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LUGANODifendere l'italiano, non solo in Svizzera

11.06.14 - 20:46
Lanciato il dibattito sulla difesa della lingua italiana al di fuori dei confini della Confederazione. Lo scrittore svizzero Sergio Roic illustra la situazione nella nella sua terra di origine, la Croazia
Nella foto d'archivio (Keystone) la città croata di Dubrovnik (Ragusa)
Difendere l'italiano, non solo in Svizzera
Lanciato il dibattito sulla difesa della lingua italiana al di fuori dei confini della Confederazione. Lo scrittore svizzero Sergio Roic illustra la situazione nella nella sua terra di origine, la Croazia

LUGANO - Sebenico, cittadina dalmata affacciata sul mare, ha visto nascere grandi personaggi che tanto hanno contribuito alla diffusione nel mondo della lingua e della cultura italiana ed europea. "Tra tutti spicca il nome del grande Nicolò Tommaseo, che scrisse in italiano" ci dice Sergio Roic, scrittore e giornalista di origini croate nato proprio nella città del grande letterato italiano. L’esponente del PS luganese è accusato da un lettore del CdT di non occuparsi come dovrebbe  della difesa dell'italiano nella sua terra di origine. "Non è vero che la lingua italiana è mal vista in Croazia" dice Roic rispondendo al lettore. La patria di origine dell'esponente del PS di Lugano è proprio la Croazia, che dopo la Seconda Guerra Mondiale ha visto attribuite quelle terre irridente italiane, Istria e Dalmazia, che le erano state promesse prima della Prima guerra mondiale, ma poi soltanto parzialmente attribuite dagli alleati all''Italia, nonostante la vittoria. Vittoria che è passata nella storia italiana come "mutilata". Quella continuità adriatica per la quale hanno combattuto tanti italiani che volevano l’Italia da Trieste a Ragusa (oggi Dubrovnik), si limitò all'Istria, Fiume e alla dalmata Zara. Nel dopoguerra si dovette attendere fino al trattato di Osimo, firmato il 10 novembre del 1975, per rendere definitive le frontiere tra l'Italia e l'allora Jugoslavia e regolare le questioni riguardanti l'identità della popolazione di lingua italiana in territorio jugoslavo.

Ed è proprio su quest'ultimo punto che il lettore del Cdt apre la discussione, accusando Roic,  in sostanza, di incoerenza. Un lettore che si è chiesto se lo scrittore ticinese di origini croate, "tanto interessato a difendere l'italiano in Svizzera" non si preoccupi, invece, della lingua italiana in Croazia "dove una moltitudine lo parlavano ed ora hanno difficoltà ad esprimersi in quella lingua".

Italiano bandito in Croazia? Ricordando che dopo il Secondo conflitto bellico oltre 300mila esuli italiani hanno lasciato l’Istria e la Dalmazia per riparare in Italia, a spiegarci come stanno le cose oggi è lo stesso Roic, laureato in filosofia e lingua italiana a Zagabria. "Nel periodo che ha preceduto gli accordi tra Italia e Jugoslavia (quelli di Osimo del 1975, ndr) c'è stato in Istria un vero e proprio bilinguismo. Inoltre, ancora oggi, in tutta quella che era la zona B (era la parte nord-occidentale dell'Istria, da fuori Muggia fino al fiume Quieto, amministrata dall'esercito jugoslavo dove risiedevano 68mila abitanti, di cui 51.000 italiani, 8.000 sloveni e 9.000 croati secondo le stime della Commissione Quadripartita delle Nazioni Unite, ndr), i cartelli stradali sono bilingue".

Roic mette in evidenza l'importanza della lingua e cultura italiana a livello accademico nella ex Jugoslavia: "L'italianistica è fortissima sia in Slovenia sia in Croazia. Due tra i maggiori linguisti della lingua italiana, considerati tali in Italia, sono due croati: Josip Jernej e Pasao Tekavcic. La facoltà di italianistica è molto considerata, così come quella di Zara e di Pola. Tra l'altro, oltra a radio-tv Capodistria, che è slovena, in Croazia c'è Radio Pola che trasmette in italiano".

L'italiano sopravvissuto alle foibe e all'esodo degli istriani? "Certo. L'italiano è una lingua molto considerata e studiata. E molto meglio rappresentata in Croazia rispetto ad altri paesi sorti dalla ex Jugoslavia".

In tutti i casi Roic vuole precisare un punto che ritiene importante: "Sono cittadino svizzero da ormai quasi 25 anni e sono in Ticino da oltre quaranta. Al momento della naturalizzazione ho rinunciato al passaporto jugoslavo e ho tenuto solo quello svizzero. Anche se mi stanno a cuore le vicende della mia terra natale, la Croazia, penso che mi sia anche consentito e che abbia il diritto di occuparmi di faccende svizzere".

“La cultura dalmata è di ceppo senz'altro italico – ha continuato lo scrittore - Qualche anno fa a casa della mia famiglia, sull'isola di Hvar (Lesina) abbiamo ospitato uno dei più grandi linguisti romanzi al mondo, il professor Jürgen Trabant, della Libera Università di Berlino. E' stato lui a farci notare che tutti i campanili della Dalmazia sono la copia minore di San Marco. Io, che ci sono cresciuto e che ero abituato a vederli tutti i giorni non ci avevo mai fatto caso. C'è tutto un retaggio veneziano profondissimo ancora presente oggi. Anche i primi poeti del '500, definiamoli croati, scrivevano metà in croato e metà in latino. La latinità e la venezianità sono profonde”.

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