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SVIZZERAIracheni a processo: per comunicare usavano un linguaggio in codice

29.02.16 - 19:56
Gli imputati hanno negato le accuse di affiliazione terroristica barricandosi dietro al silenzio quando messi alle strette
FVR / M. Franjo
Iracheni a processo: per comunicare usavano un linguaggio in codice
Gli imputati hanno negato le accuse di affiliazione terroristica barricandosi dietro al silenzio quando messi alle strette

BELLINZONA - È arrivato in Svizzera dall'Iraq passando per Roma e Milano e varcando il confine via treno Osama M., uno dei quattro sospetti militanti dell'Isis alla sbarra oggi al tribunale federale di Bellinzona.

Principale imputato del processo - e accusato con i compagni di partecipazione e sostegno di un'organizzazione criminale - si è presentato in aula seduto su di una sedia a rotelle. Per via dei suoi problemi di salute M., dal 2012 a oggi, si è sottoposto a diversi interventi chirurgici (uno dei quali definito «importante») per i quali ha avuto diverse diatribe con le assicurazioni malattia.

Imputati con lui Wesam A., residente a Zurigo e disoccupato dal 2012,  Mohammed O., che denuncia davanti al giudice «maltrattamenti in carcere», e l'imam Abdul Rahman A. (35 anni, che non è agli arresti, ma ha precedenti per falsificazione di documenti d'identità). Oggetto d'indagine è, tra le altre cose, una pagina Facebook su cui uno degli imputati avrebbe caricato foto e video di uccisioni.

Tutti negano le accuse del procuratore con l'eccezione di Osama M., che ammette colpevolezza solo per quanto riguarda «l'attività di passatore». Per ciò che concerne la pagina social incriminata, c'è chi nega di aver gestito la pagina (Wesam A.) ma sostiene di averla solo creata per conto di  Abdul Rahman. Quest'ultimo invece ha affermato di «averla utilizzata solo due o tre volte senza aver mai caricato nulla», né video né immagini. 

Vero e proprio cuore della giornata processuale i registri delle conversazioni su Skype dei quattro, dai quali spicca la frase di Osama M.: «Fratello, io sono un musulmano monoteista e un soldato che ama lo Stato islamico», definita dall'imputato «uno semplice scherzo». Alla domanda della corte su chi fosse Abu Hajer, contatto iracheno di Osama M. e personalità notoriamente vicina al Califfato con il quale chattava spesso, l'imputato ha risposto: «È un uomo buono».

Peculiare caratteristica delle conversazioni digitali fra i quattro (e fra Osama M. e Abu Hajer) è l'utilizzo evidente di un qualche tipo di codice: parole come «lavoro», «anguria», «cuocere il pane», «panetteria» e «consorte», ricorrevano in diverse frasi senza logica apparente. Se inizialmente l'imputato ha difeso la tesi che si trattasse di un semplice errore di traduzione dall'arabo da parte degli inquirenti, sollecitato ulteriormente dall'accusa (che riteneva che «anguria» potesse significare «bomba») ha preferito poi barricarsi nel silenzio. 

La sessione è stata aggiornata a martedì.

 

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