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LOCARNOVecchie vampire oltre il buco della serratura

08.08.17 - 08:51
Penetrano nelle case dove ci sono bambini e succhiano loro il sangue. Sono le surbiles, originarie della Sardegna.
Vecchie vampire oltre il buco della serratura
Penetrano nelle case dove ci sono bambini e succhiano loro il sangue. Sono le surbiles, originarie della Sardegna.

LOCARNO - “Surbiles”, nome misterioso, ma non per i sardi. “Surbiles”, documentario di 73 minuti a metà tra horror etnografico e inchiesta antropologica, è stato presentato in prima mondiale al Locarno Festival nella categoria “Signs of life”. Giovanni Columbu, che ha firmato l'opera, ha tenuto con il fiato sospeso la sala. E soprattutto ha portato sullo schermo le ricchezze della cultura ancestrale della Sardegna, a tratti terra aspra, a tratti patria di leggende meravigliose e terrificanti al tempo stesso.

Il film inizia con una donna che di notte bussa alle porte chiuse, da cui si alzano voci che l’invitano ad andarsene. C’è poi la nonna che protegge i nipoti da un’altra surbile che bussa insistentemente al portone e con voce acidula e inquietante chiede da mangiare, una, due, tre volte. Ma chi sono queste creature? Ungendosi con oli vegetali a base di ginepro e mandragora, le surbiles si trasformamo in mosche, in fumo, in vento o in acqua. Fra il tramonto e l'alba, nel sonno abbandonano il loro corpo fisico, penetrano nelle camere dei neonati e dei bimbi attraverso il buco della serratura e succhiano loro il sangue.
Per difendersi dalla surbile, come spiegato durante il documentario, si ricorre a semplici oggetti d’uso domestico messi in posizione rovesciata, oppure a un pettine, a una falce dentata o a dei granelli di semola. La surbile li conta e contando si incanta, perché non riesce a contare oltre il numero sette. Così ricomincia ogni volta da capo, fino all’alba quando è costretta a rientrare nel proprio corpo.
Con spiccata sensibilità, attenzione filologica ed efficacia visiva, Giovanni Columbu indaga su queste creature femminili protagoniste di miti e racconti della fantasia popolare della Sardegna. Le fa rivivere con grande abilità curando ambientazioni, recitazione senza forzature, inquadrature spesso lente.

Il regista va a cercare le surbiles nelle parole di chi ne parla o di chi ha quasi paura a parlarne. «Un film documentario – spiega il regista – nato come ricerca etnografica, e approdato a un modo di riscoprire e far rivivere leggende e storie fantastiche, attraverso il coinvolgimento dei testimoni nella messa in scena dei racconti, e dunque attraverso una rappresentazione del tutto cinematografica».
Tra le storie rappresentate, quella di una surbile che per entrare in una casa si rivolge agli oggetti affinché le aprano la porta, e quella di un’altra che per raggiungere velocemente la casa in cui c’è un neonato si cosparge di un unguento magico. E ancora altre storie in cui le surbiles compaiono come figure buone, che proteggono i bambini da altre surbiles cattive. Allora tra i corpi immateriali delle due specie possono scatenarsi feroci combattimenti. In molte culture sciamaniche l’unzione con oli a base di erbe è il primo passo verso la trance, quello stato dissociativo in cui il soggetto con una doppia personalità (la donna e il vampiro, nel caso della surbile) “sperimenta” in uno stato di allucinazione esperienze come il volo e la metamorfosi, in cui sente di uscire dal proprio corpo.
“Questo sdoppiamento e questa metamorfosi – sottolinea Giovanni Columbu nella presentazione – vengono attribuiti alla volontà divina o al destino, “s’ustinu”, circostanza fatale e oscura che permea la cultura del mondo rurale della Sardegna. Inizialmente le donne surbiles sono inconsapevoli di esserlo. Tant’è che da parte della comunità non c’è condanna morale nei loro confronti e nonostante il timore che suscitano vengono considerate innocenti. In altri casi e col tempo lo sdoppiamento e la metamorfosi si accompagnano alla consapevolezza, al dolore e al terrore del proprio stato”.

Il film , dicevamo, lascia con il fiato sospeso e Columbu ci accompagna in un mondo di leggende ancestrali. In un mondo di immagini dove ciò che crediamo di vedere, di sapere e di capire, non è altro che un ritorno del passato, con il suo carico di tradizioni e di esperienze veramente vissute, a volte troppo terrificanti per non dare loro un significato tale da poter trascendere la paura o tutto ciò che era insopportabilmente inspiegabile, come la morte prematura di un bimbo.
Poiché i tempi a cui rimandano le surbiles sono proprio quelli in cui la mortalità infantile in Sardegna era elevatissima. “E viene naturale oggi pensare – afferma Columbu – che la surbile non fosse altro che una costruzione fantastica su cui trasferire la responsabilità delle madri e la ragione di tante morti inspiegabili. Attualmente in quegli stessi paesi della Sardegna i bambini hanno smesso di morire, anche perché hanno quasi smesso di nascere”.

Da vedere: martedì 8 agosto, ore 11.30, L'altra Sala; mercoledì 9 agosto, ore 19.00, PalaCinema sala 2

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