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CALCIOÈ morto Roberto Morinini

16.03.12 - 16:47
Il Ticino perde un altro grande uomo di sport, ex allenatore di Lugano e Bellinzona
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È morto Roberto Morinini
Il Ticino perde un altro grande uomo di sport, ex allenatore di Lugano e Bellinzona
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GUDO - Roberto Morinini se n’è andato. Se lo è portato via quel male tremendo contro il quale stava lottando da tempo. Il Ticino perde così un grande uomo di sport, profondo conoscitore del calcio svizzero. Dell’ex allenatore di Lugano e Bellinzona, laureato in scienze dell'educazione e in economia politica, rimarrà soprattutto il grande coraggio. Fino allo scorso autunno si era recato negli studi televisivi della RSI per commentare le partite delle coppe europee. A tutti diceva che stava bene. In realtà la malattia, dopo una ripresa positiva, era ritornata. Purtroppo più forte di prima.

Dici Morinini e pensi soprattutto allo storico exploit di San Siro, in Coppa Uefa. È il 26 settembre del 1995, Inter-Lugano 0-1, gol di Carrasco. Nerazzurri eliminati, bianconeri in delirio. E il tecnico di Gudo passeggia sull’erba del Meazza con una tranquillità pazzesca. Un fotogramma indimenticabile. Da lì in poi il mister conoscerà anni felici. All’Atletico Catania, ad Avellino, ad Andria. In Italia, soprattutto in Sicilia e in Irpinia, lo ricordano con affetto. La rivista Calcio 2000 in quegli anni lo definì ‘un po’ mago, un po’ illusionista’. Vero. Definizione sacrosanta.

In seguito ci sarà il ritorno a Lugano, nei primi anni del nuovo millennio. È Morinini l’uomo della rinascita bianconera. Con una squadra da urlo arriva a un passo dal titolo e a giocarsi l’Europa. Alcuni temerari in quegli anni accostano il suo nome addirittura alla nazionale svizzera. Il resto è fatto di alti e bassi. Tanta sfortuna, una serie di avventure finite male. Squadre disastrate prese in corsa, senza successo. Aggiungiamoci pure qualche errore dello stesso mister di Gudo, fedele fino all'inverosimile alla sua filosofia. Il tutto fino all’incredibile salvezza ottenuta a Bellinzona nel maggio del 2010.

Un personaggio schietto, fin troppo. Una volta gli chiesero se, quando un allenatore veniva licenziato, lui pensasse a quel posto divenuto improvvisamente libero. La risposta fu sì. Senza tanti fronzoli. Una risposta poco ovvia in un mondo, quello del calcio, fatto di ipocrisia a oltranza. Lui ipocrita non lo è mai stato. Semmai mandava segnali in codice. Dietro a ogni parola di Morinini c’era un messaggio che lui voleva lanciare ai giornalisti o agli avversari. E poi quei lunghi silenzi, lo sguardo fisso nel vuoto. Il mister non era di certo uno che faceva l’unanimità. Anzi. A molti stava pure antipatico. Forse perché era uno vero. Uno che non si faceva problemi a dire ciò che pensava. Uno che non si nascondeva mai dietro alla diplomazia. Coerente fino all’estremo, Morinini ha pagato spesso per il suo modo di essere. La fine della sua avventura esattamente un anno fa (era il 21 marzo) a Bellinzona ne è la prova. In quel caso specifico ebbero il loro peso anche la malattia e la scarsa coerenza di alcuni dirigenti granata.

Lui si teneva tutto dentro. Non era uno che manifestava apertamente i suoi sentimenti. E quando veniva intervistato in televisione su temi spinosi offriva vere perle. Indimenticabile la risposta alla critica del politico Fabio Regazzi che sosteneva che Morinini non fosse l’uomo giusto per allenare il Bellinzona. Il mister di Gudo, con la sua solita espressione, rispose al cronista televisivo ‘Non so chi sia questo signore’.

Erano tanti i detrattori di Morinini. Lo scorso maggio lo avevano messo in croce per quell’sms scritto al presidente del Lugano Angelo Renzetti. Quell’sms che lo aveva riportato a Cornaredo. Nel suo stadio. Critiche a tratti feroci. Assurde. Ingiustificate. Perché chi, nella sua delicatissima situazione, non avrebbe avuto voglia di riprovare a mettersi in gioco?

 

 

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