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GENESTRERIOMalori alla Swatch, parlano gli operai

25.02.10 - 07:32
Vogliono restare anonimi, hanno paura di pedere il proprio posto di lavoro. Ma sono preoccupati per la misteriosa sostanza che sta causando allergie ad alcuni operai: eritemi, pruriti, vomito, mal di testa, mal di stomaco, difficoltà respiratorie.
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Malori alla Swatch, parlano gli operai
Vogliono restare anonimi, hanno paura di pedere il proprio posto di lavoro. Ma sono preoccupati per la misteriosa sostanza che sta causando allergie ad alcuni operai: eritemi, pruriti, vomito, mal di testa, mal di stomaco, difficoltà respiratorie.

GENESTRERIO - "Sul problema manifestatosi nello stabilimento di Genestrerio non siamo ancora in grado di determinarne l'origine. Il medico cantonale, chimici ed esperti della Suva stanno lavorando sul caso". A riferire della situazione è la Swatch Group, attraverso la sua portavoce Beatrice Howald.

Un vero e proprio mistero - E' ancora tutto da chiarire quello che è un vero e proprio mistero alla Swatch di Genestrerio. Anche dalla Suva non si è riusciti a capire molto di più della misteriosa allergia che ha colpito una ventina di lavoratori sui circa duecento operai, che, da alcune settimane soffrono di eritemi e dermatiti che li costringono, ancora oggi, a restare a casa.

"Non ci sono novità - ci ha confermato Fiorenzo Gioli della Suva di Bellinzona - L'unica cosa che siamo riusciti a capire è che l'origine di questi fenomeni si trova all'interno dello stabilimento. Infatti gli operai colpiti vedono attenuarsi questo problema dal momento in cui si allontanano dalla fabbrica. In tutti i casi sono seguiti da personale medico, che stanno effettuando controlli serrati, con controlli dermatologici". Gioli è convinto che entro fine settimana si riuscirà a chiarire l'origine di questo problema e anche a debellarlo: "Quello che è certo è che non si tratta del materiale manipolato dagli operai, ma preferisco non esprimermi su quelle che sono le ipotesi finora avanzate. Sarebbero solo speculazioni. Gli accertamenti sono ancora in corso".

In silenzio per paura di ritorsioni - E se dalla Suva si apprende che la collaborazione con la direzione la collaborazione è eccellente, alcuni operai, che naturalmente preferiscono mantenere l'anonimato per paura di ritorsioni da parte della direzione, descrivono la loro angoscia. A regnare è, infatti, la paura: "Non sappiamo cosa respiriamo, non sappiamo cosa provoca questi problemi e dalla direzione non ci viene altro detto che non c'è nulla di pericoloso, anche se loro stessi ammettono di non sapere nulla".

Il primo caso già a dicembre - Da alcuni lavoratori abbiamo appreso che il primo caso, isolato, si è manifestato a dicembre, quando "una collega presentava eritemi molto evidenti su gran parte del corpo". Alla donna, così ci è stato raccontato, "non le è stato concesso neppure di entrare in reparto col camice leggermente sbottonato. Il suo collo era rivestito di eritemi e il colletto del camice le dava molto fastidio. I responsabili, allora, le hanno consigliato di stare a casa e di tornare una volta guarita. Quella ragazza, però non è ancora tornata sul posto di lavoro, ma non per sua scelta. "Infatti, da quanto ci hanno riferito, la responsabile del personale le ha già comunicato la loro non intenzione nel proseguire il rapporto di lavoro, causa "assenteismo". Dalla Swatch, in tutti i casi, ci è stato assicurato che "nessuno dei lavoratori colpiti da questa misteriosa allergia costretti a restare a casa verrà licenziato".

Qualcuno parla, e rompe il silenzio - Da chi ha avuto il coraggio di parlare siamo riusciti a ricostruire la cronologia dei fatti vissuti direttamente dalle persone interessate: gli operai. "Tre settimane fa due dei nostri colleghi indossano il camice, come sempre, ed entrano in reparto. Dopo qualche minuto uno di loro si riempie di eritemi ed inizia ad avere un prurito incontrollabile. Un altro di loro si gonfia e diventa completamente rosso. La direzione ci tranquillizza, dicendoci che, probabilmente, l'origine del problema sarebbero stati i camici. I responsabili ci dissero, allora, di togliere il camice e di comunicare il proprio nome a chi presentava questo tipo di fastidio. Così hanno fatto quasi tutti coloro che, anche il giorno seguente, indossati i nuovi camici consegnati, presentavano il problema. Nulla da fare, il prurito persisteva ed aumentava il numero delle persone colpite".

I sintomi e i malori - A quanto ci viene raccontato, però, il prurito non è che uno dei mali minori: "ad una impiegata, entrando in reparto, si sono gonfiate lingua e gola rischiando il soffocamento, alcune colleghe sono svenute, altre sono state costrette ad abbandonare la postazione a causa di mancamenti. Fra i sintomi più comuni, vomito, mal di testa, mal di stomaco, difficoltà respiratorie, in alcuni casi dolori intercostali, secchezza del cavo orale, mal di gola, febbre e dermatiti acute".

Le spiegazioni della direzione - "Dal direttore - ci raccontano -  in assemblee sempre più frequenti, è stato ipotizzato che le cause di questo problema potrebbero essere l'utilizzo di prodotti irritanti impiegati per il lavaggio dei camici; oppure derivante dalla silica-gel, sfere deumidificanti che durante il trasporto dei materiali avrebbero assorbito sostanze irritanti per la pelle".

Spiegazioni che non convincono del tutto gli operai, soprattutto quando il direttore dello stabilimento dice "che nella maggior parte dei casi, almeno per quanto riguarda il prurito, si tratta solo di un fattore psicologico". Il direttore, stando a quanto riferito dagli operai, avrebbe detto che "quando la mia collega si gratta, mi gratto anche io".

La paura di perdere il posto di lavoro - Tra i lavoratori, quindi, regna l'incertezza e la paura. Regna quell'angoscia di perdere il posto di lavoro che costringe, secondo il racconto di alcuni operai, di lavorare: "Alcune persone sono state costrette ad abbandonare il posto di lavoro anche recentemente. Persone già giudicate particolarmente a rischio ma richiamate in ogni caso al lavoro dalla nostra direzione, nonostante le raccomandazioni del medico fossero in senso contrario".

E poi la paura di parlare: "Giorni fa alcuni giornalisti hanno cercato di intervistarci ma ci è subito stato negato dal direttore, il quale sotto più o meno esplicita minaccia di licenziamento era presente nel parcheggio della ditta osservando che ognuno di noi evitasse di rispondere a qualsiasi domanda".

Da parte sindacale, Davide Polli, dell'Unia di Mendrisio, sull'intera vicenda, ha così commentato: "Vogliamo la massima trasparenza. Trasparenza sulle condizioni di lavoro dei lavoratori. Lavoratori che devono essere informati su quello che sta succedendo".  

RED

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