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CANTONE«Subdolo e perfido, colpa di gravità estrema»: 13 anni e mezzo di carcere

08.03.24 - 17:28
All'Eni di Bellinzona fu tentato assassinio. Condannato il 51enne che prese a mazzate un suo amico, mettendolo in pericolo di vita.
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«Subdolo e perfido, colpa di gravità estrema»: 13 anni e mezzo di carcere
All'Eni di Bellinzona fu tentato assassinio. Condannato il 51enne che prese a mazzate un suo amico, mettendolo in pericolo di vita.

LUGANO - È stato ritenuto colpevole di tentato assassinio e dovrà scontare 13 anni e mezzo di carcere il 51enne che il 4 febbraio 2022 al distributore di benzina Eni di via Motta a Bellinzona prese a mazzate in testa un 57enne suo cliente e amico, ferendolo gravemente e facendogli rischiare la vita. L'ha annunciato oggi alle Assise criminali di Lugano il giudice Amos Pagnamenta.

«La colpa dell'imputato è di gravità oggettivamente estrema, ha agito senza scrupoli e colpendo la vittima a tradimento, per poi mettere in atto una vera e propria mattanza. Abbietto e ignobile è poi il movente, cioè quello di seppellire insieme alla vittima il debito di 25mila franchi che aveva nei suoi confronti. Il 51enne ha dimostrato freddezza, agendo subdolamente e perfidamente».

Essendo il processo indiziario, il giudice ha poi ricostruito la vicenda e giustificato la pena. «L'arma utilizzata, una mazza da hurling, era pronta all'interno del magazzino. E che l'imputato avesse già immaginato di fare del male a qualcuno con un oggetto contundente, tra cui una mazza, lo provano vari messaggi da lui inviati. La vittima, nonostante le lesioni subite, si è inoltre dimostrata generalmente credibile, mentre per quanto concerne l'imputato non si può che stendere un velo pietoso. Raramente, anche in quest'aula, si è vista una persona con una tale propensione a mentire».

«Nessuna legittima difesa» - La tesi della legittima difesa è stata poi giudicata decisamente poco credibile. Secondo la Corte, infatti, non ci sono prove che il 57enne abbia aggredito l'imputato e che lui abbia reagito di conseguenza: «Se vi fosse stato un contatto fisico tra i due sarebbe stato logico trovare DNA del 51enne sulla vittima». È stato poi provato che il 57enne era di spalle quando è stato colpito, «perciò l'ipotesi della legittima difesa non è credibile». Allo stesso modo è stato ritenuto «certo che il malcapitato è stato più e più volte colpito alla testa anche quando non era più in piedi».

A confermare che lo scopo dell'uomo era quello di porre fine alla vita del suo creditore è inoltre il fatto che quando lui era a terra inerme «non ha chiamato l'ambulanza, ma ha avuto la premura di cambiarsi i pantaloni sporchi di sangue», ha sottolineato Pagnamenta. «Senza contare che quando le forze dell'ordine sono accorse l'imputato non ha parlato della presenza dell'uomo, gravemente ferito, nel magazzino».

La videosorveglianza disattivata - Ma anche quanto accaduto prima dell'attacco è stato giudicato compromettente. «È stato possibile notare un'evoluzione nei messaggi scambiati tra l'imputato e la vittima negli ultimi giorni prima dei fatti: in particolare il 51enne ha reso imminente la consegna del denaro che doveva al 57enne. Quel giorno l'uomo ha inoltre disattivato la videosorveglianza esterna e le giustificazioni da lui addotte in questo senso non hanno nessuna logica».

«Non c'erano minacce» - Per quanto riguarda poi le argomentazioni sollevate dalla difesa, «non c'è traccia di minacce nei messaggi inviati dalla vittima, si può parlare soltanto di un'esasperazione. Ed è vero che l'ex moglie del 51enne ha riferito di aver sentito la vittima minacciarlo con un "Questo pomeriggio sono guai, ti ammazzo", ma lo stesso imputato ha ammesso di non essere mai stato minacciato di morte. Se l'uomo avesse davvero avuto paura del 57enne non avrebbe inoltre scelto di comunicargli di non avere il denaro nel magazzino del distributore di benzina, ma piuttosto nel bar dove si trovavano in precedenza, in pubblico.

L'alcol? Nessuna influenza - Quanto al bere per la Corte si impone infine una precisazione: «Calcolato a ritroso il tasso alcolemico dell'uomo al momento dei fatti corrisponde allo 0,8 per mille, e per una persona abituata a bere come lo era lui si tratta di un tasso insignificante».

La pubblica accusa, lo ricordiamo, aveva chiesto 14 anni di carcere per tentato assassinio, mentre la difesa riteneva adeguata una pena tra i quattro e i cinque anni di carcere per tentato omicidio per dolo eventuale commesso in eccesso di legittima difesa.

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