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STATI UNITIL'ordine esecutivo di Trump «è illegale»

28.01.17 - 17:08
Violata una legge del 1965. Lo scrive il New York Times in un editoriale firmato da David J. Bier
L'ordine esecutivo di Trump «è illegale»
Violata una legge del 1965. Lo scrive il New York Times in un editoriale firmato da David J. Bier

NEW YORK - L'ordine esecutivo con cui Donald Trump sospende per 90 giorni l'immigrazione da sette Paesi a maggioranza islamica è «illegale» perché viola una legge Usa del 1965 che vieta qualsiasi discriminazione contro gli immigranti basata sull'origine nazionale. Lo scrive il New York Times in un editoriale a firma di David J. Bier.

La legge fu approvata «dopo una lunga e vergognosa storia in questo Paese di bandi agli immigranti sulla base della loro provenienza», spiega l'articolista ricordando che dalla fine del XIX secolo ci sono state leggi che hanno «escluso tutti i cinesi, quasi tutti i giapponesi, poi tutti gli asiatici nelle cosiddette asiatic barred zone».

«Alla fine, nel 1924, il Congresso creò un "sistema basato sull'origine nazionale", usando le quote di immigrazione a beneficio degli europei occidentali ed escludere molti europei orientali, quasi tutti gli asiatici e gli africani», prosegue il Nyt.

Ma l'Immigration and nationality act del 1965 «vietò tutte le discriminazioni contro gli immigranti sulla base dell'origine nazionale, sostituendo il vecchio sistema pregiudiziale e dando a ciascun paese una parte uguale nelle quote».

Firmando la legge l'allora presidente democratico Lyndon Johnson disse che «la dura ingiustizia» del sistema di quote basato sulla provenienza nazionale era stato «abolito». Trump, precisa il quotidiano, potrebbe evocare una legge del 1952 che consente al presidente di «sospendere l'ingresso» di «qualsiasi categoria di stranieri» che dovesse ritenere «dannosa» agli interessi nazionali, come ha scritto nel suo ordine esecutivo.

Ma, aggiunge il giornale, il presidente ignora che il Congresso poi restrinse questo potere nel 1965, stabilendo che nessuna persona può essere «discriminata nell'emissione di un visto per immigranti a causa della sua razza, sesso, nazionalità, luogo di nascita o residenza».

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