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INTERVISTA"I farmaci mi stavano rovinando la vita"

22.03.10 - 09:19
Parla una 29enne ticinese. "Tutto ha avuto inizio con un periodo difficile, ma in breve sono diventata dipendente. I medici avrebbero continuato a tenermi sotto sedativi, ne sono uscita grazie alla famiglia".
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"I farmaci mi stavano rovinando la vita"
Parla una 29enne ticinese. "Tutto ha avuto inizio con un periodo difficile, ma in breve sono diventata dipendente. I medici avrebbero continuato a tenermi sotto sedativi, ne sono uscita grazie alla famiglia".

LUGANO - Secondo l’INCB (International Narcotics Control Board), la Svizzera è al  terzo posto nel consumo di benzodiazepinici (tranquillanti) e al quarto posto nel consumo di ansiolitici. Una Svizzera tormentata verrebbe da pensare, oppure di manica troppo larga nella distribuzioni di farmaci psicoattivi.

F. ragazza 29enne, oggi impiegata, separata e con una bambina di 9 anni, ha sperimentato sulla sua pelle cosa vuol dire entrare in contatto con gli psicofarmaci e con chi li prescrive.
“Tutto ha avuto inizio con un periodo difficile. Ero consumata dai problemi in famiglia e dallo stress della vita frenetica che conducevo. Caddi in depressione e venni ricoverata in clinica. Iniziarono a darmi tutta una serie di psicofarmaci, sia per flebo che in pastiglie. Sul momento non ci feci caso, ero da un’altra parte e così ho subito passivamente la terapia”.

Poi cos’è successo?
“In breve tempo, senza nemmeno accorgermene, sono diventata dipendente. I medici, invece che allontanarmi da questa dipendenza, aumentavano le dosi de farmaci. Nello stesso periodo avevo anche un disturbo dell’alimentazione, pesavo 47 chili. Solo successivamente ho scoperto che gli psicofarmaci che assumevo equivalevano al dosaggio per due adulti. Mi rovinarono la vita.

Quali sono gli effetti di questi farmaci?
Quando li prendi non ti interessa più niente. Ti trasformano in un vegetale, ti svuotano, in testa non hai più niente”.

Come sei stata supportata dopo la clinica?
“Quando sono uscita dalla clinica mi ha seguita il servizio psicosociale. Vedevo regolarmente uno psicologo e uno psichiatra. Il primo, ogni volta, non faceva altro che far crollare quel piccolo barlume di sicurezze che credevo di aver conquistato. Andava a toccare i miei punti deboli. Partivo che pensavo di stare meglio e tornavo a casa in uno stato pessimo. Il secondo invece continuava a costringermi a prendere i farmaci. Io volevo  smettere, ero stanca, i farmaci non mi permettevano di condurre una vita normale. Faticavo a parlare, a muovermi, a ricordare le cose”.

Chi ti ha aiutata?
“Il vero aiuto l’ho ricevuto dalle persone che mi sono state vicino. Ho voluto reagire e ho ridotto gradualmente coi farmaci. I medici erano contrari. Spesso li assumevo solo prima del colloquio con lo psichiatra, ma nel frattempo ne stavo venendo fuori. Loro avrebbero continuato a tenermi sotto sedativi. Non so perché, non so se hanno degli interessi, so solo che più si va avanti, più la dipendenza è forte e più diventa difficile tirarsene fuori”.

Come hai reagito?
“Il processo di ‘riabilitazione alla vita’ è stato molto lungo. Quando smetti con i farmaci ti riscopri svuotato. Non sai più cosa desideri, cosa ti piace, quali sono i tuoi obiettivi. Devi ricostruirti da zero. Il mio è stato un lavoro molto lungo, ho dovuto riacquistare sicurezza in me stessa, ritrovare la mia autostima. I farmaci in questo non mi hanno aiutato. Nel periodo in cui li assumi, è vero, ti allontani dai problemi che ti affliggono, ma i problemi restano. Il farmaco da solo non è di nessun aiuto”.

Cosa vorresti dire a chi sta vivendo una situazione difficile?
“L’unica cosa che posso consigliare è di aggrapparsi a quelle cose che si ritengono importanti, anche se agli occhi degli altri non lo sono. Occorre avere dei punti fermi nella vita. Io sono stata fortunata, la mia famiglia mi è stata vicina e mi sono concentrata su mio figlio”.

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