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ITALIAAbortisce perché muore il feto, i medici lo lasciano nell'utero

16.06.15 - 19:38
La donna è stata così sottoposta a due interventi a distanza di un giorno in due ospedali diversi
Abortisce perché muore il feto, i medici lo lasciano nell'utero
La donna è stata così sottoposta a due interventi a distanza di un giorno in due ospedali diversi

MONZA - Ha perso il suo bambino, e alla tragedia si è aggiunto il dramma di doversi sottoporre a due interventi a distanza di un giorno in due ospedali diversi, perché la prima volta i medici le avrebbero lasciato il feto nell'utero. Una vicenda su cui ora indaga la procura di Monza che ha disposto il sequestro della cartelle cliniche di entrambi gli ospedali. All'aborto la donna era stata costretta perché il feto di 12 settimane risultava morto.

"Ho deciso di denunciare le persone che mi hanno presa in cura, perché non ricapiti più a nessuno quello che è capitato a me", racconta disperata la donna, brianzola, 38 anni, che ha denunciato l'ospedale di Desio (azienda ospedaliera di Desio e Vimercate in provincia di Monza) e due medici, per un intervento di rimozione del feto che, in realtà, non sarebbe avvenuto, causandole un'infezione e costringendola ad un secondo intervento.

"Alla dodicesima settimana di gestazione, a fine maggio - racconta all'ANSA - sono andata dalla mia ginecologa di fiducia in una clinica milanese per una visita di routine e un'ecografia e per me è' arrivato il buio: mi hanno detto che non c'era più battito, il mio bambino non c'era più".

Dalla clinica le dicono che deve mettersi subito in contatto con un pronto soccorso. "Insieme al mio compagno abbiamo chiamato alcune strutture - continua la donna - e a Desio ci hanno detto che sarei potuta andare la mattina successiva, per effettuare l'intervento, così abbiamo fatto - prosegue - sono arrivata in ospedale la mattina. Ricordo solo molta agitazione in sala operatoria, mentre mi facevano la pre-anestesia, poi più nulla. Quando mi sono svegliata ho atteso per qualche ora che mi venissero a visitare, ma nessuno mi ha controllata o fatto un'ecografia".

Qualche ora più tardi, secondo quanto denunciato dalla donna, viene dimessa. "La lettera di dimissione mi è stata consegnata da un'infermiera - racconta - senza nemmeno l'indicazione di una terapia antibiotica o una prescrizione di alcun tipo, ma di medici non ne ho visti".

"La mattina dopo non mi sentivo bene, continuavo ad avere dolori all'addome, mi sentivo strana, qualcosa non tornava - continua nel racconto - così ho deciso di andare in Pronto Soccorso, ma stavolta sono andata a Melzo". Arrivata in ospedale la trentottenne è immediatamente visitata e sottoposta a ecografia "Quando mi hanno fatto l'ecografia, sono rimasti di sale loro per primi - continua a raccontare la donna -. Mi hanno detto che il mio bambino era ancora nell'utero, io non ci potevo credere. Mi hanno portata di lì a poco in sala operatoria, gli esami hanno rivelato un principio di infezione. Sono stata operata una seconda volta in meno di quarantotto ore. Un nuovo dolore, una nuova anestesia e un nuovo trauma".

Dimessa all'indomani del secondo intervento la donna ha deciso di presentare denuncia. "È inammissibile che succedano cose del genere, il dolore è già forte così - conclude - oltretutto avevo espressamente richiesto a Desio che sul mio bimbo venissero effettuati accertamenti, così da poter capire le cause della sua morte. Mi domando, ma se era ancora nella mia pancia, quali referti mi avrebbero consegnato tra un mese? Cosa mi hanno tolto? In più, dato che sono passate molte ore, gli stessi esami che verranno comunque tentati dal personale sanitario di Melzo, non potranno dare risposte certe. Non saprò mai cosa è successo, se non che ho attraversato un inferno".

Il caso è arrivato sul tavolo della Procura della Repubblica di Monza, che ha già disposto il sequestro delle cartelle cliniche della trentottenne sia all'ospedale di Desio che a quello di Melzo (queste ultime al solo scopo di effettuare un raffronto). La Direzione Sanitaria dell'Azienda Sanitaria di Desio e Vimercate sta raccogliendo informazioni sul caso e per ora non ha voluto rilasciare dichiarazioni.

 

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