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ATTUALITÀAccordo sul nucleare iraniano, inizia una nuova era?

13.04.15 - 14:27
Il risultato dell’accordo politico supera ogni più rosea previsione
Accordo sul nucleare iraniano, inizia una nuova era?
Il risultato dell’accordo politico supera ogni più rosea previsione

LUGANO - Lo scorso 2 aprile a Losanna, Iran e il gruppo dei 5+1, cioè i 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU - USA, Francia, Cina, Russia e Regno Unito - più la Germania, hanno siglato un accordo preliminare che mira a limitare il programma di arricchimento dell’uranio iraniano ai soli fini civili impedendo, almeno per i prossimi 25 anni, che la Repubblica Islamica possa sviluppare l’ordigno nucleare. Si tratta di un accordo quadro e i dettagli tecnici, decisivi in questi casi, dovranno essere definiti prima dell’approvazione definitiva, prevista il prossimo 30 giugno. Il risultato dell’accordo politico supera ogni più rosea previsione sul possibile esito di un negoziato cominciato tra lo scetticismo generale un anno e mezzo fa e apre alla possibilità che vengano progressivamente rimosse le sanzioni economiche che colpiscono l’economia iraniana da diversi anni, e che sono state rese particolarmente stringenti a partire dal 2012.

La portata va, secondo noi, al di là dei soli aspetti legati al controverso programma nucleare iraniano: segna infatti il primo tangibile passo di distensione nelle relazioni diplomatiche tra USA ed Iran dopo 36 anni, da quando nel 1979 il regime degli ayatollah rovesciò quello dello Scià e, tra le altre cose, occupò l’ambasciata americana a Teheran tenendone in ostaggio numerosi membri per 15 mesi. Non a caso, il Presidente USA Obama ha paragonato l’accordo di Losanna a quello raggiunto da Reagan e Gorbaciov nel 1986 che, per certi aspetti, dette inizio alla catena di eventi che portò alla fine del blocco sovietico pochi anni dopo.

Le implicazioni economiche di una maggiore partecipazione dell’Iran all’economia globale sono potenzialmente rilevanti. Nonostante il sostanziale isolamento degli ultimi decenni, acuito negli ultimi anni dalle sanzioni commerciali imposte dall’Occidente, l’Iran è tuttora la 32esima economia mondiale per dimensioni del PIL nominale, stimato nel 2013 pari a USD370mld secondo i dati della Banca Mondiale. Tuttavia, nel biennio precedente, prima che le sanzioni provocassero una contrazione di oltre il 30% del PIL nominale, l’Iran era a ridosso delle prime 20 economie del mondo, con una dimensione stimata simile a quella del Belgio e superiore alla Norvegia ed all’Austria. Un ritorno verso la normalità comporterebbe quindi un’addizione, ancorché limitata in valore assoluto, alla domanda mondiale nei prossimi anni. Tra i punti di forza, in prospettiva, le quarte maggiori riserve petrolifere al mondo, stimate in 160mld di barili, e le seconde maggiori riserve di gas naturale al mondo dietro alla Russia. A ciò va aggiunto che la popolazione iraniana conta circa 80mln di persone, come la Turchia, per oltre metà inferiore ai 30 anni di età e con un grado di istruzione più che soddisfacente per gli standard di molti paesi emergenti.

Al di là dell’impatto diretto della domanda iraniana sul PIL mondiale, un aspetto rilevante di una progressiva normalizzazione delle relazioni internazionali con la Repubblica Islamica sarebbe rappresentato dalla riduzione delle tensioni geo-politiche internazionali. Di fatto, già dall’anno scorso l’Iran, sciita, ha un ruolo cruciale nel combattere le truppe dello Stato Islamico, sunnita, e ciò avviene a fianco del “nemico” storico all’interno dell’area medio-orientale, ovvero l’Arabia Saudita, e di altri paesi del Golfo di professione sunnita. Da questo punto di vista, le ricadute positive sull’attività economica globale potrebbero andare ben al di là dell’accelerazione dell’economia iraniana.

Il settore sul quale è prevedibile vi sarà il principale impatto di una maggiore partecipazione iraniana al commercio internazionale è quello energetico. L’americana Energy Information Administration (EIA) stima che l’Iran, qualora le restrizioni all’esportazione di petrolio fossero

rimosse, potrebbe rapidamente aumentarne la disponibilità sui mercati attingendo alle riserve che ha accumulato da quando, a seguito delle sanzioni UE del 2012, le esportazioni si sono praticamente dimezzate passando da 2.5 milioni di barili al giorno (mbd) a poco più di 1mbd. Con il tempo, e gli investimenti necessari, la produzione iraniana potrebbe strutturalmente aumentare di circa 0.7mbd, e ciò, in linea di principio, dovrebbe esercitare una pressione al ribasso sul prezzo del greggio, che l’EIA situa nell’intervallo 5-15USD al barile.

Tuttavia, non daremmo per questo per scontato che il prezzo del petrolio debba calare ancora. In primo luogo, il prezzo è determinato dall’andamento di domanda e offerta, e se quest’ultima può salire per effetto dell’accordo, altrettanto farà la prima se l’economia mondiale continuerà a crescere. Inoltre, l’Iran è un membro dell’OPEC e, anche senza sanzioni occidentali, non avrà piena libertà di produrre ed esportare. Sarà quindi cruciale l’esito della prossima riunione del cartello il 9 giugno ora che l’Arabia Saudita, regista del crollo dei prezzi lo scorso anno, potrebbe ritenere di avere raggiunto uno dei suoi probabili obiettivi, ovvero eliminare il rischio di un Iran sciita e potenza nucleare.

 

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