Angelo Duro, il più scorretto e irriverente dei comici, arriva a Locarno lunedì 8 maggio
LOCARNO - Scorretto, irriverente, ma decisamente unico nel suo genere. È Angelo Duro, comico dissacrante che il grande pubblico ha imparato a conoscere magari con il Festival di Sanremo e che lunedì 8 maggio arriva al Palexpo Locarno con il suo spettacolo "Sono cambiato", organizzato da MyNina Spettacoli e prodotto da Da Solo Produzioni. Lo abbiamo intervistato.
“Sono cambiato": è solo un titolo o è un dato di fatto?
«È un dato di fatto. Sono cambiato. E lo sto dimostrando a tutti, in questo tour. Ognuno di noi, a un certo punto nella vita, ha bisogno di cambiare. E ci vuole coraggio. Per cambiare. Io l’ho fatto. Sono cambiato. E pure tanto. E chi viene a vedermi è proprio entusiasta, del mio cambiamento. Si sciocca. Non ci può credere, che io sia cambiato così. Li rende fieri. E adesso non vedo l’ora di mostrarvelo anche in Svizzera, che sono cambiato. Perché se uno come me può cambiare, può essere d’esempio. Per aiutare molti di voi, che non riescono a cambiare. Vi ho aiutato io. Tranquilli. Vi aiuto io».
Chiuderai a Locarno la parte europea del tour: il tuo approccio è differente per gli spettacoli fuori dall'Italia?
«No, per me le città sono tutte uguali. Perché lo sono pure gli esseri umani. Cambia la lingua, il cibo, la cultura, ma gli istinti sono sempre quelli. Quindi in ogni paese del mondo trovi esseri umani che fanno schifo. Perciò, tranquilli, la Svizzera non si deve sentire esclusa in questo. Anche da voi ci sono le m...e. Come in qualunque altro paese. State sereni. Non siete esclusi. Ci tengo a confortarvi. Non è giusto che vi sentiate inferiori».
Sanremo è stata una parentesi o uno snodo importante per la tua carriera?
«No. È stato una parentesi importante per loro. Non per me. Non erano abituati al mio tipo di schiettezza. Lì si dicono solo belle parole. Per apparire bravi, buoni, tolleranti. Invece, mentre le dicono, stanno pensando le peggio cose pure loro. Ma se le tengono dentro. Perché hanno paura a mostrarsi per quello che sono. Così gliele ho detto io, quello cose. Fottuti».
Il politically correct è una gabbia, lamentano svariati tuoi colleghi: come si può fuggirne?
«Non so di che cosa stai parlando. Intanto non ho colleghi. Perché io sono unico. E l’ho detto mille volte: io non sono un comico. I comici è giusto che stiano attenti a fare battute sulla gente. Perché la gente magari può travisare. E sentirsi offesa. E non è giusto. Io non sono un comico. Quindi le cose che dico, le penso sul serio. E non c’è nessuna possibilità, di travisare. No. Io, quando dico delle cose, non ci sono dubbi, ma certezze. Volevo offendere eccome. Certo che ti volevo offendere. Altrimenti facevo il comico. Non esiste. Io ci tengo, che tu ti offenda. Assolutamente. Se non ti offendi ci resto male. Di m...a. Se non ti offendi mi offendo io».
La libertà di pensiero continua a fare paura?
«No. Che paura. Perché, che c...o di pensiero c’è oggi? Il nulla. Quindi che paura può fare il pensiero? Niente. Le persone dicono solo c...e. Che pensieri sono questi? Dicono le cose che hanno letto su internet, che c...o di pensiero è questo? E ti spaventa sto pensiero? Ma stai zitto. Avete scambiato per pensiero la libertà di dire c...e. Questo avete fatto. Chiamatela nel modo giusto. “Libertà di dire c...e”, no pensiero. Questa è frase giusta. Sti scemi. Vi saluto».