Un terzo dei ticinesi scioglie il suo apprendistato prima di concluderlo. Un problema? Non per forza, spiega il DFP
SAVOSA - Hanno fatto discutere parecchio i dati diffusi settimana scorsa dall'Ufficio federale di Statistica (Ust) relativi allo scioglimento dei tirocini da parte dei giovani svizzeri.
A riprenderli con un variegato corredo di commenti sono stati soprattutto il TagesAnzeiger e anche i colleghi di 20 Minuten. Focus del discorso dei media d'Oltralpe è l'aumento senza precedenti del tasso (del 22%) così come un vero e proprio problema generazionale che riguarda le giovani e i giovani.
Per quanto riguarda il Ticino il dato c'era (ma era parziale e non comparativo) e per tentare di capirci qualcosa di più - anche e soprattutto per tastare il polso dei ragazzi del nostro Cantone - ne abbiamo voluto parlare con Oscar Gonzalez, aggiunto al direttore della Divisione della formazione professionale (DFP).
Il dato degli scioglimenti in Ticino è nettamente più alto rispetto a quello svizzero (è attorno al 35,4%) e i motivi sono molteplici: «C'è una componente strutturale, abbiamo numeri più piccoli, i sistemi scolastici sono diversi e si prendono scelte in momenti diversi», spiega Gonzalez, «va aggiunto che noi abbiamo percentuali maggiori per quanto riguarda il reinserimento e le maturità professionali. Inoltre, rispetto al resto della Confederazione, si tratta di una percentuale relativamente stabile e che ha sempre oscillato fra il 30 e il 35%»
Scioglimento non è per forza di cose sinonimo di rinuncia: «Sul totale degli apprendisti diciamo circa il 66% ha un percorso lineare, il 20-25% dopo uno scioglimento rientra nel sistema e porta a termine il percorso. Più delicato è il discorso di quel 10% che, per un motivo o per l'altro, finisce fuori dal sistema scolastico. Succede anche nelle scuole a tempo pieno. In questo senso il nostro compito è quello di trovare e aiutare queste ragazze e questi ragazzi per far si che non restino da soli. Qui entrano in gioco servizi, come il GO95 - che al momento segue attivamente circa 150 giovani - che tentano di "intercettarli" e riorientarli verso un progetto formativo qualificante».
Ma per quali motivi i giovani ticinesi lasciano il loro apprendistato? «Le motivazioni del cambiamento possono essere diverse. A stima, direi che il 30/35% cambiano il loro percorso per motivi scolastici, ovverosia per delle difficoltà in una o più materie. In questo caso si interviene tentando di capire da dove originino queste fragilità, magari cambiando il percorso di studi da triennale al biennale o rinunciando alla maturità professionale. Un altro 20/25% riguarda invece ragazze e ragazzi che capiscono che la professione che hanno intrapreso non è quella che fa per loro. In questo caso subentrano diverse figure, si tenta di capire se c'entrano il carico di lavoro, le aspettative o altro. Poi si può procedere a un riorientamento professionale mirato».
Al di là di dubbi e incertezze, una cosa è chiara: «In generale vale la regola che è fondamentale non lasciarli soli, altrimenti rischiamo di perderli. Il sistema che abbiamo è un buon sistema, permeabile e flessibile e certamente può essere migliorato, soprattutto per quanto riguarda quei giovani che finiscono per trovarsi fuori dai giochi. In questo senso l'obbligo formativo, in vigore dal 2021, ci permette di assistere da vicine loro e le loro famiglie affinché tutto si concluda per il meglio».
Per quanto riguarda ragazze e ragazzi, aggiunge Gonzalez, è importante non far di tutta l'erba un fascio: «Dire che i giovani non vogliono o non sono capaci di lavorare è una generalizzazione pericolosa. È un discorso generazionale superficiale e che mai come ora non tiene in considerazione il contesto d'insicurezza in cui vivono i nostri ragazzi. Fra pandemia, crisi climatica e guerra nemmeno gli adulti si sentono sicuri, figurarsi degli adolescenti in formazione che non sanno quale futuro li aspetti. Non dimentichiamo che i giovani d'oggi sono confrontati con pressioni formative enormi: devono imparare un bagaglio di nozioni che comprende le basi che noi adulti abbiamo già studiato, più tutti gli aggiornamenti degli ultimi anni», conclude.