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GINEVRA / STATI UNITI"Obama ha provato a fare il buono, ma il sistema è più forte"

24.09.14 - 06:04
Gli USA bombardano la Siria. E ritornano i dubbi sui metodi scelti dal presidente nobel per la pace. L’esperto Colin Archer: "È una brava persona. Però deve fare i conti con troppe pressioni"
Foto Keystone
"Obama ha provato a fare il buono, ma il sistema è più forte"
Gli USA bombardano la Siria. E ritornano i dubbi sui metodi scelti dal presidente nobel per la pace. L’esperto Colin Archer: "È una brava persona. Però deve fare i conti con troppe pressioni"

GINEVRAGli Stati Uniti hanno scelto le armi anche in Siria. Barack Obama ordina il bombardamento dei seguaci dell’Isis, l’autoproclamato Stato islamico. E in contemporanea ritornano i dubbi sui metodi scelti dal presidente premiato con il nobel della pace nel 2009. Un riconoscimento che, a cinque anni di distanza, suona sempre più come un investimento a fondo perso. Oggi sul quotidiano 20 Minuti la filosofa Francesca Rigotti auspica addirittura la restituzione del Nobel da parte di Obama. Ne abbiamo parlato con Colin Archer, segretario generale dell’International Peace Bureau di Ginevra, la più antica associazione umanitaria mondiale per la diffusione del pacifismo, non a caso premiata con il nobel nel lontano 1910.

Archer, nonostante i proclami di cinque anni fa, gli USA seguono ancora una volta la strada della violenza. Quel nobel non andrebbe restituito? 
"La questione è vecchia, ma si ripresenta. Obama ha ricevuto il nobel come incoraggiamento, dopo avere manifestato la volontà di abolire le armi nucleari, di ritirare le truppe dall’Iraq, di terminare la guerra in Afghanistan, di chiudere Guantanamo... Credo fosse sincero mentre dichiarava queste sue intenzioni e alcune promesse le ha poi mantenute. Lui stesso però era consapevole di mettersi a capo della più grande macchina da guerra mondiale. Non dobbiamo colpevolizzarlo troppo, è una brava persona, però deve fare i conti con troppe pressioni".  

La questione in Siria non poteva essere risolta altrimenti?
"È una grande domanda. Tutti ci chiediamo cosa fare con lo Stato islamico. Il comportamento di queste persone è barbaro, mostrano aggressività verso altre etnie. Obama l’aveva annunciato sin da subito che qualche volta occorre fare la pace con le armi. Forse è il caso della Siria, dove la situazione è parecchio complessa. Resto convinto che la via del dialogo sia ancora possibile".

E come a questo punto?
"Bisognerebbe coinvolgere in maniera attiva interlocutori autorevoli, come ad esempio le Nazioni Unite, la conferenza degli Stati islamici, la Lega araba. Complicato. Soprattutto allo stato attuale delle cose. Sono sincero: prevedo ancora tanti anni di guerra, purtroppo. In un mondo così globalizzato, quando si scende in campo poi è difficile ritirarsi".    

C’è chi sostiene che Obama sia un debole. Lei cosa ne pensa?  
"Negli Stati Uniti Obama deve fare i conti soprattutto con la corrente repubblicana che, di base, vuole l’intervento armato. Per alcuni è praticamente un imperativo. Il presidente americano si trova dunque a dovere mediare anche questo genere di richieste. D’altra parte, invece, c’è una situazione catastrofica, che richiede mosse decise. Obama ha provato a fare il buono, ma il sistema è più forte di lui".

 

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