento dei frontalieri”.

Modenini poco entustiasta - Stefano Modenini, presidente dell’Associazione degli Industriali Ticinesi, non si lascia andare a facili  entusiasmi, soprattutto per quanto riguarda l’aumento del 4,3% di numero di impieghi, registrato nel settore secondario: “Dobbiamo innanzitutto capire quanto è stato l’aumento riguardante il comparto manifatturiero. Non dimentichiamoci che, per settore secondario, si intende anche l’edilizia”.

Le difficoltà arrivano ora - Le cifre, infatti, sono di difficile interpretazione. Modenini invita, per capire meglio l’aria che tira nell’industria ticinese, a basarsi anche sui dati che riguardano le previsioni nel settore: “Il 67% di circa 200 industriali intervistati ha dichiarato che, anche nei prossimi mesi manterranno il proprio organico, l’8,4%, invece, li aumenterà, mentre il 7,5% è intenzionata a ridurli”. Modenini , nel ricordare che la cifra degli industriali intenzionati a ridurre il proprio organico era del 5,1% nel 2010, mette in guardia su quelli che saranno gli effetti del franco forte sull’industria ticinese: “Agli inizi dello scorso anno il franco era più debole rispetto all’euro e le difficoltà conseguenti a questa situazione, si stanno cominciando a intravvedere proprio in queste settimane”.

Arrivano i licenziamenti - Modenini svela che nei prossimi giorni qualche azienda ticinese si appresterà ad annunciare licenziamenti : “La situazione è delicata. Lo si capisce anche dall’assottigliamento del numero di lavoratori interinali e dall’aumento della tendenza a ricorrere all’orario ridotto”.

Trovare soluzioni con il sindacato - Tuttavia, Modenini, sebbene si dichiari preoccupato della situazione, preferisce evitare facili catastrofismi: “A livello generale e strutturale il settore industriale regge. Tiene ancora, perché, nonostante tutto, non vi sono ancora aziende che hanno deciso di prendere misure pesanti e, prossimamente, rischi chiusura non ce ne sono. Nel 2012 dovremo riuscire a trovare soluzioni e con il sindacato e con i dipendenti per quanto riguarda alcune realtà industriali”.

L'euro si conferma quale moneta di scambio in Svizzera - Il presidente degli industriali ticinesi lancia un messaggio a tutti, in primo luogo ai sindacati, affinché si comprendano fino in fondo le ragioni delle aziende, confrontate con una concorrenza estera sempre più agguerrita e, ormai come detto centinaia di volte, con un franco svizzero forte, troppo forte per reggere il confronto internazionale. Non si salvano neppure le ditte che operano nel mercato interno svizzero, che ricevono la richiesta di poter essere pagate in euro, anziché in franchi svizzeri:  “Ci sono sempre più aziende ticinesi – spiega il direttore di AITI -fornitrici di aziende svizzere che ricevono offerte di richiesta in euro, anziché in franchi svizzeri. E ciò vuol dire che si instaura così una tendenza al ribasso dei prezzi, con tutto quello che ne deriva”.

La richiesta di delocalizzare - Ma le preoccupazioni non finiscono qui: “Diverse aziende – continua Modenini - si sono sentite chiedere dai loro clienti di delocalizzare e andare a stabilirsi vicino a loro. Aziende ticinesi che forniscono grandi gruppi industriali internazionali dell'aeronautica, dell'auto o della meccanica di precisione, si sentono dire che sono troppo cari e vengono invitate a trasferire i loro centri di produzione vicino ai loro mercati”.

"Capire gli industriali" - Modenini aggiunge: “Qui non ci stiamo rendendo conto delle difficoltà del comparto industriale ticinese. E ricorda anche quelli che sono “i problemi di fornitura delle materie prime”. “I prezzi stanno esplodendo. L’aumento della domanda proveniente dalla Cina ha provocato un aumento di prezzo molto importante di plastica, metalli, rame, metalli pregiati. Diventa più difficile poterli comperare. E non a caso sono nati in Svizzera dei gruppi di acquisto. Le aziende si consorziano per poter avere più potere d’acquisto nei confronti dei fornitori. E alle volte  capita ad alcune aziende di subire ritardi di produzione perché non arrivano le materie prime, come  rame, palladio e metalli pregiati in genere, che servono per lavorazioni di qualità. La domanda è forte.

E per l'azienda ticinese non è semplice muoversi. Soprattutto perché la riduzione dei margini incide sulla liquidità e ciò rende più difficile fare investimenti. E l’azienda deve quindi ricorrere all’aiuto delle banche, iter non sempre così facile ed immediato.
 

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